L’Italia che non sa più fare la guerra
Ma tu guarda di che cosa ci dobbiamo occupare. Con Sanremo che incombe, il derby di Roma da analizzare, e il tradizionale festival sulle toghe rosse da seguire, la primavera italiana sembrava avviata secondo i canoni nazionali, resi solo più piccanti dall’angoscioso interrogativo: si farà o non si farà, il duello tv tra Prodi e Berlusconi? E, invece, eccoci qua alle prese con energia, schiaffi francesi, umiliazioni patrie. Ma non lo sanno all’estero che siamo in tutt’altre faccende affaccendati?
Se la cosa non fosse seria, ci sarebbe da ridere. Berlusconi ha appena spiegato perfino a Isoradio che il primo risultato del suo governo è stata la riconquista di un posto al sole per l’Italia e il ritorno alla condizione di paese rispettato e temuto. Dice che ha dedicato il 50% del suo tempo a questa opera storica. E monsieur de Villepin che ti fa? Va in tv e annuncia la fusione di Gaz de France e Suez per impedire alla nostra Enel di comprarsi un pezzo del sistema energetico franco-belga. Avete capito? Un primo ministro che annuncia una fusione di mercato, una cosa mai vista nell’Europa del mercato unico.
Dal canto loro gli euro-entusiasti, sacerdoti del mantra ulivista, avevano appena finito di spiegare a questo piccolo giornale un po’ anglofilo che è l’Inghilterra il demonio d’Europa, la talpa che scava sotto il sogno federalista, e che bisognava riportare al più presto l’Italia in linea con la Francia, vero motore e cervello del progetto europeo. E monsieur de Villepin che ti fa? Definisce un’operazione di mercato dei cugini italiani come «un attacco alla Francia», e seppellisce per la seconda volta il cadavere dell’Europa unita, già uccisa dal referendum francese.
I «nazionalisti» del centrodestra escono molto male da questa storia. Diciamo che Chirac ha fregato Berlusconi. Sì, proprio fregato. Il nostro premier gli aveva scongelato i diritti di voto di Edf in Edison, capovolgendo una decisione dell’ultimo centrosinistra e aprendogli in pratica le porte del mercato energetico italiano. Chissà che cosa gli aveva promesso in cambio l’Eliseo. Magari la benevolenza dei Bolloré, dei Bernheim e del grande amico Ben Ammar per il matrimonio di Mediolanum con Generali, dove i francesi hanno già la presidenza? Fatto sta che Enel emette un fiato (altrove le opa prima si fanno e poi si discutono, da noi prima si discutono e poi non si fanno): vuole Electrabel, che sta in Suez, e si capisce pure, visto che in patria la costringono a vendere le centrali e le impediscono di costruirne altre (do you remember Civitavecchia?). Da buon italiano Conti va da Berlusconi e gli chiede una mano. Il Cavaliere pensa di incassare finalmente il prezzo del tempo passato a riconquistare il prestigio dell’Italia, e fa una telefonata a Chirac: amico mio, ti ricordi tutte le nostre pacche sulle spalle, ti ricordi che ti ho aiutato a sforare Maastricht, che ho salvato la Nato, che mia madre ha sconfitto il nazismo? Ti ricordi che Bnp si sta prendendo Bnl e che Air France si può prendere Alitalia appena l’abbiamo liberata dei dipendenti? Bene, ora dammi un po’ di reciprocità, e apri le porte a questo amico mio. Risultato: mobilitazione generale in Francia e sprangatura della porta. Il nostro premier, che non è tipo da abbozzare, è costretto a usare l’arma-fine-di-mondo: fa saltare il vertice parigino con Scajola, forse il colpo più grave subito dall’orgoglio nazionale francese dai tempi dell’aggiramento della Maginot.
Ma anche gli «europeisti» del centrosinistra non sanno che pesci pigliare. Sarà per questo che alla convention, tra tanti peana all’ideale europeo, non hanno pronunciato una parola sulla guerra che divampa in Europa. Credono ancora di vivere nel 1996, quando vinsero le elezioni in nome dell’Europa. Sognano di ricominciare da dove eravamo, prima che l’insipienza e il colbertismo del governo ci inimicassero l’Europa. Il concetto di «guerra» risulta così refrattario al loro irenismo che non possono fare altro che condannarla anche mentre si combatte, e dall’esito dipende l’interesse nazionale. Non hanno ancora digerito il cambio di paradigma che il 2001 e le due torri hanno rappresentato. Lì dove c’erano globalizzazione ed europeismo ora c’è guerra di civiltà, guerra al terrorismo, guerra in Iraq; e anche, guarda un po’, guerre di mercato. Perché l’Europa come la volevano loro semplicemente non c’è più. E al suo posto c’è la rinazionalizzazione delle politiche economiche e dei mercati, il massacro tedesco dell’opa europea e il massacro francese della Bolkestein, e perfino Draghi, ex Goldman Sachs, dice che bisogna riaprire qualche posto di blocco alle frontiere. Così gli europeisti ulivisti ora dovranno dirci come faranno a essere nazionalisti migliori di Berlusconi. Sappiamo che è un fastidio, che l’Italia cui si rivolgono è, come la Teresa Batista di Jorge Amado, stanca di guerra. Ma se gli altri ti fanno la guerra, bisognerà pure combatterla. In che modo, s’il vous plait, monsieur Prodi?
