SCARICATO BERLUSCONI di Vittorio Feltri
L'Udc minaccia di fare da stampella a Prodi sulle liberalizzazioni. E sul partito unico Casini attacca il Cavaliere: non sei tu il solo leader.
Era nell'aria. Adesso è planata. L'idea di prendere le distanze da Silvio Berlusconi non è più astratta, sta diventando realtà. Purtroppo è così. La Casa delle libertà scricchiola e pare sia scattato l'allarme: si salvi chi può. I primi a cercare via di scampo sono loro, sì proprio loro: i democristiani dell'Udc che, seguendo un'indole naturale, si spostano ogni giorno di più verso l'opposizione. Hanno cominciato a cedere a sinistra sull'Afghanistan ossia il decreto che rifinanzia la missione italiana. In Parlamento vorrebbero votarlo per questioni sacrosante di principio. Laggiù i militari li abbiamo inviati noi per convinzione e ora non possiamo tirarci indietro solo perché la decisione spetta alla nuova maggioranza. Il ragionamento non fa una grinza. Però... Però è un fatto che l'Unione sul punto è divisa. Alcuni senatori massimalisti non ci sentono da questo orecchio e sono intenzionati a dire no. Sicché, senza il contributo della opposizione il provvedimento non passerebbe. L'Udc è pronta ad andare in soccorso di Prodi, e in cambio non chiede niente, almeno ufficialmente. E ciò è sbagliato. Perché un esecutivo serio o ha la maggioranza anche sulla politica internazionale o non ce l'ha; se non ce l'ha è obbligato a trarne le conseguenze. Quali? Dimettersi. L'aiutino di una parte del centrodestra non sia una foglia di fico, bensì un modo per dire a chi comanda: non avete i numeri per menare il torrone. Invece Casini è orientato a dare senza ricevere; il che non è produttivo, e fa incavolare i suoi alleati. Ora, anche sull'avvio delle liberalizzazioni, pur con tutte le riserve, l'Unione democratica cristiana pensa di regalare a Prodi il proprio sostegno. Un segnale di simpatia per il Centrosinistra. Perché Casini e Cesa si comportano così? Perché rivelano una voglia matta di sfasciare il Polo e di andare alla ricerca di cose strane, tipo un mezzo accordo con Palazzo Chigi? I democristiani sono impazienti. Da un paio d'anni mostrano il desiderio di rimescolare le carte; non sopportano la leadership del Cavaliere. Questa è la verità. Non gli riconoscono più il diritto di dirigere l'orchestra; cercano spazio, smaniano dal desiderio di crescere in autonomia, aspirano a trasformare il centrino in centrone nel quale aggregare altre componenti moderate, sia della destra (Forza Italia) sia della sinistra (Margherita). C'è sotto un calcolo politico, ma non solo: l'Udc vede in Berlusconi un limite, un tappo che impedisce l'esplosione di un movimento cristiano; per ora esiste sulla carta, esclusivamente sulla carta. Abbiamo usato parole gentili per descrivere il "fenomeno", il quale tuttavia, se da una parte ha un futuro interessante, dall'altra è una minaccia alla stabilità del bipolarismo. In parole più crude. Se Casini e la sua gang si mettono in proprio, il Polo va a ramengo. Gianfranco Fini a sua volta medita avventure solitarie. Forza Italia non è compatta come un tempo. La Lega è attraversata da malumori. Insomma. Se dalla Casa delle libertà cominciano a sfilarsi i mattoni democristiani, il rischio è che crolli tutto. E che Berlusconi venga scaricato di fatto. Nel qual caso lo schieramento anti-Prodi si disperderebbe siccome esercito sconfitto. Sarebbe un guaio, e una idiozia strategica. Perché la maggioranza è debole e facilmente attaccabile, si regge in piedi per miracolo. Se la destra anziché aggredirla si sfalda, svanisce il sogno della metà degli italiani di tornare alle urne con qualche probabilità di riscossa. Lanciamo un appello a Casini e a Fini: calma e gesso, rinunciate a rivendicazioni personali e rimanete dove siete, vicini, alleati, coesi. Solamente in questo modo avete un futuro. Compiacere a Prodi in cambio di un sorriso e qualche poltroncina non è utile né intelligente. La legislatura è lunga e si è sempre a tempo per tentare esperimenti, oggi prematuri. Tutti insieme attorno a Silvio e contro Romano; il resto è velleitarismo.
