: Politica Libera :

Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

27.8.06

«In Libano si va per sparare ma l’Unione non lo capisce»


Presidente Cossiga, ha letto Bertinotti sul Messaggero? Dice che la missione in Libano piace ai pacifisti perché è la prima volta che si può puntare a «un uso delle armi che sia un “non uso” come potere deterrente». È d'accordo?
«Temo che molti in Italia non abbiano ancora capito. Lì si andrà a sparare, purtroppo».
Lei solo due giorni fa era in Israele...
«... e tutti, da Simon Peres in giù sono consapevoli del rischio».
Qui da noi no? «Apprezzo molto il senso di responsabilità di Arturo Parisi che in queste ore ripete: “È una missione molto difficile e rischiosa”. Temo che non tutti nella maggioranza ne siano consapevoli».
Intende un rischio politico o militare?
«Oddiosanto! Mi rendo conto che “morti ammazzati” è espressione poco elegante; ma qui, quando si parla di perdite, bisogna iniziare a dire che si tratterà di vi-te u-ma-ne».
La nostra opinione pubblica può sostenerle?
«Dipende, purtroppo: in questo Paese non tutti i morti sono uguali». In che senso?
«Bisognerà vedere chi sono gli uccisi e chi gli uccisori. Dipende se i morti sono libanesi o italiani, e - se sono libanesi - di che religione sono».
Intende dire che se sono per esempio cristiani...
«Importa poco, mi creda».
Mentre se sono sunniti...
«Importa, ma non troppo».
Le diranno che fa calcoli cinici.
«Lasci perdere... Se fossero morti sciiti sarebbe una catastrofe internazionale, con ripercussioni nei rapporti con l'Iran».
E se fossero guerrieri di Hezbollah? «Arriveremmo nel volgere di poche ore alla crisi, o alla destituzione di un ministro».
Addirittura!
«Né Rifondazione né il Pdci né il nostro “piccolo Crispi” possono politicamente sopportarlo».
Il suo amico D'Alema ribattezzato con un nuovo epiteto!
«Perché da “piccolo Crispi” ha girato come una trottola, dall'Europa agli Stati Uniti, da Israele al Libano agli Hezbollah: non potevamo fare la figuraccia di tirarci indietro».
La missione è sicuramente figlia della volontà di D'Alema, ma questo implica un rischio politico?
«La sinistra radicale e il nostro ministro degli Esteri ritengono che noi andiamo lì per difendere, dalla “perfida e imperialista Israele”, gli Hezbollah e la precaria stabilità di un Libano governato per metà da filosiriani e per l'altra da antisraeliani».
E i centristi dell'Unione?
«Romano Prodi, Francesco Rutelli e Arturo Parisi credono che noi andiamo a difendere “tutti da tutti”»!
E se i nostri finissero per sparare su qualche incursore israeliano? «Forse si avrà un dibattito parlamentare, ma nulla più, anche per via del trend marcatamente antiisraeliano della sinistra, del centrosinistra e dei “cattolici militanti”».
Veniamo al comando: è un peccato che lo abbiano assunto i francesi?
«Sta scherzando, spero».
Sembrava lo volessimo...
«Lasci perdere le chiacchiere. Meno male che all'ultimo momento Prodi e Parisi sono abilmente riusciti a farlo assumere dalla Francia».
Perché?
«Perché i francesi, come si è visto in questi anni, ad esempio in Oceania, sanno sparare».
E i nostri invece, se e quando toccherà a loro, avrebbero più problemi?
«Capisce? Finché non tocca a noi a Diliberto si può sempre dire: “Non siamo stati noi a dare l'ordine. E poi fidati di Chirac: toccherà anche agli israeliani”!».
Lei ha lanciato il paragone con la guerra di Crimea, in cui Cavour conquistò il famoso «posto al sole» al tavolo delle potenze europee..
«Se D'Alema è il “piccolo Crispi”, Prodi è il Cavour della novella Crimea e Parisi il Cadorna e il Messe della nuova guerra». Date tutte le riserve, lei potrebbe non votare la missione?
«Al contrario. Ormai tutto è stato deciso, al cospetto dell'Europa e del mondo».
E quindi?
«Voterò a favore. Si ricorda il detto? Wrong or right, my army».

(www.ilgiornale.it)

25.8.06

Lo stravolgimento della realtà by l'unità

Riporto qui un articolo sul leader della Cdl Silvio Berlusconi tratto dall' Unità che dimostra in maniera chiarissima come la sinistra continui a cambiare la realtà come ha sempre fatto...

Berlusconi a Rimini: «No all'Italia plurietnica» (Articolo dell' Unità)

È apparso in gran forma Silvio Berlusconi al meeting di Rimini, venerdì. Sommerso dagli applausi ha persino sciorinato un ultimo sondaggio che lo vuole in netta rimonta nelle intenzioni di voto dei cittadini. «C'è un'atmosfera veramente positiva in questo momento – ha detto fotografando la sua impressione -, anzi il sondaggio ultimo che conosco ci dà al 54%». Miracoli del Meeting ciellino che gli ha anche curato una febbre «e un grande raffreddore», prima delle ovazioni confessa: « non riuscivo nemmeno a parlare». «Qui infiltrati della sinistra che mi fischiano non ce ne sono..», si rilassa subito. E giù battute verso il suo rivale Romano Prodi che dice assente a Rimini perché «avrà dovuto mantenersi in allenamento correndo in biciclettaLa folla dei giovani di don Giussani è in deliquio, c´è anche una ragazza che sviene: «Silvio, Silvio, Si...» e si accascia a terra mentre lui si fa spazio sorridente tra i body guards. Uscito tra strette di mano e saluti, apostrofa gli alleati che trova, il primo è il dc Rotodi: «Toh, un alleato, bisogna trattarli bene gli alleati». Poi Alemanno di An, che sprona a darsi da fare perché «si apre una stagione importante». En passant conferma ai cronisti che non comprerà Ronaldo per il Milan. Insomma, un tourbillon come ai vecchi tempi.

Dentro, sul palco il signor B dà lezioni a tutti e promette un rinnovamento del centrodestra. Largo ai giovani «noi stiamo diventando vecchietti».In effetti non dice grandi novità. Quando il moderatore del dibattito, Oscar Giannino gli chiede quale sarà la linea della Cdl sulla Finanziaria e, soprattutto, se Casini stia esagerando, risponde che nessuno della Cdl tenderà la mano al governo. Pena, quasi, il taglio della mano. La Casa delle Libertà, promette, «farà una opposizione severa cercando in ogni modo di essere coesa perché senza coesione, sia nel centrodestra che nella sinistra, non si può essere incidenti sulla realtà del Paese». E avverte: «Non ci possono essere nella coalizione forze che vanno per conto loro tanto meno che vanno dall'altra parte». Lui vuole il partito unico del centrodestra e chiede aiuto ai ciellini, perché dice tra i giovani questo partito unico c´è già.

