: Politica Libera :

Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

29.9.06

Arriva il superbollo per i Suv


E' ufficiale: dopo tante indiscrezioni il Governo ha confermato la rivoluzione sul sistema fiscale dell'auto. Cioè incentivi all'acquisto per le auto nuove e stangata su quelle che inquinano di più e sui Suv. Nel dettaglio, secondo quanto ha spiegato il vicepresidente dei Verdi al senato, Natale Ripamonti, al termine dell'incontro con il viceministro all'Economia Vincenzo Visco, sulle nuove auto omologate Euro 4 (cioé tutte quelle in vendita visto che per legge le Euro3 non si possono più immatricolare), non si pagherà il bollo per cinque anni, mentre per i Suv ci sarà una "consistente" (ma non si ancora quanto consistente) sovrattassa che sarà modulata a seconda delle emissioni inquinanti e della cilindrata. Vedremo. Per certo si sa che le novità sono tutte nel pacchetto fiscale contenuto nella finanziaria e quindi andranno in vigore a partire dal prossimo gennaio.
Rimane però il problema di sempre: come si riconosce un Suv? E come distinguerlo da berline che hanno stessi ingombri e motori? Dalle prime indiscrezioni non sembra che il ministero farà ricorso al complicato sistema di misure di cerchi e gomme come fa Firenze per tenere i 4x4 fuori dal centro storico (che infatti fa scappare dalla "rete" macchine come Volvo XC90 o Porsche Cayenne). Si sta lavorando invece ad un vero e proprio elenco, con marca e modello dei Suv da colpire. Il contenzioso in questo caso sarà enorme, ed è facile capire perché... Nel frattempo, a proposito di fiscalità e auto, in attesa di chiarimenti da parte del governo sulle coperture, la commissione bilancio del senato ha rinviato a martedì prossimo in parere sul decreto legge in tema di rimborsi iva sulle auto aziendali. Ci sono infatti riserve sull'applicazione della detrazione Iva anche alle operazioni di acquisto o alle importazioni degli autoveicoli e motoveicoli avvenute dopo il 13 settembre 2006. E sulla possibilità di richiesta di rimborso per gli anni pregressi anche da parte di soggetti che hanno aderito alle sanatorie fiscali. (Repubblica.it)

Finanziaria: «Una manovra da 30 miliardi» Esenzioni, tasse e aliquote: le novità in arrivo


Dagli sgravi fiscali per un'ampia fascia di contribuenti alla supertassa per i Suv, dall'innalzamento dell'aliquota sulle rendite finanziarie al taglio del cuneo fiscale. «La finanziaria 2007 sarà di 30 miliardi» ha confermato il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. L'iter, dopo il via libera del Consiglio dei ministri, partirà già la prossima settimana con l'esame da parte della commissione Bilancio di Montecitorio. La manovra approderà in aula da lunedì 16 ottobre con l'inizio della discussione generale. Ecco, nel dettaglio, quali saranno le novità: -

TAGLIO DEL CUNEO FISCALE, MA IN 2 TEMPI
. L'abbattimento di
5 punti potrebbe avvenire in due tempi per diluire nel 2007 l'onere di 9 miliardi di euro. I benefici sono legati al lavoro a tempo indeterminato. Previsto uno sconto Irap maggiore per le aziende del Sud. Il 60% del taglio riguarda le imprese, il 40% i lavoratori. -

SALE LA NO TAX AREA
. È il limite di reddito sotto il quale non si pagano le tasse. Da 7.500 a 8.000 euro per i lavoratori e da 7.000 a 7.500 euro per i pensionati.
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TORNA L'IRPEF AL 43% SOPRA I 70.000 EURO
. Si fa marcia
indietro rispetto al secondo modulo della riforma Tremonti e i redditi sopra i 70.000 euro pagheranno le tasse con l'aliquota al 43%, come avviene ora per quelli sopra i 100.000 euro. -

TORNANO DETRAZIONI E SCONTI SOTTO 40.000 EURO
. Si torna al
vecchio regime degli sconti fiscali che erano stati sostituiti dal precedente governo con le deduzioni, ovvero abbattimenti dell'imponibile fiscale. L'effetto sarà quello di una minore tassazione sotto i 40.000 euro. -