LIBERO 7/7/2006 - la mescolanza.com
Era nell'aria. Adesso è planata. L'idea di prendere le distanze da Silvio Berlusconi non è più astratta, sta diventando realtà. Purtroppo è così. La Casa delle libertà scricchiola e pare sia scattato l'allarme: si salvi chi può. I primi a cercare via di scampo sono loro, sì proprio loro: i democristiani dell'Udc che, seguendo un'indole naturale, si spostano ogni giorno di più verso l'opposizione. Hanno cominciato a cedere a sinistra sull'Afghanistan ossia il decreto che rifinanzia la missione italiana. In Parlamento vorrebbero votarlo per questioni sacrosante di principio. Laggiù i militari li abbiamo inviati noi per convinzione e ora non possiamo tirarci indietro solo perché la decisione spetta alla nuova maggioranza. Il ragionamento non fa una grinza. Però... Però è un fatto che l'Unione sul punto è divisa. Alcuni senatori massimalisti non ci sentono da questo orecchio e sono intenzionati a dire no. Sicché, senza il contributo della opposizione il provvedimento non passerebbe. L'Udc è pronta ad andare in soccorso di Prodi, e in cambio non chiede niente, almeno ufficialmente. E ciò è sbagliato. Perché un esecutivo serio o ha la maggioranza anche sulla politica internazionale o non ce l'ha; se non ce l'ha è obbligato a trarne le conseguenze. Quali? Dimettersi. L'aiutino di una parte del centrodestra non sia una foglia di fico, bensì un modo per dire a chi comanda: non avete i numeri per menare il torrone. Invece Casini è orientato a dare senza ricevere; il che non è produttivo, e fa incavolare i suoi alleati. Ora, anche sull'avvio delle liberalizzazioni, pur con tutte le riserve, l'Unione democratica cristiana pensa di regalare a Prodi il proprio sostegno. Un segnale di simpatia per il Centrosinistra. Perché Casini e Cesa si comportano così? Perché rivelano una voglia matta di sfasciare il Polo e di andare alla ricerca di cose strane, tipo un mezzo accordo con Palazzo Chigi? I democristiani sono impazienti. Da un paio d'anni mostrano il desiderio di rimescolare le carte; non sopportano la leadership del Cavaliere. Questa è la verità. Non gli riconoscono più il diritto di dirigere l'orchestra; cercano spazio, smaniano dal desiderio di crescere in autonomia, aspirano a trasformare il centrino in centrone nel quale aggregare altre componenti moderate, sia della destra (Forza Italia) sia della sinistra (Margherita). C'è sotto un calcolo politico, ma non solo: l'Udc vede in Berlusconi un limite, un tappo che impedisce l'esplosione di un movimento cristiano; per ora esiste sulla carta, esclusivamente sulla carta. Abbiamo usato parole gentili per descrivere il "fenomeno", il quale tuttavia, se da una parte ha un futuro interessante, dall'altra è una minaccia alla stabilità del bipolarismo. In parole più crude. Se Casini e la sua gang si mettono in proprio, il Polo va a ramengo. Gianfranco Fini a sua volta medita avventure solitarie. Forza Italia non è compatta come un tempo. La Lega è attraversata da malumori. Insomma. Se dalla Casa delle libertà cominciano a sfilarsi i mattoni democristiani, il rischio è che crolli tutto. E che Berlusconi venga scaricato di fatto. Nel qual caso lo schieramento anti-Prodi si disperderebbe siccome esercito sconfitto. Sarebbe un guaio, e una idiozia strategica. Perché la maggioranza è debole e facilmente attaccabile, si regge in piedi per miracolo. Se la destra anziché aggredirla si sfalda, svanisce il sogno della metà degli italiani di tornare alle urne con qualche probabilità di riscossa. Lanciamo un appello a Casini e a Fini: calma e gesso, rinunciate a rivendicazioni personali e rimanete dove siete, vicini, alleati, coesi. Solamente in questo modo avete un futuro. Compiacere a Prodi in cambio di un sorriso e qualche poltroncina non è utile né intelligente. La legislatura è lunga e si è sempre a tempo per tentare esperimenti, oggi prematuri. Tutti insieme attorno a Silvio e contro Romano; il resto è velleitarismo.
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