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30.4.08

Berlusconi:se non facciamo bene ci verranno a prendere sotto casa !

«Se non facciamo bene, stavolta vengono a prenderci sotto casa». Il concetto rivela le ansie di Berlusconi, per nulla preoccupato delle «fisiologiche» liti sulla squadra di governo, certo del suo ruolo «riconosciuto dagli alleati per principio », sicuro che le «intemperanze verbali di Bossi» non avranno conseguenze, e convinto che An «dopo la conquista di Roma si deve sentire appagata». Piuttosto è sui primi «cento giorni» a Palazzo Chigi che il Cavaliere intende concentrarsi, perché nei tre mesi iniziali dovrà mantenere alcune promesse elettorali già in scadenza: il «caso Alitalia» ha dei limiti di tempo imposti dal prestito ponte, l’emergenza rifiuti in Campania dovrà essere risolta entro l’estate, il federalismo fiscale andrà impostato prima dell’autunno. Non a caso il futuro ministro Scajola l’altra sera a Porta a Porta ha rivelato che sulla scrivania di Berlusconi sono in evidenza «tre dossier». Si tratta però di dossier ancora aperti.

Quello sulla cordata per la compagnia di bandiera, per esempio, contiene una relazione di Ermolli, che ha messo insieme oltre una decina di società e imprenditori — tra cui alcuni nuovi del Nordest — interessati all’affaire. Ma per ora si tratta solo di «disponibilità», non di impegni sottoscritti, in attesa di conoscere il piano industriale e il partner internazionale. Serve insomma altro tempo. Ecco perché Berlusconi ieri ha accennato alla possibilità di «parcheggiare» Alitalia in un’azienda di Stato. C’è poi il piano per ripulire la Campania, e che prevederebbe anche l’uso dei militari per accelerare lo smaltimento dei rifiuti prima della stagione estiva. Quanto al federalismo, Bossi ha fatto capire chiaramente che la Lega non intende spostare la riforma nel tempo: «Va fatta subito», perché l’idea è di sfruttarla elettoralmente già per le Europee. Insomma, i primi «cento giorni» non saranno solo indicativi. Saranno per certi versi decisivi.

Perciò il Cavaliere cerca di ritagliarsi un consenso che superi i confini delle Camere. Sa che la maggioranza di cui dispone lo rende fortissimo, anzi attrae pezzi di opposizione come un magnete. Basti pensare ai voti in più ottenuti da Schifani per la sua elezione alla presidenza del Senato. Voti centristi, a sentire la confidenza fatta da Cuffaro ad un amico incrociato nel pomeriggio a Montecitorio. «Il discorso di Renato era bellissimo», ha sussurrato il senatore dell’Udc. «Vuoi dire che l’hai votato?». «Sì, ma ufficialmente ho votato scheda bianca. Ehhh, la verità è che se i parlamentari udc vengono lasciati liberi, non fanno accordi con il Pd, ma con il Pdl. E io non sono un parlamentare, sono... un sarto». Per l’impresa che lo attende, Berlusconi deve allargare il consenso fuori dal Palazzo. È in questo quadro che va inserito l’incontro riservato di ieri sera a palazzo Grazioli tra i segretari di Cisl e Uil, Bonanni e Angeletti, e Gianni Letta. Già, Letta. Contro di lui sono salite critiche a mezza bocca pronunciate da forzisti insofferenti, e soprattutto pubbliche bordate da Bossi: il Senatùr non accetta che il futuro «sottosegretario unico» alla presidenza possa avere l’ultima parola su deleghe e decreti del ministero per le Riforme e di quello per il Federalismo.

Ma c’è un motivo se ieri il premier in pectore ha difeso il suo braccio destro: «Gianni—come racconta l’azzurro Valducci—è fondamentale per Berlusconi. Perché in questo sistema che si regge ancora su logiche consociative, per varare certe riforme non bastano i voti del Parlamento, serve che alcuni centri di potere non siano quantomeno contrari. Altrimenti si inceppa tutto. In tal senso, è bene anche consolidare il rapporto con Veltroni. E mi auguro che Ichino accetti la presidenza della commissione Lavoro, perché c’è la necessità di riformare lo statuto dei lavoratori». Intesa con i sindacati e dialogo con il leader del Pd: ecco gli obiettivi del Cavaliere in vista dei primi «cento giorni». Scajola lo confermava ieri dopo un breve colloquio con Veltroni, «che è intenzionato ad andare avanti sulle riforme. Capisco che ora debba registrare il suo partito dopo una sconfitta peraltro scontata. Speriamo solo che non lo mettano in difficoltà: questi sono i limiti storici della sinistra italiana».

www.corriere.it

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