TASSAZIONE RENDITE AL 20%. Viene così unificata l'aliquota che variava dal 12,5% dei Bot al 27% dei conti correnti. Il governo si attenderebbe da questa misura un gettito di 2,5 miliardi di euro. Da questa armonizzazione della tassazione potrebbero restate fuori i nuovi bond-infrastrutture
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PENSIONI, STOP 1 FINESTRA PER L'ANZIANITÀ. Ci sarà una rimodulazione dei tempi e tutti gli aventi diritto il prossimo anno andranno in pensione leggermente più tardi, con tre sole uscite annue.
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PENSIONI D'ORO, PRELIEVO 3%
. Sarebbe previsto solo per i trattamenti pensionistici più alti.
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AUMENTO CONTRIBUTI
. Riguarderà sia i lavoratori autonomi che i parasubordinati. L'incremento sarà spalmato in 2 anni.
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ANTICIPO RIFORMA TFR AL 2007
. La misura è ancora incerta ma prevede il decollo della previdenza complementare utilizzando il Tfer. La parte che rimane inutilizzata sarà attribuita in quota parte ad un fondo gestito dall'Inps


- CREDITO IMPOSTA PER SUD. Torna il bonus automatico per le imprese del Mezzogiorno che assumono o fanno investimenti. -

PER MEZZOGIORNO ANCHE ZONE FRANCHE
. Saranno individuate delle aree nelle città del Sud nelle quali sarà possibile avviare nuove piccole attività imprenditoriali, come è già stato fatto in Francia, con importanti sgravi fiscali e contributivi.
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RISORSE DEL PONTE PER IL SUD
- Le risorse destinate alla costruzione del Ponte di Messina saranno utilizzate per le infrastrutture del mezzogiorno. Lo avrebbe assicurato il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, alle parti sociali ed enti locali.
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TAGLI A ENTI LOCALI, MA PIÙ TASSE
. Ancora non è stata data una cifra ma si attende risparmi da questo fronte nell'ordine dei 4-5 miliardi di euro. Ma per le autonomie locali in arrivo lo sblocco delle addizionali. In particolare i Comuni avranno anche la compartecipazione al gettito dell'Irpef nazionale, la tassa di scopo, la devoluzione del catasto da
febbraio 2007. -

FAMIGLIA, PIÙ ASSEGNI E BONUS FIGLI PICCOLI
. Saranno potenziati per i redditi medio-bassi gli assegni familiari. Probabile anche l'arrivo di un bonus di 2.500 euro destinato però solo alle famiglie con figli da 0 a 3 anni.
- SALTA REINTRODUZIONE TASSA SUCCESSIONE. La misura, che doveva riguardare i grandi patrimoni, era stata annunciata nei giorni passati da esponenti del governo, ma forse l'esiguità del gettito - appena 200 milioni di euro - ha fatto rivedere nell'ultima fase della definizione questa decisione. - STUDI SETTORI, CONTROLLI PIÙ SERRATI. Verifiche ogni 3 anni dagli attuali 4. Possibile anche un innalzamento della platea dei soggetti dagli attuali 5,1 milioni di euro di fatturato a 7,5 milioni. - SUPERTASSA PER I SUV. Mentre non pagherà il bollo per 5 anni chi acquista dal primo gennaio un'auto 'Euro4'. - DA LOTTA A EVASIONE 4 MLD. Previste una serie di misure tipo quelle adottate già con la manovra di luglio. - TICKET SU CODICE BIANCO PRONTO SOCCORSO. Se la prestazione non ha il carattere dell'urgenza si paga. Verso un aumento dei ticket sulla diagnostica e sulle prestazioni specialistiche dagli attuali 36 euro a 40-41 euro. Salterebbe invece il ticket sul day hospital che invece era stato ipotizzato in un primo momento. - PUBBLICO IMPIEGO, SEMI-BLOCCO DEL TURN-OVER. Verrà assunto un lavoratore ogni 4 o 5 uscite. Ancora non chiaro, invece, l'ammontare delle risorse che verranno indicate per il rinnovo dei contratti. L'ultima offerta del governo è di 1,2 miliardi di euro contro una richiesta dei sindacati di 3,7 ,miliardi. - DA SANITÀ RISPARMI 3 MLD. Questa l'intesa raggiunta tra il governo e le Regioni. Confermata la misura già vigente di aumenti delle tasse per quelle Regioni che sforano i tetti di spesa. - MISURE CONTRO FRODI IN SANITÀ. Dovrebbero essere più pesanti le sanzioni per gli operatori sanitari che truffano il servizio sanitario nazionale. - CASA, VERSO POLIZZA ANTICALAMITÀ. È l'assicurazione obbligatoria per coprire i privati dai danni dovuti a calamità naturali. Ma non è scontato un successo della norma, proposta in tutte le ultime Finanziarie e sempre cancellata nell'iter parlamentare. - CASERME E FARI IN CONCESSIONE A PRIVATI. Niente cartolarizzazioni né vendite ma concessioni lunghe, fino a 50 anni. - GIRO DI VITE SU SPESE P.A. Tra le misure previste: il taglio del 10% dei dirigenti dei ministeri; la diminuzione del 6% dei consumi; l'istituzione di uffici unici sul territorio che accorpino sedi periferiche sparse; soppressione delle direzioni provinciali del Tesoro e della Ragioneria; risparmi anche su carta e stampati; tetto per consulenze, missioni e outsourcing. - BONUS SU PANNELLI SOLARI E ROTTAMAZIONE CALDAIE. Sono alcuni dei provvedimenti in favore dell'ambiente che potrebbero trovare spazio nella manovra, insieme a dei riferimenti concreti rispetto al protocollo di Kyoto. - ENTI INUTILI CHIUDERANNO I BATTENTI. Si conta così di risparmiare 900 milioni di euro. - LAVORO, SGRAVI CONTRO PRECARIATO. Potrebbero trovare spazio anche incentivi alle imprese che assumono a tempo indeterminato o che trasformano contratti a termine in occupazione stabile. - MINISTRI PARLAMENTARI, TAGLIO INDENNITÀ. La diminuzione dovrebbe essere intorno al 20-25% per coloro che sono titolari di dicasteri e allo stesso tempo deputati o senatori. - STOP VENDITA ALCOL AI MINORI. La misura avrebbe preso le mosse dai dati di diffusione dell'alcol tra gli adolescenti con finalità di prevenzione
(www.corriere.it)

