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30.6.06

Afghanistan ,Parisi: «Se non passa si rivota»




Il dissenso degli otto Senatori dell'Unione, messo nero su bianco in una lettera a Prodi, resta, ma potrebbe rientrare se nella mozione che accompagnerà il decreto ci saranno ulteriori segnali di discontinuità. L'appello è stato stato sottoscritto da Gigi Malabarba, Claudio Grassi, Franco Turigliatto e Fosco Giannini del Prc, Mauro Bulgarelli, Loredana de Petris e Giampaolo Silvestri dei Verdi, Fernando Rossi del Pdci. E se le posizioni dei Senatori dei Verdi e dei Comunisti Italiani appaiono più sfumate, restano rigidamente sulle loro considerazioni i parlamentari di Rifondazione Comunista, Malabarba più di ogni altro; ma la maggioranza del partito si dice sicura della propria compattezza al momento del voto. La linea di demarcazione resta il compromesso sulla ridiscussione della missione che nelle intenzioni dei dissidenti dovrebbe essere più alto rispetto all'ipotesi concordata con i capigruppo. Dice Paolo Cento dei Verdi: «Chiediamo l'impegno del Governo a proporre all'Onu, che a ottobre riaffronterà la questione, di ridiscutere la missione». La richiesta passa dalla formalizzazione di una exit strategy anche sull'Afghanistan. Intanto dal G8 di Mosca il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema sottolinea le preocccupazioni emerse dal vertice per l'aggravarsi della situazione in Afghanistan: «Ci sono forti rigurgiti di violenza in diverse parti del paese. È chiaro che questo significa moltiplicare l'azione politica, l'azione umanitaria, perchè soltanto sul piano militare è difficile pensare a una pacificazione». Quanto ai dissidenti dell'Unione, D'Alema precisa di nutrire «il più grande rispetto» per posizioni che nascono da «ragioni di coscienza» ma, ricorda, in questo momento «è in gioco la credibilità di una maggioranza politica che deve poter contare su una maggioranza parlamentare anche nelle scelte di politica estera». Secondo il Ministro della Difesa Artuto Parisi, se la maggioranza di centrosinistra venisse meno sull' Afghanistan sarebbe necessario tornare alle urne e sciogliere il Parlamento: «È evidente che ci siamo presentati insieme agli elettori. E dagli elettori dovremmo tornare nel momento in cui la nostra alleanza dovesse venir meno. Ma io sono sicuro che non avverrà». La Cdl annuncia una mozione aperta ai voti dei moderati dell'Unione, che ribadisca «la continuità del nostro impegno nell'ambito della missione Onu» mentre dall'Udc il segretario Lorenzo Cesa spiega: «Non diciamo sì pensando a Prodi», ma per «rilanciare le ragioni di un centrodestra responsabile, che fa la cosa giusta nell'interesse del Paese, dei nostri elettori moderati e degli italiani impegnati all'estero». La mozione serve a Silvio Berlusconi per raggiungere due obiettivi: da un lato rispettare gli impegni assunti con Washington senza rinunciare a mettere in difficoltà la maggioranza e dall'altro costringere l'Udc a tornare sulle proprie posizioni, dopo la decisione della direzione di mercoledì, quando i centristi hanno confermato il loro sì al rifinanziamento. Romano Prodi e tutta l'Unione ribadiscono di contare sui soli voti della maggioranza, perchè quelli della Cdl sono benvenuti, purché non siano sostitutivi di voti del centrosinistra che mancano. Sulla fiducia il Governo deciderà solo all'ultimo momento, puntando a evitarla, ma senza escluderla. (Il sole 24 ore )

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