Quindi va avanti: «Non faremo certamente il muro contro muro che fece la sinistra con noi quando votava contro tutto. Quando troveremo che la sinistra presenta una proposta di legge che riterremo conforme all'interesse del Paese voteremo sì. Ma questo - ribadisce - sappiamo che sarà una assoluta eccezione: l'opposizione la faremo nel Parlamento e, se necessario, saremo capaci di farla anche nel Paese». La separazione delle carriere dei magistrati, continua a considerare come «una priorità».

Ma sulle staminali lui è d´accordo - c'è stato «un grande sviluppo della ricerca sulle cellulestaminali senza ricorrere a embrioni umani» - , in Libano l´Italia non deve mandare più di 1.125 soldati, ma si devono «disarmare gli Hezbollah». I risultati dei primi sei mesi della politica fiscale del nuovo governo in realtà sono farina del suo sacco. Ma è preoccupato sempre per la revisione della tassa di successione e degli estimi catastali. La sinistra non riuscirà a bloccare il suo Ponte sullo Stretto. Ma soprattutto ciò che più lo preoccupa e da cui mette in guardia è la sinistra che vuole fare dell´Italia una «società plurietnica». Lui è per l'Italia cattolica, l'Italia agli italiani, altro che cittadinanza in cinque anni. «L´ha detto prima mio nonno!», salta su Alessandra Mussolini, presente tra gli ascoltatori.

Lui racconta che don Giussani l´aveva definito prima di morire "uomo della provvidenza". E i ragazzi ci credono. Definitivamente conquistati quando dal palco Berlusconi si gira a mostrare, con un colpo di teatro dei migliori, il risultato di un nuovo trapianto di capelli. Un po´ Sansone, un po´ Cesare Ragazzi. Roberto Calderoli non resiste e si iscrive subito al fun club. «È lui l´unico vero leader, lui ha i coglioni, la sinistra invece è votata dai coglioni». E ho detto tutto. Direbbe Totò.
tratto dal sito dell' unità

a voi i commenti ..mah...

E sull'immigrazione: Italia agli italiani, pochi 5 anni per la cittadinanza

Silvio Berlusconi ricomincia da Rimini. E nonostante lo stato di salute non sia dei migliori - «sono super malato, sono malatissimo» spiega con voce bassa e rauca l'ex premier - va all'attacco. Il brutto raffreddore che lo affligge non spegne gli ardori del capo dell'opposizione subito rinvigorito dalla platea di Cl che lo accoglie con cori «po-po-po-po-po», «Silvio-Silvio», «chi non salta è comunista», «c'è solo il presidente». Parla di tutto: dell'economia italiana e della leadership nel centrodestra, di immigrazione e di comunismo. E sul tema caldo di questi giorni, la crisi israelo-libanese, aspettando gli esiti del vertice di Bruxelles dice: bisogna disarmare Hezbollah.

LA RESSA - In platea, sventolano bandiere di Forza Italia e alcune anche della Lega. L'auditorium del Meeting da oltre settemila posti è completamente gremito. Per il caos cade persino una transenna su uno dei laghetti del cortile della Fiera: alcune persone finiscono in acqua. Il Cavaliere, camicia blu aperta sul petto con golfino azzurro sulle spalle, si gode fino in fondo il bagno di folla, previsto e atteso, che rappresenta la sua rentrée sulla scena politica dopo la vulcanica estate.

Silvio Berlusconi sul palco del Meeting (Ansa)

DON GIUSSANI
- Berlusconi ha parlato del suo ruolo di guida della coalizione di centrodestra. «Sono condannato a continuare, è mio dovere», esordisce Berlusconi ricordando la definizione di «l'uomo della Provvidenza» che di lui diede Don Giussani, qui un mito. Il fondatore di Cl, scomparso un anno fa, ebbe una parte molto importante sulla sua decisione di entrare in politica e gli fornì «un aiuto importante nella decisione di lasciare tutto ciò che amava per dedicarsi allo Stato».


LA LEADERSHIP - Poi la frecciata a Casini, che pure non viene citato: «Non c'è un altro leader capace di tenere insieme il centrodestra», mette in chiaro Berlusconi. «Vado avanti - continua - anche per un fatto di orgoglio e storia personale. La metà del Paese mi detesta, l'altra metà mi sostiene e forse mi ama».

IL COMUNISMO - «La difesa della libertà è la missione più alta, nobile, entusiasmante che ciascuno di noi possa avere la ventura di svolgere» aggiunge Berlusconi osservando che «la difesa della libertà riguarda tutti, ovunque ci si trovi, in qualsiasi campo ci si trovi». E questo perché «non è mai data per sempre, non è attraente come lo sono stati totalitarismi come fascismo e comunismo». E il comunismo, secondo Berlusconi «è ancora un pericolo non scongiurato».

IMMIGRAZIONE E TEMI ETICI - Scendendo poi nello specifico, Berlusconi rivendica la libertà di coscienza sui temi etici e difende la Bossi-Fini, la legge sull'immigrazione che il governo vuole modificare. Il Cavaliere non nasconde la sua perplessità sulla proposta di concedere la cittadinanza agli stranieri dopo 5 anni. «Per divenire cittadini italiani bisogna rispettarne leggi, regole e tradizioni, senza che nessuno venga nella nostra mensa mettendo i piedi sul tavolo. Purtroppo - aggiunge - 5 anni di governo sono pochi, però ribadisco che per diventare cittadini italiani devono dimostrare di conoscere la nostra lingua, la storia, la geografia e i fondamenti dello Stato, come la Costituzione». Secondo il Cavaliere «la sinistra pensa ad un paese plurietnico e pluriculturale, per noi invece l'Italia deve essere cattolica e degli italiani».
L'ECONOMIA E L'EURO - Berlusconi affronta poi anche il tema dell'economia e parla del «falso teorema del declino economico» di cui l'Unione ha parlato per mesi prima delle elezioni: un teorema «che oggi, improvvisamente, è stato messo da parte: oggi tutti i bambini hanno il latte alla quarta settimana del mese». Parlando dell'azione dei suoi governi l'ex premier spiega che «siamo arrivati soltanto al 50% perchè eravamo al governo in un momento di difficoltà economica, nel quale in tutta l'Europa la regola è stata la vittoria delle opposizioni, con l'unica eccezione del Regno Unito che però non ha l'euro, la moneta che ha determinato la crisi economica che tutti conosciamo».
RISULTATI ELETTORALI - Il Cavaliere torna pure su una polemica che di fatto non ha mai lasciato cadere: quella del risultato elettorale dello scorso aprile: «Per i nostri esperti circa un milione di voti è stato cambiato dai professionisti della politica. Nelle giunte parlamentari la maggioranza di centrosinistra non ha ancora permesso ai nostri rappresentanti di mettere le mani sulle schede. C'è un buco nella correttezza del controllo dei risultati, delle irregolarità inusuali».