26.9.06

Ferrero: «Aliquota al 45% per i redditi alti»


Paolo Ferrero ha chiesto che a pagare il rigore della manovra 2007 siano i redditi più alti, le grandi rendite ed i grandi patrimoni. «Penso che sopra i 70.000 euro si debba tornare all'aliquota del 45% perché, se si vuole rientrare seriamente, bisogna fare così. Non penso che si possa risolvere con il taglio degli insegnanti di sostegno nelle scuole o con i ticket sanitario a tutti», ha detto il ministro per la solidarietà sociale di Rifondazione - a margine di un convegno sull'immigrazione. L'esponente di governo ha poi aggiunto: «Si è voluto tenere la manovra a 30 miliardi e non si accolta la richiesta di Rifondazione di farla più bassa o di spalmarla su un biennio. A questo punto chiediamo che il rigore lo paghino quelli che non l'hanno mai pagato in questi anni. Dovrà essere per forza di cose una manovra che va a prendere le risorse dalle grandi rendite, dai grandi patrimoni, dai redditi più alti. E quelli che invocano il rigore facciano il favore di pagarselo perché, certo, non possono pagarlo i lavoratori ed i pensionati».

LE MODIFICHE DEL GOVERNO BERLUSCONI - Il secondo modulo della riforma fiscale attuato dal governo Berlusconi nel 2004 ha portato al 39% l'aliquota per i redditi sopra i 70.000 euro dal 45% precedente, ed al 43% sopra i 100.000 euro.

INCONTRO PRODI, PADOA SCHIOPPA E MONTEZEMOLO - Il premier Romano Prodi ed il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa hanno ricevuto, di buon mattino a Palazzo Chigi, il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. All'incontro, secondo quanto si è appreso, erano presenti anche il direttore generale di Confindustria Maurizio Beretta ed il viceministro Vincenzo Visco. Tema dell'incontro, secondo quanto riferito da fonti governative, la Finanziaria che l'esecutivo varerà venerdì prossimo. (www.corriere.it)

25.9.06

La fiction su Falcone andrà in onda

La mini-serie della Rai su Falcone. Il giudice ucciso dalla mafia è interpretato da Massimo Dapporto, nella foto



La fiction «Giovanni Falcone» andrà regolarmente in onda su Raiuno domenica 1 ottobre e lunedì 2 ottobre: il giudice del tribunale di Roma ha infatti respinto la domanda cautelare di sospensione della messa in onda che era stata avanzata da Vincenzo Geraci, magistrato che aveva ravvisato nel personaggio che interpreta il magistrato colluso con la mafia la propria figura, ed aveva quindi chiesto di fermare il programma. Nella fiction il magistrato colluso è Rosario Lo Monaco, figura inventata, ed indicata come antagonista di Falcone.


