Vicenda Putin: il Cavaliere " si è difeso con franchezza"\
«Non ha amici, ha solo interessi», dice alla Farnesina chi conosce la Russia a menadito. Putin ha diretto il controspionaggio, è cresciuto alla scuola del Kgb, ha un carattere glaciale: la sintesi è verosimile. Persino a Bush capitò di essere corretto dall'ex studente prodigio dell'università di San Pietroburgo: «Siamo colleghi, lavoriamo insieme», fu la precisazione del leader russo, anni fa, all'ennesina volta in cui il presidente americano si rivolgeva al nuovo «friend».
Scovare amici italiani dello Zar della nuova Russia è impresa difficile. Tolto Berlusconi, che del titolo ha fatto rivendicazione, non rimane molto. Dal '99 ad oggi Putin ha visto per lavoro molti nostri politici: da Dini a Fini, da Prodi a Frattini. Si è interessato dei progetti economici su suolo russo di grandi aziende come Eni, Enel, Banca Intesa, Finmeccanica (il presidente e a.d. Guarguaglini è stato uno dei pochi a ricevere, pochi mesi fa, l'onore di un faccia a faccia riservato e informale). Ha stretto mani di imprenditori e buona società invitato da Ciampi al Quirinale o cenando a Milano con esponenti di Confindustria.
Probabilmente solo con il Cavaliere il rapporto è andato al di là della forma, si è esteso alle mogli, ha convolto i figli, implicato vacanze comuni. E l'affettuosità del leader di Forza Italia ha nel tempo raggiunto anche dimensioni materiali molto grandi: alla nostra ambasciata a Mosca ricordano la volta in cui Berlusconi a sorpresa recapitò due statue neoclassiche all'«amico Vladimir». Rimasero per ore bloccate in portineria: erano troppo alte per essere monitorate dai metal detector del Cremlino.
E da vero amico ieri Berlusconi commentava: «Non ha detto quelle cose, non ha attaccato nessuno. Lo scandalo è che quelle parole, in modo alterato, siano finite sui giornali. La solita disinformazione. Putin si è solo difeso con franchezza, dicendo la verità: ovvero che nessuno può fargli delle prediche». Una linea che ha coinvolto tanti politici che gravitano nell'area berlusconiana.
Valentino Valentini, deputato azzurro che del Cavaliere negli anni di governo è stato l'ombra, è uno dei pochi italiani che può dire di conoscere realmente il leader russo, per averci trascorso insieme intere giornate: «In un vertice informale tutti parlano in modo franco, si dice quel che si vuole. Lui è abituato a dire nero al nero e bianco al bianco. Ognuno ha i suoi problemi interni e fare la morale agli altri è sempre sgradevole». Aggiunge l'ex sottosegretario di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti: «La sincerità in politica è una virtù e mi pare che Putin abbia solo detto la verità».
Insomma Putin può essere anche difeso, anche a spada tratta. Ieri l'ha fatto Maurizio Gasparri, An: «Fra lui e Prodi, Putin ha sempre ragione, qualsiasi cosa dice. A prescindere, come diceva Totò». L'ex ministro della Difesa Antonio Martino, premettendo che Putin «non intendeva offendere l'Italia» e che la sua tesi sull'origine non russa della parola mafia «è incontestabile». Con la consueta franchezza il leghista Roberto Calderoli: «Putin ha detto una sacrosanta verità. La mafia l'abbiamo esportata noi, purtroppo c'è tanta ipocrisia che chi dice il vero finisce per aprire un caso politico». Persino il regista Franco Zeffirelli, che ha pranzato più di una volta con Putin e ama l'iperbole: «Mi piace ed è molto simpatico, un personaggio glaciale che sa raccontare barzellette. Eccezionale. Le critiche sono ipocrisia, Putin getta la verità in faccia a Paesi che hanno la coscienza sporca: in Italia tutto è mafia, nulla si muove senza raccomandazione e ricatti. E vogliamo fare la morale a lui? Ma fatemi il piacere. Allora dovremmo dire che il primo mafioso è quello Schröder che oggi lavora per Gazprom!».
Due giorni fa Palazzo Chigi ha cercato di mettere la sordina al caso: bollato come «ironia», «nessuna critica diretta» all'Italia. Non sarà un amico come Berlusconi, ma non tanti anni fa Prodi trascorreva intere serate, anche a notte fonda, al telefono con il leader russo, condividendo gli sfoghi sull'imminente attacco americano contro l'Iraq. Forse non era amicizia, ma nemmeno il segno di un rapporto formale.
FONTE WWW.CORRIERE.IT
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