GRANDE BANCA - Spazio anche alla grande fusione bancaria Intesa-San Paolo, «un'ottima cosa - sostiene il leader di Forza Italia - perché darà finalmente all'Italia una banca capace di confrontarsi con le altre banche europee».
IL TRAPIANTO DI CAPELLI - Berlusconi non si sottrae infine all'ironia. Sfruttando una battuta sui capelli per spiegare uno dei passaggi del suo discorso al Meeting di Comunione e Liberazione, dopo essere stato su questo tema incalzato dal moderatore Oscar Giannino, Berlusconi si alza dalla sedia, si gira di spalle e mostra il risultato del suo trapianto di capelli. Cosa che provoca una vera e propria ovazione in platea.

BERLUSCONI: L'ITALIA DEVE ESSERE CATTOLICA E DEGLI ITALIANI [ RIMINI

[ RIMINI - "Secondo noi l'Italia deve essere cattolica e degli italiani. La sinistra pensa invece a un'Italia plurietnica". Lo ha detto Silvio Berlusconi davanti alla platea del meeting di Cl a Rimini. "Sono condannato - ha aggiunto - a continuare e ad andare avanti anche per un fatto di orgoglio e storia personale. La metà del Paese mi detesta, l'altra metà mi sostiene e forse mi ama", ha affermato, accolto dai fragorosi applausi delle migliaia dei presenti in sala.

IMMIGRAZIONE - Berlusconi ha messo in evidenza che gli immigrati nel nostro paese "devono rispettare le nostre regole, le nostre leggi e le tradizioni: è un po' come quando ospitiamo qualcuno in casa nostra". Secondo l'ex premier cinque anni per ottenere la cittadinanza "sono un periodo troppo breve". La cittadinanza va data a chi "dimostrerà di conoscere bene la nostra lingua, la nostra storia e la geografia".

La platea più volte ha interrotto con applausi le parole dell'ex premier. "Sono troppo pochi" sono le parole che alcuni dalla platea hanno gridato non appena è stato chiesto a Berlusconi di dare una sua valutazione sulla proposta della sinistra di concedere la cittadinanza italiana dopo cinque anni.

BIOETICA - "Certi limiti posti alla ricerca scientifica possono portare a strategie efficienti: basta guardare il grande sviluppo sulle ricerche sulle staminali senza ricorrere ad embrioni umani". Lo dice Silvio Belusconi al meeting di Cl. Detto questo Berlusconi ribadisce che "un partito non può possedere o controllare le coscienze dei suoi aderenti": per questo"Fi lascia agli azzurri la libertà di coscienza sui temi di bioetica".

ECONOMIA - "La sinistra ha costruito il falso teorema del declino economico che oggi, improvvisamente, è stato messo da parte: oggi tutti i bambini hanno il latte alla quarta settimana del mese": lo dice Silvio Berlusconi al meeting di Rimini parlando di quelle che a suo parere sono state le cause della sconfitta della Cdl alle Politiche. "Siamo arrivati soltanto al 50% - spiega - perché eravamo al governo in un momento di difficoltà economica, nel quale in tutta l'Europa la regola è stata la vittoria delle opposizioni, con l'unica eccezione del Regno Unito che però non ha l'euro, la moneta che ha determinato la crisi economica che tutti conosciamo". (ansa)

19.8.06

Fini dai Ds, Bertinotti da An, Berlusconi dalla Margherita: i poli tornano a confrontarsi


