Ultimatum di Mastella - il Governo cade il 20 ottobre ?
Mastella confida pubblicamente davanti a Veltroni di aver detto a Marini di tenersi pronto. «Se i ministri scendono in piazza il 20 ottobre contro la riforma del welfare», avverte, «è crisi e si va al governo istituzionale ». La polemica è contro i settori dell’Unione che hanno digerito male i provvedimenti di luglio; e vorrebbero contestarli dopo averli avallati. Ma il vero segnale appare rivolto a Palazzo Chigi e al Paese. A Romano Prodi si chiede di far capire a Fausto Bertinotti e ad Oliviero Diliberto che il doppio ruolo «di lotta e di governo» fa perdere credibilità e porta alla crisi. Al Paese, si cerca di offrire un’immagine diversa della coalizione. Il tentativo faticoso è quello di plasmare un profilo più moderato, che mischia riflessi d’ordine, ripensamenti sul fisco; e un’insofferenza crescente per l’ipoteca ideologica dell’estrema sinistra. D’altronde, quando Veltroni prefigura maggioranze meno contraddittorie, archivia l’Unione com’è oggi.
E quando chiede più sicurezza nelle città, invocando la certezza delle pene, fa proprie tematiche care finora soprattutto al centrodestra.Nonper niente la Lega applaude e ironizza. Il Prc, invece, accusa il candidato alla segreteria del Pd di «inseguire i sondaggi ». E rinfaccia a Mastella la presenza alla «giornata della famiglia» dei cattolici. Anche quella, si ricorda, era contro una legge del governo. L’obiezione è legittima, ma inutile: nel senso che finisce per accentuare l’impressione di una cesura rispetto al passato. Pochi mesi fa, era il moderato Mastella a trovarsi isolato e sulla difensiva. Quando parlava di «alleanze non eterne», veniva osservato con sospetto, come un potenziale traditore.
In questa fase, invece, sia Veltroni che il vicepremier Francesco Rutelli non escludono nuovi scenari. Insomma, adesso è l’area estremista a sentirsi minacciata dal resto dell’alleanza; e soprattutto da un Pd obbligato a coprire e, se possibile, allargare quella «terra di nessuno» presidiata da anni dal fronte berlusconiano. La domanda è se il governo reggerà a questa divergenza interna. La reazione di pancia dell’antagonismo, pronto a raffigurare un Mastella in combutta con Berlusconi, era prevedibile. Ma nella sua scontatezza, spiega poco; anzi, risulta fuorviante. Ritenere infatti che ieri sia stato reso di pubblico dominio il pretesto per far cadere Prodi, sarebbe offensivo in primo luogo verso i potenziali congiurati.
Piuttosto, l’ultimatum somiglia allo spaventapasseri di un’altra maggioranza e delle elezioni anticipate, piantato sulla piazza «rossa» del 20 ottobre per spopolarla preventivamente; per far capire ai promotori, alcuni già scettici, che un corteo non farebbe cambiare idea al governo, ma in compenso potrebbe farne spuntare un altro, meno di sinistra. L’insistenza sulla riforma elettorale conforta questa tesi. Il «no» ad elezioni con l’attuale sistema di voto serve a guadagnare tempo; e ad esorcizzare quelle urne di primavera che Berlusconi continua a indicare come un miraggio vicinissimo alla realtà. Non è escluso che alla fine abbia ragione il Cavaliere, e torto i suoi avversari. Ma per il momento, nell’Unione le mosse e le parole sembrano fatte e pronunciate non per avvicinare la crisi di Prodi e un governo istituzionale presieduto da Marini; semmai, per allontanarli insieme al fantasma di una rivincita berlusconiana.
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