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16.3.06

Autocritica di Berlusconi: ora cambio strategia


Ha detto di non essere stato bene: «Avevo davanti una lavagna bianca, non ricordavo più nulla». Qualcuno a Palazzo Grazioli parla di calo di zuccheri. Altri di semplice stanchezza. Rientrato a casa, martedì sera, l’entourage del Cavaliere ha chiesto un consulto medico. E il medico è arrivato, ha visto il paziente e ha detto che per il prossimo confronto Berlusconi dovrà riposarsi più del solito, abbassare i ritmi.

Da 24 ore nello staff del premier, il primo cerchio e quello allargato, quello dove le notizie circolano veloci ma indirette, c’è una certa preoccupazione. Davanti a Prodi Berlusconi non è stato sciolto, non ha bucato il video, si è persino confuso. Colpa di strategie non univoche, di troppi consiglieri, di un probabile tilt nella comunicazione (Bonaiuti non voleva il duello, Berlusconi ha ignorato il consiglio; Letta suggerisce una linea, Ferrara un’altra), ma soprattutto colpa della stanchezza. Il Cavaliere fa di solito un vanto della sua forma, per la prima volta ha dovuto ammettere smagliature mai avvertite prima.

L’altra ammissione è arrivata ieri mattina: «Manca troppo poco tempo al voto per continuare così, devo cambiare strategia ». Cambiare significa buttare al vento le cifre, l’ossessione per l’elenco delle riforme fatte, la contabilità dei risultati, l’atteggiamento istituzionale. Una linea suggerita anche da Gianni Letta e smontata a caldo, ieri notte, da Giuliano Ferrara. Con foga tale da convincere il Cavaliere. «L’operazione verità è terminata», conferma Bonaiuti. La campagna elettorale è dunque da rivedere.

«Si accelera, parleremo più del futuro», promette Berlusconi. Ma a tre settimane dal voto non deve essere agevole cambiare marcia. E il rammarico per un approccio sbagliato si somma al magro risultato del duello tv. Non poteva permettersi un pareggio e invece il premier ammette che «è stata un’occasione persa, soprattutto se penso alle risposte che potevo dare e che non ho dato, ai 16 milioni di italiani che ci guardavano; avevo ragione quando dicevo che occorreva farlo, che era un’opportunità». Ovviamente da non giocare così.

Come? Alla domanda lo stesso Berlusconi ha fornito ieri alcune risposte. A Palazzo Grazioli sono tornate alla mente le parole della moglie Veronica, il consiglio di buttare al vento i noiosi numeri sulle cose realizzate e parlare d’istinto. Farà così il Cavaliere, in teoria: tornerà alle origini, per parlare più di valori e meno di cose fatte, cercando ancora di emozionare e meno di informare.

In attesa di trovare il nuovo mix di comunicazione ieri ha testato un pizzico in più di aggressività, altro ingrediente carente del confronto. Prodi è quello «con quell'aria perennemente afflitta da bulldog esausto». Mentre ci sono meriti da rivendicare, in un’intervista a Liberal, verso gli alleati: «La «piena costituzionalizzazione di Bossi»; avere tolto «An dai margini della politica, consentendo a Fini un nuovo cammino »; l’aver «restituito dignità alla tradizione democristiana», ovvero a Casini. Parole dette prima delle critiche arrivate dagli alleati.

...ma
Il Cavaliere vince la sfida delle parole: cento in più del Professore

Rigoroso e imparziale, il computer dà la sua arida sentenza sul linguaggio usato da Berlusconi e Prodi nel loro primo confronto televisivo di martedì sera. È una secca bocciatura per tutti e due. Addestrato a catalogare e analizzare qualsiasi sistema linguistico, l'elaboratore elettronico non ha elementi per decifrare non dico la sintassi, ma neppure la grammatica elementare dei due sfidanti a diventare premier per il prossimo governo: tanto il loro parlare è andato a ruota libera, incurante di una qualsiasi coerenza morfologica.

Il Professore incespica in una serie impressionante di anacoluti. Nel tentativo di essere persuasivo mentre sussurra il suo pensiero, cambia soggetti di continuo all'improvviso, balbetta ripetizioni a raffica e spesso non concorda aggettivi e verbi con i sostantivi a cui si riferiscono. Il Cavaliere nella propria cantilena incalzante, che qua e là si fa aggressiva, dà l'impressione di aggrapparsi a una sintassi semplificata all'osso, ma ruzzola lo stesso in qualche grossolano errore grammaticale da matita blu.

Il presidente del Consiglio in carica batte il leader dell'Unione sul piano della quantità. Sventaglia nel proprio dire svelto un dizionario fatto di 1012 lemmi declinati o coniugati in 5749 forme e lascia indietro l'avversario che mostra un vocabolario costituito da 913 parole in 5369 variazioni. Di solito, in un'analisi linguistica computazionale, la maggiore ricchezza lessicale è segnata dai termini che in un discorso compaiono una o due volte sole: Berlusconi straccia Prodi con le 600 parole a indice di frequenza uno e le 204 a indice due, contro quelle di Prodi, che sono rispettivamente 522 e 161.

Non solo. Il Cavaliere svolazza in qualche sfoggio vanitoso di parole rare che associano in un ibrido (terrificante) sapori antichi e retrogusti burocratici: parla di «ammodernizzazione» e di «interlocuzione». Il Professore invece dà l'impressione di cercare volutamente un volar basso: «semplice» (con «semplicità») e «serio» (con «serietà») sono forse le sue parole predilette, piazzate sempre al momento giusto. È quasi il richiamo a una più austera sobrietà che evita esibizionismi accademici, in un parlare colloquialmente didattico e paternamente predicatorio zeppo di «allora» quasi narrativi, nonché di termini neutri come «cosa», «modo» e «roba». C'è però una parola che unisce saldamente i due contendenti: è un «io» che ripetono, quasi si fossero messi d'accordo, per 32 volte. Ma Prodi lo associa con più generosità a un «noi» ripetuto 60 volte, contro le 32 di Berlusconi.

A parte qualche curiosità e qualche stravaganza, il linguaggio dei due sfidanti è generalmente piatto. Nella hit-parade dei termini più ricorrenti c'è magari una diversità significativa di posizione, ma le parole rimangono per lo più le stesse, quelle di maggiore uso in qualsiasi linguaggio di questo mondo. Bisogna scendere sotto la topten delle primissime per trovare qualcosa di rilevante. Il Cavaliere non parla quasi di «comunismo» e di «comunisti» (qualcuno finalmente l'avrà convinto ad astenersi), ma punta il dito contro la «sinistra» per 26 volte e in 21 casi cita Prodi: che abbia messo in campo le sue ossessioni? Il professore segnala 17 volte l'esistenza di un «problema» (ci sono però solo due «soluzioni»),ma nonostante il tono sonnacchioso, il suo parlare è spesso in movimento: spiccano le frequenze relativamente alte di «andare » (20), «venire» e «arrivare» (11).


tratto da www.corriere.it

1 Commenti:

  • Alle giovedì, 16 marzo, 2006 , Blogger Mr Cherokee ha detto...

    mi auguro che il Premier riveda un pò di cose..così il 3 aprile convincerà gli indecisi (che stanno tutti col centro-destra visto che il popolo delle sinistre è compatto al voto sempre e comunque..)

     

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