A dare notizia del «no» del tribunale di Roma a Geraci è stato il direttore di Rai Fiction, Agostino Saccà, mentre era in corso la conferenza stampa di presentazione del programma. «Mi pare - ha detto Saccà - che la straordinaria verità del nostro racconto ha avuto una ulteriore conferma». In precedenza lo stesso Saccà, in attesa di avere notizie dal tribunale, aveva auspicato che il ricorso venisse respinto perché diversamente «Falcone rischierebbe di essere ucciso una seconda volta».

Ferrara al veleno: «Santoro mi fa dormire»

Non posso dare un giudizio sulla nuova trasmissione di Santoro, perché dopo dieci minuti mi sono addormentato...». È caustico Giuliano Ferrara, direttore de «Il Foglio» e conduttore di «Otto e mezzo», nel commentare la nuova trasmissione di Michele Santoro, tornato in tv dopo quattro anni con la sua «Anno Zero».

IRONIE E ATTACCHI - Durante la conferenza stampa di presentazione della sesta stagione di «Otto e mezzo» su La7, Ferrara ha ironizzato sulla giovane conduttrice scelta da Santoro, Beatrice Borromeo, «una che dice di andare a Napoli solo per turismo e poi vuole spiegarci le pieghe più nascoste della città», e sul nuovo look dell'ideatore di «Samarcanda»: «Non escludo di presentarmi anche io con una parrucca rosa in trasmissione, sono molto competitivo». «Una trasmissione - ha ribadito Ferrara - ha il dovere di eccitare lo spettatore, non di addormentarlo, mentre a me la Borromeo fa l'effetto della melatonina». (www.corriere.it)

24.9.06

Marche, bus gratis se sei antifascista


«Biglietto prego?». «No, vede, Benito Mussolini mi fa schifo». Sugli autobus delle Marche in questi giorni la percentuale di antifascisti è altissima. Passeggeri di tutte le età, uomini, donne, bambini, ragazzini delle medie. Tutti pronti a giurare, davanti al controllore, di aver sempre combattuto contro il fascismo e i suoi epigoni. Qualcuno vanta ascendenti partigiani, iscrizioni all'Anpi, intona un «Bella Ciao», improvvisa una memoria di guerra. Forse può bastare un insulto ad un vecchio missino, una copia del Manifesto sotto il braccio, una tessera di partito, una foto di Cossutta. Perché per la Regione Marche gli antifascisti sono come i sordomuti, i ciechi, gli invalidi, i mutilati di guerra, le donne incinte. Anche loro hanno diritto al viaggio gratis sull'autobus. Lo ha deciso lunedì scorso la giunta di centrosinistra guidata dal governatore Gian Mario Spacca (Margherita), stabilendo i nuovi criteri per le tariffe agevolate sui trasporti pubblici regionali e locali. Nella delibera si legge appunto che tra le categorie «aventi diritto alla libera circolazione» sui mezzi pubblici delle Marche ci sono «i perseguitati politici, antifascisti e razziali riconosciuti». Il problema è: riconosciuti come? Da che? Come si distingue un antifascista vero da un antifascista taroccato, un perseguitato razziale da un extracomunitario scroccone? La Regione non ne ha la minima idea. «Spetterà ai Comuni accertare i requisiti e fornire eventualmente il tesserino di esenzione all'utente», glissa un dirigente regionale. Gli antifascisti originali avranno così il patentino per viaggiare gratis sui bus, come gli invalidi sulla sedia a rotelle. Esentato dal biglietto anche chi si dichiari perseguitato per le proprie idee politiche o per la razza. Quindi, potenzialmente, chiunque potrà fare la fila agli sportelli comunali, delibera in mano, per diventare un militante partigiano, un dissidente, un martire dell'apartheid. Di un criterio di riconoscimento non c'è traccia nella delibera. Si potrà presentare chiunque e autocertificarsi come antifascista? Servono delle prove? Referenze? I marchigiani si stanno interrogando. Nel giro di nemmeno una settimana la Regione Marche si è accorta di averla fatta grossa. Tanto che ora cerca di rimediare sostenendo che non c'è niente di strano in tutto ciò, solo un polverone sollevato ad arte. Un comunicato stampa spiega che c'è stato un equivoco, la delibera è stata male interpretata dalla stampa locale, che ha costruito un caso sul nulla. Stesso concetto ripetuto al telefono dall'assessore ai trasporti Pietro Marcolini, tecnico di area Ds. «La verità è che gli antifascisti invece sono una categoria molto precisa. Si intende tutti coloro che sono stati condannati dai tribunali militari fascisti, sono stati mandati al confino o cacciati dall'insegnamento. E questi sono fatti certificati dalle prefetture e dagli albi comunali». Quindi una pattuglia ridottissima di ottuagenari superstiti della dittatura mussoliniana. Ma quanti ce ne saranno tra Ancona e Ascoli Piceno? Qualcuno la spiega in un altro modo. Pochi mesi fa la Regione ha aumentato il prezzo dei biglietti del 25 per cento. E ad ottobre aveva già alzato la tariffa dell'8 per cento. Provvedimenti poco popolari a cui si doveva rimediare con una mossa ad effetto. Esentare ultrasessantacinquenni, donne gravide, disoccupati, antifascisti, profughi e minoranze varie dev'essere sembrata la cura giusta per ricucire lo strappo. Ora però gli toccherà attivare anche quel master regionale sulla Resistenza per controllori di bus, e smascherare i «portoghesi» marchigiani travestiti da liberatori della Patria. (www.ilgiornale.it)