C’ERA una volta l’era delle «porte chiuse». È finita quella politica secondo cui era difficile, quasi impensabile, concepire una festa di partito invitando tutti i protagonisti e soprattutto i cosiddetti «avversari». Ora invece la nuova politica parte proprio da questo, da un intento di costruire larghe alleanze, dialoghi, confronti, intese, perché no, proprio partendo dalla festa di un partito. Ed ecco che allora si prospetta una serie di appuntamenti che accompagneranno la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno proprio all’insegna di un incontro tra i due «Poli» con faccia a faccia trasversali tra i vari leader, un rincorrersi e darsi appuntamento da una festa all’altra, da una città del Nord a una del Sud. Siamo allo sdoganamento completo, l’apertura delle porte verso il politico dell’altra parte. E così, non desta scandalo il presidente della Camera Fausto Bertinotti che viene invitato dalla sua vice Giorgia Meloni (An), alla festa dei giovani di destra. Perché non è uno dei casi. Uno del fitto calendario di appuntamenti che si svilupperà nella seconda metà di agosto. Si comicerà, con un appuntamento che non è una vera e propria festa politica ma che vede la partecipazione di personaggi come Berlusconi, Pisanu, Rutelli e il presidente del Senato, Franco Marini. A Rimini, dal 20 al 26 agosto si svolgerà il tradizionale meeting di Comunione e Liberazione. Le vere e proprie «danze politiche» si apriranno a Telese Terme, in provincia di Benevento, dove dal 28 agosto al 3 settembre si svolgerà l’ormai rinomata festa dell’Udeur di Clemente Mastella. Una settimana piena di appuntamenti, di convegni, di confronti, e anche di spettacolo. Dal parco delle Terme parleranno esponenti dell’Unione, tra cui anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi, passando anche per i rappresentanti della Cdl, tra cui il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, gli «azzurri» Giulio Tremonti, Sandro Bondi e Renato Schifani, nonché Gianni Alemanno di An. Al di là dell’interrogativo sulla partecipazione o meno di Antonio di Pietro, ancora un po’ «adirato» con Mastella per via dell’indulto (anche se i rapporti tra i due sembrano volgere più verso il sereno), la giornata clou il 31 agosto, quando si svolgerà il dibattito tra D'Alema, Casini, Tremonti e il padrone di casa, Clemente Mastella. Nel frattempo sarà cominciata a Pesaro la festa nazionale dell’Unità, che si svolgerà dal 31 agosto al 19 settembre. Anche qui, ospiti bipartisan e tanti convegni. In un’altra città delle sponde adriatiche, un po’ più a nord, ci sarà un altro appuntamento atteso e cioè la festa della Margherita, che si svolgerà a Caorle dal 4 al 9 settembre. Vari esponenti della maggioranza, guidati da Francesco Rutelli e Piero Fassino, faranno un po’ la spola tra Pesaro e Caorle, due tappe importanti delle feste politiche, soprattutto per due «faccia a faccia» di primo livello. Il 5 settembre, infatti, a Caorle si confronteranno Rutelli e Silvio Berlusconi, mentre a Pesaro ci saranno Anna Finocchiaro e Pier Ferdinando Casini. Il leader centrista sarà a sua volta ospite della Margherita l’8 settembre, con un interlocutore ancora da definire. Sempre a Caorle, il 7 settembre sarà il turno di Gianfranco Fini, che avrà un dibattito con Arturo Parisi. Anche il presidente di An sarà ospite della Festa dell’Unità il 13 settembre, in un confronto con il ministro della giustizia, Clemente Mastella e il Ds Cesare Salvi. Al «giro di valzer» delle feste politiche, partecipa anche Alleanza nazionale, con due appuntamenti: il primo, a Mirabello, dove dal 2 al 10 settembre, si svolgerà la storica festa di Alleanza nazionale, più incentrata sul partito e che si chiuderà con l’intervento di Fini. Il secondo appuntamento di An, a Cerignola dal 11 al 18 settembre. Nella città pugliese, An darà vita ad una settimana dedicata al futuro del centrodestra, con incontri e dibattiti, a cui parteciperanno i maggiori leader della Cdl. In apertura della festa della destra di Cerignola, ci sarà un simposio dedicato ai 10 anni di Azione Giovani, curato da Fabrizio Tatarella e a cui parteciperà la vice presidente della Camera, Giorgia Meloni. Contemporaneamente, dal 13 al 17 settembre, all’Eur di Roma si terrà la festa di Azione giovani, l’organizzazione giovanile di An, alla quale è stato invitato Bertinotti. Nelle stesse date (13-17 settembre) a Fiuggi, l’Udc, terrà la sua festa, dove Casini ricambierà l’ospitalità a Margherita e Ds e dove, forse ci potrebbe essere la riconciliazione ufficiale con Silvio Berlusconi, il quale però non ha ancora sciolto le riserve sulla sua partecipazione al meeting Udc. Il trend estivo delle «feste bipartisan» non ha intaccato solo i grandi e storici partiti ma anche quelli più «giovani», come l'Italia dei Valori: il partito di Antonio Di Pietro, infatti, terrà una sua festa in una cittadina dell’Adriatico, a Vasto, dal 21 al 24 settembre. Anche qui tentativi di «larghe intese» e di «confronti bipartisan». All’incontro dell’Idv, a cui parteciperà anche Gianfranco Fini il 23 settembre, l’esponente dell'Udc Bruno Tabacci, avrà il compito di intervistare o il premier Romano Prodi o Piero Fassino. Nessuna festa per Forza Italia, che invece avrà il suo tradizionale meeting a Gubbio. Dal 7 al 9 settembre, infatti, nella cittadina umbra si terrà il seminario interno di Fi, aperto agli «azzurri» e chiuso per gli esponenti dell’Unione. Tra questi numerosi appuntamenti di feste e confronti, grande l'attenzione puntata su due personaggi, per i quali ancora è quasi tutto da decidere sulle loro partecipazioni. Il primo, Romano Prodi, per il quale si prospetta un calendario di fine estate e di inizio autunno ricco di impegni, alcuni anche internazionali (vertice Ue-Asia a Helsinki il 10-11 settembre, viaggio in Cina dal 12 al 18). Ma nonostante ciò, il premier sarà da Mastella, a Telese il 29 agosto, a Pesaro il 31 per aprire la Festa dell'Unità (la chiusura sarà affidata a Fassino il 19 settembre). Per le tappe di Caorle e Vasto, la data della presenza di Prodi è ancora da stabilire. Altro personaggio un po’ incerto è Silvio Berlusconi, la cui partecipazione è ancora tabù, non solo per la festa dell’Udc, ma anche per la Festa dell’Unità. Calendari ancora da stabilire e definire per le feste del Pdci, a Roma dal 5 al 17 settembre e del Prc, sempre a Roma, dal 6 al 24 settembre.(www.iltempo.it)


Berlusconi: «Missione per disarmo milizie»

Il leader di Forza Italia: «Siamo favorevoli alla partecipazione dei militari italiani nel contingente Onu per il Libano»

Silvio Berlusconi (Ap)

«Siamo favorevoli alla partecipazione dei militari italiani nel contingente Onu per il Libano». Lo afferma il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. L'ex premier pone però due condizioni: «L'arrivo dei 30.000 militari dovrà portare al disarmo delle milizie terroriste» e i soldati italiani dovranno essere inviati nel quadro di una missione con obiettivi politicamente chiari e con regole d'ingaggio precise. «Su questa base - aggiunge Berlusconi in una nota - è possibile una intesa tra maggioranza e opposizione».
RESPONSABILI - «Non ripagheremo l'attuale maggioranza con quel comportamento irresponsabile che l'opposizione di sinistra ha tenuto nei nostri confronti negli ultimi cinque anni - afferma Berlusconi - Nello stesso modo ci siamo comportati qualche settimana fa in occasione del voto sull'Afghanistan».
AZIONE DI GOVERNO - «Per cinque anni, grazie all'azione continua e coraggiosa delle forze dell'ordine e dei servizi di intelligence, siamo riusciti a tenere lontano dal nostro Paese il terrorismo internazionale e abbiamo sgominato quello interno» continua Berlusconi sottolineando l'azione del suo governo nella passata legislatura. «Il mio impegno e quello del governo che ho avuto l'onore di presiedere - aggiunge - è stato di dare un forte contributo alla lotta contro il terrorismo globale di nuovo tipo, manifestatosi dopo l'11 settembre 2001 e in altre drammatiche occasioni e sostenuto dal fondamentalismo di matrice islamica». E a proposito della politica estera del suo governo, il leader di Forza Italia afferma: «Siamo andati in Iraq non per fini di guerra, non come truppe di occupazione, ma sulla base di una risoluzione dell'Onu, ricevendo per questo gli apprezzamenti e i ringraziamenti dei nostri alleati, del segretario generale dell'Onu Kofi Annan e del governo e del popolo iracheno».