Tratto da www.ilriformista.it
Dal canto loro gli euro-entusiasti, sacerdoti del mantra ulivista, avevano appena finito di spiegare a questo piccolo giornale un po’ anglofilo che è l’Inghilterra il demonio d’Europa, la talpa che scava sotto il sogno federalista, e che bisognava riportare al più presto l’Italia in linea con la Francia, vero motore e cervello del progetto europeo. E monsieur de Villepin che ti fa? Definisce un’operazione di mercato dei cugini italiani come «un attacco alla Francia», e seppellisce per la seconda volta il cadavere dell’Europa unita, già uccisa dal referendum francese.
I «nazionalisti» del centrodestra escono molto male da questa storia. Diciamo che Chirac ha fregato Berlusconi. Sì, proprio fregato. Il nostro premier gli aveva scongelato i diritti di voto di Edf in Edison, capovolgendo una decisione dell’ultimo centrosinistra e aprendogli in pratica le porte del mercato energetico italiano. Chissà che cosa gli aveva promesso in cambio l’Eliseo. Magari la benevolenza dei Bolloré, dei Bernheim e del grande amico Ben Ammar per il matrimonio di Mediolanum con Generali, dove i francesi hanno già la presidenza? Fatto sta che Enel emette un fiato (altrove le opa prima si fanno e poi si discutono, da noi prima si discutono e poi non si fanno): vuole Electrabel, che sta in Suez, e si capisce pure, visto che in patria la costringono a vendere le centrali e le impediscono di costruirne altre (do you remember Civitavecchia?). Da buon italiano Conti va da Berlusconi e gli chiede una mano. Il Cavaliere pensa di incassare finalmente il prezzo del tempo passato a riconquistare il prestigio dell’Italia, e fa una telefonata a Chirac: amico mio, ti ricordi tutte le nostre pacche sulle spalle, ti ricordi che ti ho aiutato a sforare Maastricht, che ho salvato la Nato, che mia madre ha sconfitto il nazismo? Ti ricordi che Bnp si sta prendendo Bnl e che Air France si può prendere Alitalia appena l’abbiamo liberata dei dipendenti? Bene, ora dammi un po’ di reciprocità, e apri le porte a questo amico mio. Risultato: mobilitazione generale in Francia e sprangatura della porta. Il nostro premier, che non è tipo da abbozzare, è costretto a usare l’arma-fine-di-mondo: fa saltare il vertice parigino con Scajola, forse il colpo più grave subito dall’orgoglio nazionale francese dai tempi dell’aggiramento della Maginot.
Ma anche gli «europeisti» del centrosinistra non sanno che pesci pigliare. Sarà per questo che alla convention, tra tanti peana all’ideale europeo, non hanno pronunciato una parola sulla guerra che divampa in Europa. Credono ancora di vivere nel 1996, quando vinsero le elezioni in nome dell’Europa. Sognano di ricominciare da dove eravamo, prima che l’insipienza e il colbertismo del governo ci inimicassero l’Europa. Il concetto di «guerra» risulta così refrattario al loro irenismo che non possono fare altro che condannarla anche mentre si combatte, e dall’esito dipende l’interesse nazionale. Non hanno ancora digerito il cambio di paradigma che il 2001 e le due torri hanno rappresentato. Lì dove c’erano globalizzazione ed europeismo ora c’è guerra di civiltà, guerra al terrorismo, guerra in Iraq; e anche, guarda un po’, guerre di mercato. Perché l’Europa come la volevano loro semplicemente non c’è più. E al suo posto c’è la rinazionalizzazione delle politiche economiche e dei mercati, il massacro tedesco dell’opa europea e il massacro francese della Bolkestein, e perfino Draghi, ex Goldman Sachs, dice che bisogna riaprire qualche posto di blocco alle frontiere. Così gli europeisti ulivisti ora dovranno dirci come faranno a essere nazionalisti migliori di Berlusconi. Sappiamo che è un fastidio, che l’Italia cui si rivolgono è, come la Teresa Batista di Jorge Amado, stanca di guerra. Ma se gli altri ti fanno la guerra, bisognerà pure combatterla. In che modo, s’il vous plait, monsieur Prodi?
Tratto da www.ilriformista.it
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