Berlusconi: «Pronti a scendere in piazza»

Silvio Berlusconi «ricompare» in pubblico dopo un periodo di relativo silenzio e lo fa lanciando strali contro la maggioranza di governo. L'ex premier, a Napoli per la prima festa azzurra, si dice certo che la coalizione guidata da Romano Prodi non arriverà a fine legislatura e che nuove elezioni, sondaggi alla mano, sanciranno la vittoria della Casa delle Libertà e il suo personale ritorno a Palazzo Chigi. «Credo che imploderanno - ha detto Berlusconi -, le loro contraddizioni sono così forti che ho fiducia che non arriveranno al termine della legislatura e avremo presto l'occasione di nuove elezioni, il che vorrà dire vittoria della libertà». Secondo il leader di Forza Italia, la Casa delle Libertà «ha effettuato il sorpasso ed è sopra di sei punti alla rissosa coalizione di sinistra».
TENUTA DELLA CDL - Un'occasione non solo politica, quella di Napoli, ma anche di incontro con la città. Berlusconi infatti ha consegnato la medaglia della «Buona stella» ad alcuni cittadini che si sono distinti per il loro impegno morale e professionale e ha annunciato la consegna di 100mila euro ai ragazzi del quartiere di Scampia per consentire loro di avere una sede e comprare strumenti musicali. Tornando ai temi della politica, Berlusconi ha detto di non avere «nessun timore sull'unità della Cdl e sul suo futuro». «Ci sono dialettiche in corso - ha ammesso -, ma le supereremo». Berlusconi ha parlato dell'esistenza di «un popolo unico del centrodestra, è il grande partito del popolo europeo». «Stanno nascendo - ha aggiunto - nuove voglie di democrazia e di libertà. C'è un gruppo di uomini di cultura che sta preparando un testo per tutti gli elettori che votano per noi, per gli amici di An, per la Lega, per l'Udc di Casini».
IN PIAZZA - «Questo governo è pericoloso per l’Italia - ha tuonato ancora Berlusconi alla platea di giovani napoletani -. Ci opporremo in Parlamento e fuori, in maniera democratica e se sarà necessario riempiremo anche le piazze». A Prodi promette opposizione dura e nessuno sconto. Prevede che «sarà la Finanziaria stessa a darci modo di protestare contro questo governo all’interno del quale esistono forze che si dicono orgogliosamente comuniste e che lanciano diktat anche alle forze moderate come la Margherita che, pur di restare al potere, è costretta ad accettare». Nella coalizione «del male» Berlusconi annovera poi «Di Pietro e il suo giustizialismo, il Prc e il Pdci che ancora manifestano ostilità alla proprietà privata e vogliono uno Stato burocrate».
VITTORIE - Non è mancato un riferimento calcistico nelle parole dell'ex presidente del Consiglio. «Non sono un grande esperto di calcio, ma il presidente che nella storia del calcio internazionale ha vinto di più» ha detto. Il presidente rossonero ha premiato con la medaglia della «Buona stella» il massaggiatore del Napoli Salvatore Carmando, con il quale ha ricordato un episodio risalente al campionato 1990, vinto dal Napoli. Gli azzurri vinsero la partita a tavolino perché una monetina colpì il brasiliano Alemao. «Mi ha fregato uno scudetto» ha scherzato Berlusconi, «accusando» Carmando di aver indotto il giocatore a non proseguire la partita. (www.corriere.it)