BOSSI E CASINI - Nel frattempo anche gli altri leader del centrodestra intervengono sulla missione Onu. «Il Libano purtroppo costa soldi - ha dichiarato Umberto Bossi al Tg3 - ma bisogna andare, perché la missione è dell'Onu e abbiamo il dovere di partecipare». Secondo Casini, «si sta avverando ciò che era facilmente prevedibile: la risoluzione dell'Onu è stata fondamentale per far tacere le armi ma, in assenza di precisi indirizzi delle Nazioni unite, le forze da dispiegare sul terreno di Unifil rischiano di pagare fortemente l'ambiguità del mandato e la poca chiarezza dei compiti». Il leader dell'Udc aggiunge: «In queste condizioni, è giusto esprimere una disponibilità di massima dell'Italia alla missione, ma è giusto accompagnarla a una forte cautela e prudenza. O l'Onu nelle prossime ore darà regole chiare, o la missione avrà un coefficiente di rischio altissimo». (www.corriere.it)

18.8.06

Berlusconi: «Ero deluso, ma non mollo»


L'idea di smettere, di dire «basta» con la politica, gli era venuta sul serio dopo il risultato delle elezioni politiche, che lo aveva lasciato profondamente disgustato, con l'amaro in bocca. Ma a impedirgli un futuro da Cincinnato sono state le ripetute dimostrazioni d'affetto ricevute dalla gente. Silvio Berlusconi lo ha confessato nel corso di una cena a casa di amici, in Sardegna, la sera del 14 agosto scorso. Il Cavaliere, rilassato e in vena di confidenze, avrebbe addirittura parlato con i presenti di una sua autentica crisi di rigetto per quell'impegno a cui lui,imprenditore, era stato «prestato» e al quale aveva tuttavia dedicato senza risparmio, per cinque anni, tempo, impegno e risorse. E conseguente a quel rifiuto per l'esperienza politica, stava quasi maturando l'idea di ritagliarsi finalmente qualcosa di più di «un po'» di tempo per sé e per la propria famiglia. Andando insomma a godersi l'inusuale tempo libero nelle sue residenze sparse un po' dovunque nel mondo. A fargli cambiare però idea - ha poi precisato l'ex presidente del Consiglio - a farlo ritornare sui propri passi ridandogli la carica necessaria, sono state le manifestazioni ricevute da parte di tanti sconosciuti. L'ultimo episodio, ha precisato ai 170 commensali ospiti a Punta Lada di Ana Betz e Sergio Di Cesare, risale proprio a pochi giorni fa. «Uno dei tanti che testimoniano l'affetto che la gente prova per questo vecchierello», ha chiosato ironicamente il Cavaliere. Mentre stava prendendo il sole con degli amici sul belvedere di Villa Certosa - è in sintesi il suo racconto - gli occupanti di alcune barche ancorate in rada lo hanno riconosciuto e hanno iniziato a sbracciarsi per salutarlo. «Io naturalmente ho risposto e a quel punto anche dalle altre barche hanno cominciato a sbracciarsi e tutti hanno acceso le sirene che hanno suonato per sei minuti di fila», ha precisato. Il racconto, assicura chi c'era, ha scatenato l'entusiasmo dei presenti alla cena - dai bambini agli anziani - che hanno quasi assalito Berlusconi chiedendogli di tutto: dal permesso di fotografarlo a quello di farsi fotografare insieme a lui. Per arrivare a chi lo ha quasi implorato: «Silvio, se chiamo mia madre puoi parlarci al telefono e dire che sei qui con me?

15.8.06

Sospensione temporanea pubblicazione articoli

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13.8.06

LIBRI - SILVIO BERLUSCONI: VERSO IL PARTITO DELLA LIBERTÀ


"Credo che dare all’Italia un grande partito dei moderati e dei riformisti sia un’impresa storica. Se ci riusciremo avremo lasciato un segno nella storia politica e non soltanto politica del nostro Paese". Con queste parole, pronunciate di fronte all’Assemblea costituente del partito unitario della Casa delle Libertà, Silvio Berlusconi ha sancito l’importanza dell’obiettivo che le forze del centrodestra, dopo cinque anni di esperienza di governo, si sono date per la prossima stagione politica. Quale sarà, dunque, l’identità di questo nuovo partito? Innanzitutto, non sarà né di destra né di sinistra, né esprimerà un moderatismo senza coraggio riformista. Sarà, invece, un partito postideologico, democratico, popolare, federale; un partito che cerca le soluzioni per accrescere il grado di civiltà del nostro Paese. La nascita del nuovo partito, infatti, non sarà semplicemente il risultato di un accordo di vertice tra i leader della maggioranza, bensì il frutto di un nuovo e ampio processo di aggregazione che, riportando tutti i moderati sotto il tetto di una Casa comune, stimoli una rinnovata e più forte partecipazione dei cittadini che hanno a cuore le sorti dell’Italia. Perché ciò sia possibile, occorre non solo rinsaldare l’unità di convinzioni, di valori, di ideali tra le forze che hanno guidato il Paese in questo difficile inzio di secolo, ma soprattutto coinvolgere chi, pur condividendo le stesse convinzioni, gli stessi valori e gli stessi ideali, non ha ancora operato una chiara scelta di campo. Difesa e rilancio dell’Occidente, riforma dello Stato, economia sociale di mercato sono i tre pilastri su cui costruire una nuova formazione politica che superi in una sintesi originale le attuali appartenenze e raccolga le indicazioni sempre più precise degli elettori.

Silvio Berlusconi

Verso il partito della libertà. L’identità, i valori, il progetto.
Mondadori 2006 Euro 15,00

2.8.06

IL RIMPIANTO


Nessun intervento serio e mirato per ridurre la spesa pubblica, aumento del carico fiscale complessivo, scarsa attenzione al mercato e mancata riduzione del costo del lavoro: così Montezemolo si lamenta di Prodi, immemore di aver collaborato attivamente alla sua ascesa a palazzo Chigi.

La Camera approva il voto di fiducia Berlusconi: «E' uno stato di polizia»


I sì sono stati 327, i no 247. Acceso dibattito a Montecitorio. Il leader Cdl: «Esautorato il Parlamento». Ovazioni e fischi dall'emiciclo. Fini: con la fiducia sulla Finanziaria lo scontro va in piazza


Settima fiducia in 75 giorni e anche questa volta tra le polemiche. «Un record» esclama Gianfranco Fini puntando il dito contro un governo che «attendiamo alla prova della Finanziaria». E se blinderete anche quella- avverte minaccioso il leader di An - «lo scontro si trasferirà in piazza». La Lega esibisce uno striscione di protesta «Prodi = indulto + tasse + clandestini». Insomma, la Cdl non molla la presa e in aula torna a criticare il ricorso massiccio alla fiducia, chiesto dall'esecutivo Prodi anche sulla manovrina e confermato dalla Camera con 327 sì e 247 no.
BERLUSCONI - Pure Berlusconi va all'attacco, nel metodo e nel merito del provvedimento che verrà trasformato in legge stanotte o probabilmente giovedì. «Il rischio è quello di esautorare il Parlamento: non è una cosa da poco» spiega l'ex premier entrando a Montecitorio. «Leggo che Prodi ha chiesto scusa al Parlamento. La verità è che dovrebbe scusarsi con tutti gli italiani. Così non è possibile andare avanti, finisce che non si discute più...», continua il leader di Forza Italia.

