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27.5.08

La coscienza sporca degli sconfitti

Ebbene sì, la grancassa mediatica del «politicamente e culturalmente corretto», è riscesa in campo. Non potendo contare sul Partito democratico di Walter Veltroni (che ha avviato un importante dialogo bipartisan con la maggioranza di centro-destra sulle riforme da fare insieme); non potendo contare su una opposizione neo-post-comunista in Parlamento, che ormai fuori dal Palazzo, rappresenta comunque un pericolo per le istituzioni (perché soffierà sempre più sul fuoco di ogni disagio, malessere, difficoltà e scelta del governo); si aggrappa all'unica casta rimasta in piedi e potente: quella dei giornali, dei giornalisti e degli intellettuali faziosi.
«Anno Zero» di Michele Santoro e Marco Travaglio (gli attacchi a freddo di Antonio Di Pietro), il populismo moralista e giacobino di Beppe Grillo, a metà tra Robespierre e Masaniello, sono state le prove tecniche di trasmissione e resistenza «democratica».
Prove per arrivare al vero tema, anzi al teorema: la sicurezza, giocata in modo inverso rispetto alle elezioni. Visto che proprio su questo argomento la sinistra ha perso e Pdl e Lega si sono dimostrati più credibili, i «resistenti» stanno tentando di rovesciare i messaggi sulla sicurezza che sono passati presso l'opinione pubblica, «condendoli» di fascismo. L'idea è la seguente: i raid razzisti di Verona (prima puntata del teorema) e di Roma (seconda puntata del teorema), sono il frutto inevitabile del clima ideologico, dovuto al ritorno al potere delle destre, che hanno vinto sventolando la bandiera della paura, dell'insicurezza, dell'intolleranza verso ogni diverso. Ergo, è tutta colpa del governo e del suo dna. E se gli episodi di violenza continuano, significa che è il governo fa soltanto annunci e niente fatti.
E non è un caso che dal Tg3 all'Unità, tale teorema sia il tormentone con cui andranno avanti per un pezzo.
L'operazione è ovviamente sporca. Sia dal punto di vista politico, sia culturale. Politico, perché si tratta di patente malafede; culturale, perché non guarda in profondità a un aspetto dell'integrazione e della legalità che sono proprio figlie del buonismo e della società multirazziale e culturale, dove nessuno sa più chi è, e ha paura dell'altro. Sulla violenza metropolitana (dagli stadi alle strade, ai raid di quartiere per ragioni impolitiche, o di clan, o di territorio o di traffici illeciti) poi, bisognerebbe aprire un capitolo a parte. Una riflessione a 360 gradi. Un male che riguarda il senso della società, i suoi valori, la crisi della polis, del bene comune, dello Stato, della scuola e in primis della famiglia. Si chiama nichilismo. (www.iltempo.it)


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