23.9.06

Come può crescere il nostro PIL se i politici acquistano auto straniere ???? (..con soldi pubblici!)

Vergogna !!!

come facciamo a far crescere l'economia italina se vengono usate vetture straniere dallo Stato centrale e da chi ci rappresenta? Le ammiraglie italiane non hanno NULLA da invidiare alle tedesche BMW, Audi e Mercedes.
Vedi Lancia Thesis e Alfa 166...





































































Un Ministro della Repubblica non ha certo bisogno di una super ammiraglia....auto di quella fascia di mercato le tiene la presidenza del consiglio del Ministri e la Presidenza della Repubblica (infatti essi hanno una maserati Quattoporte del valore di oltre 500mila euro) ...ma chi si crede di essere MASTELLA ??????






E la Lega pizzica il Guardasigilli sull’auto blindata e sulla scorta


Botta e risposta tra Lega e Udeur sulle auto in dotazione al ministro della Giustizia. Il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni attacca il ministro della Giustizia Clemente Mastella perché usa un'auto bavarese di grossa cilindrata, targata Monaco. «Non dico che doveva avere un'auto italiana - ironizza - ma almeno la targa... Forse sta già pensando alla Grosse Koalition». Alla battuta replica il presidente dei deputati Udeur Mauro Fabris: «Il ministro sta solo aspettando l'immatricolazione della vettura che gli è stata offerta in comodato gratuito da una casa tedesca». Nei giorni scorsi il Giornale ha però scoperto che l'auto blindata è stata acquistata dal Guardasigilli per 270mila euro. Aggiunge Fabris: si tratta «delle stesse attese burocratiche che deve aver avuto Castelli che girava anche lui con targa tedesca e pensava, lui sì, a qualcosa di “grosse” visto che per auto di servizio aveva preso un grosso Suv blindato (una Bmw X5)» L'ex ministro della giustizia Castelli chiamato in causa interviene nella querelle: «Il costo del Suv è presto detto: zero. Perché quando sono diventato ministro, il Suv blindato era già in dotazione al ministero della Giustizia. Fabris è stato male informato. I maligni si dividono in due categorie: quelli intelligenti e quelli maldestri. E solo un maldestro può scegliersi un delatore poco informato». «Ricordo inoltre - precisa il senatore della Lega - che mi fu proposto l'acquisto di un'auto nuova e più prestigiosa. La provai per un giorno, ma poiché costava troppo, non l'ho acquistata. Forse certe notizie falsate nascono per coprire i gravi problemi di spese che affliggono attualmente il ministero di via Arenula. Io, per esempio, giravo con due auto di scorta, mentre il ministro Mastella - conclude Castelli - ne ha tre». (www.ilgiornale.it)

Per Mastella auto blindata da 270mila euro

....e io pago........