«STATO DI POLIZIA» - E sul decreto sulle liberalizzazioni Bersani, incluso nella manovra, mette in guardia: «Siamo veramente ad una sorta di Stato di polizia tributaria: i cittadini ancora non ne sono consapevoli delle cose che introduce questo decreto». «Questo decreto controlla la vita economica del cittadino e delle imprese in maniera assoluta e totale, attraverso un intreccio con le banche. Da qui-prosegue Berlusconi- viene fuori una oppressione fiscale e burocratica francamente preoccupante. Una oppressione che comporta per le imprese una serie di adempimenti che incrementano le spese, mentre invece dovremmo fare il contrario: perché l'impresa crea lavoro e ricchezza, e quindi non bisogna rendergli la vita più difficile». Il leader della Cdl contesta duramente le norme fiscali introdotte dal viceministro Visco con il decreto legge. Poi concede: «Ci auguriamo che il filo del dialogo con questa maggioranza possa essere ripreso. Gli appelli del Capo dello Stato e quelli del mondo produttivo vanno in questa direzione ma purtroppo non sembrano queste le logiche che prevalgono nella maggioranza».

Il ministro dello Sviluppo Bersani (Infophoto)
Il ministro dello Sviluppo Bersani


PO-PO-PO-PO DALLA CDL
- Un intervento, quello di Berlusconi, che si chiude tra gli applausi fiume da parte dell'opposizione. La telecamera inquadra Fini che si alza dai banchi di Alleanza Nazionale e va stringere di persona la mano a Berlusconi. Si sentono anche cori da stadio con i deputati che intonano il po-po-po-po-po diventato l'inno del Mondiale. Il chiasso in aula è assordante, tanto da non permettere al presidente della Camera, Fausto Bertinotti, di proseguire i lavori. «Possiamo continuare a lavorare - interrompe Bertinotti- o dobbiamo aspettare». In ogni caso, «l'aula può applaudire o dissentire ma sia sobria» conclude il presidente di Montecitorio visibilmente stizzito. Quando è il suo turno di parlare, Dario Franceschini dell'Ulivo commenta sarcastico rivolto a Bertinotti: «Ha fatto bene a non interrompere il lungo applauso a Berlusconi perché finalmente ha avuto quell'applauso che non ha ricevuto in 5 anni di governo dalla sua maggioranza». A Berlusconi che parla di Stato di polizia, replica il ministro dello Sviluppo, Pier Luigi Bersani: «È una vergogna che ci sia una istigazione così violenta che dimostra una disabitudine alla fedeltà fiscale». (www.corriere.it)

Indulto, escono dal carcere alle 18 e vengono arrestati di nuovo alle 23

Erano usciti dal carcere di Macomer alle 18, beneficiando dell'indulto, ma alle 23 sono stati nuovamente arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, minacce, violenza e danneggiamento. Protagonisti Massimiliano Formula, 32 anni e Raimondo Muntoni, 28. Un altro caso, più grave almeno nell'intenzione, si è verificato a Genova: un uomo, Giovanni Calassi, 45 anni, è stato arrestato per tentata rapina cinque ore dopo essere stato scarcerato. Sono questi alcuni tristi epiloghi delle migliaia di scarcerazioni avvenute ieri dopo l'applicazione dell'indulto. I detenuti per i quali si sono spalancate le porte delle carceri sono stati 2.666. Il dato è stato reso noto dal ministro della Giustizia Clemente Mastella. "Un fenomeno consistente - ha commentato il Ministro - che avrà sicuramente un'onda d'urto ma non tale da creare preoccupazioni. A uscire -ha aggiunto - saranno in tutto 15 mila mentre noi siamo un popolo di 58 milioni d'italiani". C'è chi ha cercato la strada di casa e chi però è ritornato da dove era partito. Formula, di Sassari, e Muntoni, di Tula, sono usciti nel tardo pomeriggio dall'istituto di pena di Macomer e hanno pensato di andare a fersteggiare la ritrovata libertà in un bar poco distante. Ma la gioia è stata talmente incontenibile che i due hanno esagerato con l'alcol, attirando l'attenzione di una pattuglia della polizia che è intervenuta chiedendo le loro generalità. A quel punto i due uomini si sono rifiutati di fornire i documenti e di seguire gli agenti al commissariato. Per contro, gli ex carcerati hanno aggredito i poliziotti, assalendoli con calci e pugni.
Il risultato è che Formula e Muntoni sono finiti di nuovo in prigione, a Oristano, in attesa del processo per direttissima. La loro libertà è durata cinque ore. Il secondo caso è accaduto a Genova dove Giovanni Calassi, quarantacinquenne di Taranto, è stato rilasciato alle 22 dal carcere di Marassi, dove è rientrato alle 3.40. L'uomo era finito in carcere per vari furti in alcune città italiane e vi è tornato per lo stesso motivo: dopo aver vagato per la città ha sfondato la vetrina di una pizzeria ed è entrato per rubare. Il repentino ritorno in carcere dei alcuni ex detenuti liberati dal provvedimento d'indulto non ha stupito però il Guardasigilli: "E' un fenomeno purtroppo normalissimo - ha commentato Mastella - E' sempre avvenuto anche quando non c'era l'indulto". Il Ministro ha comunque rivolto una sollecitazione a quanti stanno uscendo dal carcere: "essere responsabili". (repubblica.it)

Rutelli, Mastella, Casini: il partito unico del centro già esiste

Mentre l’Unione discute di come «acquistare» pezzi dell’opposizione, i tre leader hanno messo a punto la loro larga intesa

