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31.7.06

Silvio ridiscende in campo


È finita la fase della depressione, Silvio Berlusconi ha smesso di denunciare il «furto dei voti nelle urne», non dice più ai suoi collaboratori «fate voi, io me ne vado». E siccome il suo umore è inversamente proporzionale allo stato di salute della maggioranza, prepara il ritorno sulla scena: in agosto sarà al meeting di Cl e in settembre alla festa della Margherita. Ma servirà del tempo per capire se l’obiettivo che Berlusconi ha in mente si realizzerà, o se invece sarà stato solo frutto di un abbaglio estivo, come sostiene Romano Prodi. Di certo il suo obiettivo è il varo di un «governo istituzionale». Per arrivarci ha deciso di cambiare tattica, di smettere i panni barricaderi, di accedere all’idea del dialogo. È da vedere se il governo, come prevede il Cavaliere, entrerà in crisi «in autunno, con l’arrivo della Finanziaria».

Nel frattempo il leader della Cdl ha deciso di non lasciare a Pier Ferdinando Casini il ruolo di mediatore fra i due poli: «Sarò io l’uomo di confine». Ecco il motivo che l’ha indotto ad accettare l’invito di Francesco Rutelli alla kermesse della Margherita: c’è già un’intesa di massima sulla data, il 6 settembre, mancano da definire solo i dettagli tecnici per il faccia a faccia. Perciò martedì prossimo gli sherpa del vicepremier e dell’ex presidente del Consiglio si incontreranno: dovranno accordarsi sulla modalità del confronto e scegliere il giornalista che modererà il dibattito. Insomma, sarà un evento in grande stile, quasi si trattasse di una sfida televisiva elettorale. Berlusconi non parla più di elezioni anticipate, di rivincite immediate nelle urne. E ha smesso anche di pensare alla villa alle Bahamas, al ritiro dalla politica verso cui tentarono di spingerlo i figli a Pasqua, quando lo incontrarono in Sardegna. «Non posso tirarmi indietro», dice oggi il Cavaliere: «Un italiano su quattro si aspetta ancora da me una rivoluzione». La rivoluzione potrebbe esaurirsi già in gennaio, se Prodi riuscisse a passare indenne le forche caudine del Parlamento e imprimesse un nuovo slancio al Partito democratico. Per gli eterni duellanti si tratta di una scommessa ad alto rischio, non c’è dubbio. E tuttavia Rutelli non ha alcun dubbio che «Berlusconi resterà comunque in sella ancora per molto tempo, e ce lo ritroveremo come interlocutore». Ecco perché l’ha invitato alla festa del suo partito. È vero che uguale trattamento ha riservato al leader dell’Udc e al presidente di An, anche se, a differenza di Casini e di Gianfranco Fini, il ministro della Cultura si è rivolto al Cavaliere dandogli del «Lei».

Si tratta di dettagli, ma in questa fase politica caotica i dettagli servono a orientarsi
. E nel Palazzo in molti hanno notato una certa analogia di linguaggio tra il presidente del Senato e l’ex premier. Sull’eccessivo ricorso alla fiducia da parte del governo, per esempio, non è sfuggita la singolare coincidenza tra il concetto espresso da Franco Marini («Non si può andare avanti a colpi di fiducie»), e le parole usate da Berlusconi («Se Prodi continua con le fiducie, cadrà»). Così com’è singolare che ieri il Cavaliere abbia ripetuto sulle elezioni («Non saranno a breve») lo stesso ragionamento svolto qualche ora prima da Marini («Niente voto anticipato, il Paese ha bisogno di essere governato»). Strano, solo una settimana fa Prodi aveva detto che «in caso di crisi si va a votare». Non è dato sapere se si tratti di un caso o se tra la seconda carica dello Stato e il capo dell’opposizione sia iniziato un dialogo riservato.


È sicuro che gli uomini Berlusconi hanno notato nei discorsi del loro leader un cambio di timbro
. Fino a poche settimana fa continuava a dire che «nell’Unione l’unico interlocutore affidabile è Massimo D’Alema». Ora ha sostituito l’aggettivo «unico» con un concetto nuovo: «Non c’è ragione alcuna di tenere con il centro-sinistra un solo canale aperto». Il Cavaliere ha sempre diffidato dei democristiani, eppure anche in questo caso sembra essere pronto a una svolta. Come spiegare sennò gli appuntamenti pubblici che ha messo già in agenda? E soprattutto come interpretare altrimenti l’idea che ha in mente? Perché quando Berlusconi parla di «governo tecnico» lo fa per esorcizzarlo. In realtà, così ha confidato di recente ai dirigenti azzurri, a suo avviso «la politica non si farà mettere nuovamente sotto tutela. No, non si tornerà indietro. Se cade Prodi, vedrete, si andrà a un governo istituzionale».


Un dettaglio, un altro, lasciato cadere durante una discussione sul progetto dei «seimila circoli delle libertà»
, che Berlusconi vorrebbe far cadere come altrettanti semi sul territorio in vista del partito unico. In autunno il quadro si farà più chiaro, si capirà se aveva ragione Prodi o se davvero il Cavaliere diventerà «l’uomo di confine». Lo stesso che molti anni fa, durante un incontro riservato, regalò una pipa a Marini e gli disse: «Perché non viene con me? C’è bisogno di un politico come lei per reggere un partito di centro». Altri tempi.
(www.corriere.it)

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