: Politica Libera :

Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

6.3.06

E Oliviero ora preoccupa l’Unione


Le contraddizioni del capo comunista: dalla vacanza alle Seychelles con moglie e scorta all’odio per la Coca-Cola

Da ragazzino, spiegò, gli piaceva «spararle grosse». Da adulto, invece, pure. E così, dopo aver bacchettato per anni Bertinotti spiegandogli gli errori dell’estremismo e le virtù del pragmatismo, la parte della testa calda se l’è presa lui, Oliviero Diliberto. Fino a proporsi, tra le insofferenze degli alleati, di andare lui al posto di Prodi a scazzottare in tv con Berlusconi. E fino a guadagnarsi ieri mattina un commento del Riformista che, spiegando come non possa «stare in una coalizione che voglia governare un’Italia amica e alleata degli Stati Uniti», lo bollava così: «Oliviero l’impresentabile».

Sette anni fa, premiato con la nomina a Guardasigilli per essersi schierato con Cossutta nella scelta di uscire da Rifondazione dopo il voto che aveva abbattuto il governo Prodi, era stato salutato dal Manifesto con un aggettivo curiosamente simile: «Insostenibile». Fece spallucce allora, fa spallucce oggi. Fedele a una solida autostima di se stesso, alla piccola vanità con cui sotto sotto ha sempre apprezzato il nomignolo di «Diliberija» e alla convinzione che il buonismo sia «un’ipocrisia. Soprattutto in politica, dove fingere di essere "buoni" non ha senso. Meglio apparire come si è: duri, magari spietati a volte,maleali. E poi i cattivi sono più simpatici...». Che lui lo sia alla sinistra moderata è tutto da dimostrare, se stiamo ai commenti («truculento!», «incivile! », «irresponsabile!») seguiti alla sua ultima sparata sugli americani «dalle mani grondanti di sangue».

Che possa paradossalmente diventare simpatico alla destra, rimasta orfanella di bombaroli oratori da usare per agitare gli incubi degli elettori anticomunisti, si vedrà. Certo è che, come scriveva ieri mattina Il Giornale, «più Fausto Bertinotti si modera, celebra la non violenza, fa il leader unitario e responsabile pronto al governo e ad alte cariche istituzionali, e più Diliberto alza i toni ed esaspera l’estremismo, cercando di intercettare gli scontenti». Una scelta forse sorprendente, per chi ricorda solo poche settimane fa la seriosità con cui il segretario dei Comunisti italiani metteva in guardia la sinistra dai radicali: «Sono dei guastatori. Dargli un ministero è come mettergli in mano una pistola carica. Terrebbero Prodi sotto ricatto per tutta la legislatura». Tesi che, escludendo ogni possibilità che a Emma Bonino venisse affidata ad esempio la Farnesina («deve passare sul mio cadavere... ») rafforzava quanto aveva detto a settembre: «A Pannella preferisco Mastella ».

Ma niente affatto sorprendente per i compagni di partito vicini a Maura Cossutta, la figlia dell’Armando che, dopo le polemiche contro il padre reo di aver ipotizzato la rimozione dal simbolo di falce e martello, accusò: «La vera differenza è che Armando, considerato il filosovietico, ha una visione aperta della politica. Mentre quelli che hanno preso in mano il partito ne hanno un’idea chiusa, identitaria, ideologica, burocratica. Da apparato, da cittadella arroccata. Il partito come una spa, una società per assegnare posti, in cui si pratica la cannibalizzazione delle classi dirigenti». Né saranno rimasti sorpresi, davanti all’Oliviero barricadero, quanti da anni gli rinfacciano certe contraddizioni. Politiche, come la decisione di schierare un candidato proprio alle ultime comunali di Bolzano pur sapendo dai sondaggi che o la sinistra vinceva al primo turno o c’era il rischio che al ballottaggio, esattamente come era già successo pochi mesi prima, vincesse l’alfiere della destra. E anche personali, come la scelta, da ministro, di andare in vacanza con la moglie alle Seychelles, portandosi dietro all’hotel Plantation Club, a spese dello Stato, due uomini di scorta. Al ritorno, abbronzatissimo, Vittorio Feltri lo fece nero.

E Gianpaolo Pansa rincarò la dose: «Doveva dirsi: sei a rischio di un agguato? Sei scortato? La scorta deve seguirti dovunque? Vai in vacanza a Sabaudia». Il fatto è che Diliberto non è un uomo facile da seguire nei suoi percorsi. Amante delle battute, soprattutto di quelle che lasciano gli altri a bocca aperta, ne ha dette di tutti i colori. Ha spiegato che «Cuba non viene attaccata perché c’è una presunta "dittatura" » (sic) ma «perché è un simbolo per tutti coloro che nel mondo non si sono arresi. E quindi va difesa, vorrei dire quasi a prescindere, perché è la garanzia che si può sconfiggere l’imperialismo ». Ha elogiato la boxe come uno sport rosso: «È la noble art. La nostra tradizione affonda nel compagno Sherlock Holmes, che esercitava il pugilato, e si rifà a Cassius Clay, che si batteva contro la guerra nel Vietnam. Oggi poi notiamo con soddisfazione che anche Mike Tyson si è tatuato sul bicipite la faccia di Mao Tse-Tung». Ha spiegato di aver girato tutto il mondo («II massaggio più strepitoso l’ho provato in Corea del Nord») ma di non aver mai voluto visitare per via di «qualche prevenzione» gli Stati Uniti: «Detesto i chewing-gum come detesto tutto ciò che si fa inutilmente. E la Coca- Cola non mi piace. Sono sardo, ma non come Cossiga, che è di Sassari ed è anglofilo. Io sono di Cagliari e preferisco il Maghreb». Con gli amici è di bocca buona. Non si fece problemi neanche da Guardasigilli a confermare la sua amicizia con Vittorio Sgarbi nonostante marchiasse i magistrati del pool milanese come «assassini ».
Ha difeso a spada tratta il suo rapporto con Nicola Grauso, suo testimone di nozze, anche dopo il suo rinvio a giudizio (bancarotta) per il fallimento della cartiera di Arbatax e l’accusa d’aver estorto un miliardo al padre della rapita Silvia Melis. Non ha mai rinnegato il suo rapporto con un uomo dipinto a sinistra come un mostro quale Marcello Dell’Utri: «Ci unisce la passione dei libri antichi ». Poco schizzinoso anche con compagni più fanatici (come quelli che all’ultimo corteo hanno intonato «dieci, cento, mille Nassirija» o quelli che, per provocazione dicono, hanno messo nel sito «Nelle foibe solo fascisti e spie!»), rifiuta invece a priori, come la lebbra, ogni contatto con la destra. Come fece quando accolse la visita in Italia di Ariel Sharon facendo diffondere una nota in cui il leader israeliano era «un criminale di guerra che andrebbe processato».
O quando scartò schifato l’ipotesi di partecipare a una manifestazione comune, destra e sinistra, contro il terrorismo: «Non mi vedrete mai sfilare con Sandro Bondi». In compenso, insieme con il vino sardo Turriga, i sigari e i libri rari, adora Massimo Boldi. Lui e tutti i film della commedia all’italiana, compresi quelli un po’ grassi e pecorecci. Li guarda, ne ride, ne parla. Al punto che un giorno, per gli elogi a Guardami, arrivò a beccarsi l’imbarazzata risposta del regista Davide Ferrario: «I complimenti fanno sempre piacere. Ma mi sbalordisce un ministro comunista che non ha visto il mio documentario sulla Resistenzama è corso subito a vedere quello sulle pornostar»

Tratto da www.corriere.it

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page