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20.3.06

Caro Silvio, rompi con Bossi e torneremo amici

Al Cavaliere, con cui ha ripreso i rapporti, l'ex leader Udc lancia un'idea: se la Lega vuole le mani libere, fa' come Chirac.Si sono riparlati, almeno. All'indomani del discorso di Silvio Berlusconi davanti al Congresso di Washington, all'inizio di marzo, Marco Follini ha alzato il telefono e ha fatto il numero di colui che cinque mesi fa, in giorni confusi e velenosi, aveva definito «un candidato non giusto per il centrodestra». Forse è stato l'inizio di un disgelo, che certo non passerà per l'autocritica; di certo è la ripresa di un rapporto politico. Perché al Cavaliere l'ex segretario dell'Udc ha una proposta suggestiva da fare. Soprattutto dopo avere assistito al semidisimpegno bossiano («Potremmo avere le mani libere») in caso di sconfitta alle elezioni di aprile.

Che cosa ha detto a Berlusconi?
Che avevo apprezzato il suo discorso. E ho pensato, ma senza dirglielo, che se avesse sempre tenuto un profilo così istituzionale la nostra salita, ora, sarebbe meno ripida.

E lui cosa ha risposto?
Mi ha ringraziato. Immagino che abbia apprezzato l'apprezzamento.

Una ricucitura?
Diciamo che le relazioni diplomatiche sono al riparo.

Ha cambiato giudizio su di lui?
Ho messo in gioco la mia segreteria per tenere ferma la mia idea. Non voglio fare né a Berlusconi né a me stesso il torto di cambiare opinione in un momento così cruciale. Detto questo, conosco le regole della coalizione. So che, mio malgrado, Berlusconi è il leader della Casa delle libertà dove alloggio, sia pure in periferia. Mantengo quindi la mia opinione, e la mia cittadinanza.

È scattato lo spirito di corpo, in una campagna elettorale giocata soprattutto contro la persona di Berlusconi?
La campagna elettorale che vedo fare nel centrosinistra mi ha radicato nella convinzione che quella indicata da Prodi non è la strada giusta. Ma il mio giudizio su Berlusconi non dipende dalla cattiva condotta di Prodi.

Cosa pensa di Romano Prodi?
Personalmente ne ho stima. Politicamente lo considero fermo al 1996. Un signore distinto ma attempato con le pantofole e la papalina che interpreta l'Italia di una decina d'anni fa. Ma anche dalla parte nostra c'è difetto di idee nuove.

C'è qualcosa che invidia al programma dell'Unione?
Mi sembra equa l'idea di procedere a una tassazione su livelli europei delle rendite finanziarie.

Le hanno mai proposto di passare nel centrosinistra?
Nessuno me l'ha offerto perché tutti sapevano che non sarei passato.

Le piace la campagna elettorale di Berlusconi?
Non mi piace la sua sindrome da stato d'assedio, la rappresentazione di un'Italia nella quale tutti sono contro di lui: sindacati, magistratura, stampa, poteri forti. Trasformando tutte le voci scomode in avversari, finisce che il centrodestra regala al centrosinistra molti potenziali alleati o, almeno, interlocutori.

Gli riconoscerà pur qualche merito...
Gli riconosco grande tenacia, combattività e forza d'animo. Berlusconi, al netto delle difficoltà che talvolta lui crea a se stesso, rappresenta una parte significativa di questo Paese, e una parte che non si lascerà archiviare tanto facilmente.

Parliamo, appunto, dell'Italia dopo il 10 aprile. Che succede se il centrodestra perde? Anche lei rivendica mani libere come Umberto Bossi?
Credo che in politica si debbano avere le mani ferme ma la testa libera. Siamo tutti doverosamente legati a un sistema di alleanze, ma questo non deve diventare una camicia di forza. Se la Lega, che in questi anni ha fatto la parte dell'alleato a statuto speciale, sceglie la libertà, non credo che noi dovremmo essere meno liberi di loro.

Liberi per far cosa?
Io mi auguro che il centrodestra vinca, e soprattutto che il centrodestra cambi. Perché comunque vadano le elezioni, la difficoltà del Paese è arrivata a un punto tale per cui nessuno di noi può illudersi di passare festeggiando sotto l'arco di trionfo. E tutti quanti dovremo sobbarcarci a politiche né così popolari né così demagogiche come ci piace evocarle in campagna elettorale.

Insomma, se il centrodestra perde, cambia perché Bossi vuole mani libere, se vince, deve cambiare lo stesso...
Nessuno degli schieramenti resterà tale e quale, scolpito nella roccia.

Ma lei che centrodestra vuole?
Sono convinto che o il centrodestra è una forza moderata o non è. Il senso stesso dell'alleanza è quello di dare voce all'Italia di mezzo, che cerca una forza tranquilla, di buon senso, non trasgressiva. Che per anni è stata interpretata dalla Dc, poi si è affidata a Berlusconi e ora cerca una nuova interpretazione politica.

Cosa suggerirebbe a Berlusconi, in una prossima e ipotetica telefonata?
In Francia Jacques Chirac ha saputo dire no a Jean-Marie Le Pen ed è stato premiato dagli elettori con l'Eliseo. In Germania Gerhard Schröder ha saputo rompere con Oskar Lafontaine e anziché essere penalizzato ha recuperato molti punti su Angela Merkel. Le coalizioni non sono realtà immobili, sono in naturale evoluzione, e gli elettori apprezzano la chiarezza.

Sembra un modo per dire a Berlusconi: molla Bossi dopo le elezioni.
Ripeto: un Bossi che vuole le mani libere è un motivo in più per non ingessare la coalizione e farla coincidere di più con l'Italia di mezzo. E questo nodo verrà al pettine comunque, in caso sia di vittoria sia di sconfitta alle elezioni di aprile.

Però c'è anche l'ipotesi del pareggio, che non sembra affatto teorica. Cosa si fa, in quel caso, si rivota?
Il «rivotismo» è una gigantesca bolla di sapone. Nessuno crede realmente che all'indomani di un voto controverso si possa tornare davanti agli elettori e chiedere loro cosa intendevano dirci. Se il voto ci consegna un risultato incerto o ambiguo, sta alle regole della buona politica cercare di interpretarlo al meglio.

Grande coalizione, allora?
Sono tra coloro che non la escludono. L'alternanza è meglio della grande coalizione, ma la grande coalizione è meglio del caos. Se il bipolarismo prende una piega europea, possiamo festeggiare con i fuochi d'artificio. Ma se il bipolarismo resta legato alle magliette di Roberto Calderoli, o alle manifestazioni dove si bruciano bandiere di Usa e Israele, dubito che sia un grande investimento per il futuro.

Si è candidato al Senato perché da lì passeranno i giochi della grande coalizione?
Il mio partito mi ha destinato al Senato e lo considero solo il segnale che comincio ad avere una certa età. Quanto alle grandi manovre al centro, penso che si faranno sia in una Camera sia nell'altra.

Il suo amico e successore alla segreteria, Lorenzo Cesa, ha qualche problema con la giustizia. Metterebbe la mano sul fuoco per lui?
Mi faccio guidare dall'amicizia e dalla conoscenza, e sul piano personale gli rinnovo la mia solidarietà. Sul piano politico, la guida dell'Udc sarà giudicata dagli elettori il 10 aprile.

tratto da www.panorama.it

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