C’È modo e modo di fare le «larghe intese». C’è chi le studia a tavolino come Romano Prodi e Piero Fassino che pensano già al «mercato di riparazione» di gennaio (2007) quando, incassata la Finanziaria, lanceranno la loro campagna acquisti su pezzi più o meno grandi dell’opposizione. E c’è chi come il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il presidente del Senato Franco Marini vedrebbe di buon occhio un dialogo più costruttivo tra i Poli, magari già nei prossimi mesi e proprio in vista della Finanziaria. Infine c’è chi la sua «larga intesa» l’ha già portata a casa. Si tratta di Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli e Clemente Mastella. In una parola: il partito unico di centro. Tra i tre leader, infatti, sembra esserci molto di più di un’amicizia personale e non è un caso che, anche nelle partite più difficili giocate dal governo Prodi in questi mesi, Udeur, Udc e Margherita, si siano spesso trovati dalla stessa parte della barricata. Dalle liberalizzazioni all’indulto, dall’Afghanistan alla crisi in Medioriente, non c’è stato campo dell’azione dell’esecutivo su cui Francesco, Clemente e Pier Ferdinando non abbiano cercato la strada del dialogo e del confronto (salvo poi dividersi appena Prodi, più interessato a salvaguardare la compattezza della propria maggioranza, optava per un rassicurante voto di fiducia). E gli ultimi giorni sono stati ancora più rivelatori con Casini in campo per lodare Rutelli e la sua scelta di aprire alla Cdl invitando Berlusconi alla festa della Margherita di settembre; e Mastella che ieri, dalle pagine della Stampa, è tornato a parlare del suo sogno di «un grande centro» equidistante da entrambi i Poli. Dopotutto la «corrispondenza di amorosi sensi» tra Udc, Udeur e Margherita ha radici lontane. Già nel 2005, infatti, Mastella aveva provato l’affondo proponendo alle altre forze centriste il «Patto di Telese»: un accordo prima delle elezioni che, indipendentemente dal vincitore, avrebbe «vincolato» i contraenti ad un dialogo sui temi della politica estera e dei valori (un equivalente delle larghe intese proposte in questi giorni da Rutelli). L’idea, però, era caduta nel vuoto. Ma non la voglia di proseguire fianco a fianco. E, se Bruno Tabacci lanciava l’idea di un partito Casini-Rutelli da far nascere una volta che Berlusconi avrebbe fatto un passo indietro (un partito capace di raccogliere, oltre ai due leader, personaggi come Pisanu, Marini e Scajola), il numero uno dell’Udc azzardava anche un tentativo di opa nei confronti dell’Udeur. In fondo quella tra Casini e Mastella è un’amicizia di lunga data. Insieme nella Dc e cofondatori del Ccd i due si sono sempre stimati. Così non è raro sentire il ministro della Giustizia pronunciare frasi come: «Alcuni giornali scrivono che io e Casini siamo due fratelli siamesi; ma i fratelli siamesi, una volta separati, non possono essere ricongiunti. I fratelli normali, invece, quando si separano poi si possono ricongiungere. Questo non significa che lo facciamo domani, ma come dice il film "mai dire mai"» (4 settembre 2005). O ascoltare l’ex presidente della Camera rivolgere a Mastella un accorato appello: «Il tuo posto è nel centrodestra» (26 gennaio 2006). Alla vigilia delle scorse elezioni qualcuno aveva anche parlato di un possibile ricongiungimento sotto le insegne della Cdl, ma così non è stato. Più recente, ma non per questo meno forte, il legame tra Casini e il ministro dei Beni Culturali Rutelli. Dopo il referendum sulla procreazione assistita dello scorso anno, i due si sono trovati coinvolti in una strana competition: quella per conquistare il voto cattolico. Così, se Rutelli candidava Luigi Bobba (Acli) e Paola Binetti (comitato Scienza & Vita), Casini rispondeva con Luisa Santolini (comitato Scienza & Vita e Forum delle Associazioni Familiari). Ma è sui grandi temi etici, come ad esempio i Pacs, che Pier e Francesco hanno scoperto un’insolita sintonia (dopotutto Rutelli è pur sempre un’ex Radicale). Certo, come tutte le storie che si rispettino non sono mancate le tensioni (soprattutto in campagna elettorale quando Casini definì la Margherita i «servi sciocchi della sinistra»), ma alla fine ha sempre prevalso l’unità. Al punto che, durante il faccia a faccia televisivo che precedette le elezioni politiche (22 marzo 2006), Rutelli usò parte del suo appello finale per rivolgersi all’amico. «Sono pronto - disse ipotizzando la vittoria dell’Unione - a tendervi la mano sulla sicurezza, sulla politica internazionale, sulla pace, sulle riforme della Costituzione e della legge elettorale». Sembrava una promessa elettorale, chi l’avrebbe detto che, da quella mano tesa, sarebbe passato il futuro del partito unico di centro.

Fini: «Governo con le ore contate»


«Non credo che ci siano le condizioni politiche e numeriche perché il governo superi la prova della finanziaria». Nel comizio di chiusura della Festa del Secolo d'Italia, il leader di An Gianfranco Fini si dice fiducioso di una caduta del governo dell’Unione già il prossimo autunno sicuro che «quella sarà l’ora della verità». All’indomani della caduta non pensa a un governo tecnico l’ex premier di Alleanza Nazionale. «Ora credo che si debba consumare la stagione di questo governo, cosa che sta accadendo rapidamente, dopodichè si vedrà ma solo in quel momento sarà giusto affacciare ipotesi. Quello che conta - ribadisce Fini al popolo di An - è che l'opposizione sia compatta, non dia alcun appiglio al governo, e prepari lo scontro sulla finanziaria forte di un confronto preventivo con le categorie produttive».

1.8.06

Giordano processa i dissidenti: «Ora basta»


«LA linea politica del partito è stata decisa attraverso un percorso democratico. Chi si è sottratto per manifestare il suo dissenso, ha messo a rischio la tenuta di Rifondazione. Una cosa così non deve più accadere». Nonostante siano passate molte ore dall’inizio della riunione congiunta di direzione ed esecutivo del Prc, Franco Giordano in poche parole spiega quale deve essere, da oggi in poi, il nuovo corso. Il segretario ascolta tutti gli interventi senza lasciare mai la sala, e poi chiude i lavori con un avvertimento diretto ai «dissidenti»: «Non saranno presi provvedimenti, ma è stata l’ultima volta. Quello che è successo per l’Afghanistan non deve più accadere. Rimetto nelle mani di chi ha dissentito la scelta di identificarsi ancora o no con questo partito». Alle accuse di Giordano, però, arrivano pronte le repliche dei dissidenti. Alberto Burgio, uno dei quattro deputati che ha votato contro il ddl sulle missioni osserva che «quella in corso è riunione kafkiana composta da due opere. Il processo e le Metamorfosi». Salvatore Cannavò, invece, chiede «la convocazione di un congresso straordinario». Più duro Claudio Grassi, che definisce le reazioni del vertice del partito «violente e drammatiche». (www.iltempo.it)

Prodi: fiducia inevitabile sulla manovra bis

Romano Prodi (Eidon)

La questione di fiducia sulla manovra bis, con la correzione dei conti pubblici e il pacchetto Bersani-Visco su liberalizzazioni e fisco, è «inevitabile». Lo ha chiarito il presidente del Consiglio, Romano Prodi. «Con 600 emendamenti la fiducia è inevitabile», ha detto il premier. «Cosa altro si può fare quando ci sono 600 emendamenti? Se si vuole approvare subito il provvedimento, allora la fiducia è inevitabile. Secondo me la fiducia la vuole più l'opposizione che il governo perché i 600 emendamenti sono loro e... si deve pur andare in vacanza».

NO AD ALLARGAMENTI MAGGIORANZA - L’ennesima fiducia, però, non sembra consigliare al capo del governo la ricerca di intese politiche per irrobustire la maggioranza. Al giornalista che gli chiedeva se non fosse utile un allargamento della maggioranza, Prodi ha risposto ridendo: «Ma quale allargamento. Semmai non si allarghi lei».

SODDISFAZIONE PER L'IMPEGNO DELL'ULIVO - Prodi ha poi manifestato la sua soddisfazione per gli importanti risultati conseguiti grazie alla forza del gruppo dell'Ulivo in Parlamento. Per il presidente del Consiglio la prossima Finanziaria, che sarà pronta entro fine settembre, sarà cruciale per misurare il grado di riformismo del governo.

FIDUCIA ANCHE ALLA CAMERA - Il governo ha posto la fiducia sulla manovra bis anche alla Camera. Lo ha riferito il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti. «Se no non ci sono le condizioni che il decreto diventi legge prima della pausa estiva», ha spiegato Chiti. Il capogruppo dell'Udeur, Mauro Fabris, ha detto che se l'opposizione dovesse ritirare gli emendamenti, la fiducia verrà tolta. Fabris ha ribadito che la Casa delle libertà non avrebbe rispettato le intese raggiunte con la maggioranza. Forza Italia, Lega e An hanno abbandonato l’aula della Camera dopo che il governo ha posto la fiducia. Sono rimasti invece al loro posto i deputati dell’Udc, che sono stati ringraziati dal ministro Chiti nel corso del suo intervento. (www.corriere.it)

FELTRI E BRUNETTA: “LE MANI ROSSE SULL’ITALIA”


Spie, spioni, venduti, comprati, corrotti, pavidi, ignavi,sciocchi, idealisti e collaborazionisti del bel paese al soldo dell’Unione Sovietica dal dopoguerra ad oggi.

Questo il titolo del sesto Manuale di Conversazione Politica curato da Vittorio Feltri e Renato Brunetta, che troverai in edicola con Libero da venerdì 4 agosto.

Questo libro, che nasce dal lavoro della Commissione Mitrokhin, guidata da Paolo Guzzanti, fornisce le prove del losco intreccio e dei traffici dei servizi segreti del mondo comunista che hanno lungamente organizzato e tramato, non solo alle nostre spalle, ma direttamente dentro il nostro Paese.

Casini: «Cuociamo Prodi lentamente»


UN PRANZO da Fortunato al Pantheon, oramai diventato il luogo dove si riunisce la segreteria dell’Udc. Ci sono Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, per la terza volta attovagliati assieme in una settimana (lunedì a pranzo, mercoledì a cena, venerdì di nuovo a mezzodì). Segno anche questo anche il termometro della politica segna caldo rovente. I contatti si sono fatti frenetici. Fuori dalla coalizione, visto che è stata istituita una linea dedicata con Francesco Rutelli e gli ex dc. Dentro la coalizione ormai Casini parla stabilmente solo con Gianfranco Fini. Brucia ancora lo scontro con Silvio Berlusconi del giorno prima. Ed è per questo che il leader dell’Udc decide di vedere riservatamente il segretario del suo partito per analizzare la situazione e studiare il da farsi. Arriva Rocco Buttiglione e poi anche Francesco D’Onofrio, ma solo quando si sta consumando la frutta. Casini non sembra troppo turbato: «Oramai è chiaro che noi e Silvio abbiamo due linee opposte. Mi spiace, ma Berlusconi deve capire che una leadership si conquista sul campo e non la si ottiene per grazia ricevuta». Anche Buttiglione, uno degli esponenti dell’Udc più vicini al Cavaliere, sembra d’accordo. E tutti sembrano convinti che s’è cominciata una strada e bisogna andare fino in fondo. «Berlusconi è ancora convinto che bisogna far cadere Prodi con un blitz: ma s’è visto che tutti i tentativi sono falliti miseramente - insiste Casini -. Noi pensiamo che sia più facile che il governo cada se continua a cuocersi a fuoco lento». Il leader centrista non lo dice, ma è chiaro che al tavolo tutti sanno che se Prodi cadrà presto, come vorrebbe il Cavaliere, è probabile che si torni a votare molto presto; e dunque sarà ancora lui il candidato premier. Se invece l’esecutivo andrà ancora avanti, è più probabile la nascita di un gabinetto di unità nazionale; e quindi l’ascesa di Casini alla guida dei moderati ha più chance. Il vertice del partito di via Due Macelli sa bene che anche una gran parte di Confindustria vede di buon occhio la prospettiva dell’unità nazionale. Montezemolo, certo, che segue tutto da dietro le quinte. Della Valle, più che mai ringalluzzito dalle sentenze su calciopoli, è un trait d’union tra Pierfy, Mastella e Rutelli. Una parte della finanza milanese, l’ex salotto buono, dà un contributo. La linea comunque è quella di non attaccare il Cavaliere. Ma rispondere se offesi, questo sì. Non provocare, anche perché l’obiettivo a lungo raggio è quello di assorbire un pezzo di Forza Italia, ma replicare se provocati. Provare a stemperare, smorzare i toni. Soprattutto in Parlamento, dove l’Udc ha dato una mano anche a tenere in piedi la maggioranza nelle occasioni che in questo scorcio di legislatura è andata seriamete in affanno. «Il vero banco di prova sarà la Finanziaria, prepariamoci per quella», avverte Casini. Soltanto verso la fine dell’anno è possibile che accada qualcosa di serio. Ma i capi dei centristi studiano nel campo avversario e sono convinto che Berlusconi abbia aperto per conto suo una trattativa con i Ds. Ma oramai sta giocando ovunque, sta provando a rimescolare le carte per riprendere in mano la situazione. Non è un caso che abbia deciso di alzare il telefono per parlare direttamente con Romano Prodi. La «scusa» è stata la politica estera, ma inizia ad esserci qualcosa di più profondo. D’altro canto il leader dell’opposizione e il capo del governo hanno capito che sono sotto attacco dei cinquantenni delle rispettive coalizioni. Il patto generazionale trasversale che unisce Casini e Rutelli, Fini e Fassino e Veltroni non è uno scherzo. E allora che farà il Cavaliere? Per ora sta zitto. Parla chi conosce bene Berlusconi (e lo ama) e altrettanto bene Casini (e lo odia). Come Gianfranco Rotondi, segretario della Dc: «Casini sbaglia a pretendere l’eredità di Berlusconi, perché l’ex premier gode di ottima salute. Inoltre il leader del centrodestra deve tenere insieme cinque partiti, ed è difficile che possa riuscirci chi non è riuscito a tenerne unito uno, visto che l’Udc ha avuto quattro scissioni: noi, Lombardo, D’Antoni, e praticamente anche Follini». «Casini - insiste Rotondi nella sua arringa - dovrebbe riflettere sul fatto che Berlusconi è l’unico politico che può tenere unito il centrodestra e riportarlo al governo. Il nuovo candidato premier sarà ancora lui, a meno che egli stesso non scelga per quel ruolo un Prodi del centrodestra, per esempio un banchiere di Milano, magari con qualche trascorso di governo, oppure uno sconosciuto, che però lo mandi in televisione e in due trasmissioni diventa un protagonista assoluto». (www.iltempo.it)