Prima la Thesis, poi la Bmw 320. Ma Clemente Mastella da Ceppaloni non si sente sicuro, che volete farci? E quella lì è piccola, e quell'altra va troppo piano, quella poi non supererebbe certo un attentato aria-terra di qualche organizzazione terroristica magari internazionale. E così cambia, ricambia e cambia ancora. Accontentare il Guardasigilli è stato un cruccio che ha assillato i piani alti del ministero. Un grattacapo durato mesi. Da inizio legislatura sino ad oggi. Ora però sembra prossimo alla conclusione. Incontri riservati, trattative ed ecco che salta fuori il super-mezzo chiamamolo «idoneo» per trasportare il signor super ministro o, meglio, soddisfare le sue esigenze. Voilà la Bmw serie 7, blindatura B8, la più pesante. Il costo certo è da favola, qualcosa come 270mila euro ma, si sa, comodità e sicurezza prima di tutto.
La storia dell'auto blindata da 270mila euro a qualcuno però non è andata giù. E anche se l'acquisto non è stato ancora formalizzato, la notizia ha così dato fiato al tam tam nazionale tra magistrati perplessi in tribunali squattrinati. Toghe che arrancano tra tagli spese, precari, assenza di fondi per carta igienica e fotocopiatrici, con periti non pagati da maggio e traduttori pronti allo sciopero. Non che 270mila euro spostino gran che nel bilancio del ministero - il taglio delle auto blu non ha mai risolto nulla - ma un bell'esempio certo non guasterebbe. Una critica rivolta soprattutto da chi in Sicilia marcia su Fiat Croma ormai sgangherate con 180mila chilometri segnati e qualche volta deve pure pagarsi la benzina di tasca propria. Per non dire, ricordano al ministero, che il predecessore Roberto Castelli girava su una Lancia K senza tanti problemi. E quando gli arrivò sulla scrivania la proposta di acquisto di due Bmw serie7 la rimandò indietro per evitare critiche e polemiche. Chissà ora se Clemente Mastella saprà resistere, lui che all'auto blu ha sempre detto di non volerci rinunciare. Anche a Ceppaloni sono rimasti senza parole. Che il caro carissimo compaesano Clemente voglia prendersi una berlina è scontato, da super ministro della giustizia. Che sia blindata è comprensibile. Ma se vai a parlare di Bmw serie 7 con blindatura B8 e conseguente prezzo da 270mila euro, sbiancano in molti. Nemmeno chi di auto ci campa, come i proprietari degli autosaloni, sa bene di cosa si tratti. Che volete farci, nel paese di Mastella si vendono piccole utilitarie, comode per le viuzze del centro, qualche fuoristrada per i campi. Mica le berline da corteo blindato con i lampeggianti della capitale. Basta andare in contrada Tre Santi dove Enrico Cavauto ha il suo negozio. Concessionario di Skoda e Kia, auto che porti a casa con 9 mila euro, promozioni e sconti esclusi. «Se volete una berlina - ride - avete sbagliato paese. Dovete rivolgervi a Benevento e magari nemmeno lì trovate quel che cercate. Meglio fuori provincia, a Napoli. Anche perchè qui di auto da favola non ne circolano». gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

"Ecco che significa essere di destra"



Voglio essere e non sembrare. Lo hanno scritto dappertutto. Così hanno voluto chiamare i quattro giorni dedicati al loro decennale. Eccoli i giovani di An in festa. La decima per la precisione, organizzata a Roma. Dieci anni "in azione" come dicono loro. Che, però, hanno dovuto subito incassare la prima polemica per quell'uno che assomiglia moltissimo ad un fascio littorio. Accusa respinta al mittente da Giorgia Meloni, romana della Garbatella, attuale vicepresidente della Camera: "Nessun intento revanchista è solo una scelta grafica". E, in effetti, a girare tra gli stand della festa di richiami, diretti, al ventennio praticamente non se ne trovano. In libreria, accanto ai più tradizionali Nietzsche e Junger, spuntano i testi dei pensatori della destra come Marcello Veneziani, Marco Tarchi e Giano Accame. Ed ancora libri sulle radici cristiane e sul fondamentalismo islamico. Poi, a sorpresa, "Tre metri sopra il cielo" il best seller che racconta le peripezione sentimentali degli adoloscenti romani scritti di Federico Moccia. Ed ancora magliette che giocano sulle suggestioni del Risiko con le armate nere che hanno come obiettivo la distruzione di quelle rosse. Ma chi sono i giovani di destra, oggi? Oggi che li vedi invitare e applaudire il comunista Fausto Bertinotti? Ora che le uniche e visibili concessioni al passato, almeno in questa festa, sono un paio di spille con la faccia del Duce sulla spalla di due giovanissimi con la testa rasata? "Essere di destra prescinde dall'appartenza ad un partito. Un giovane di destra è un mix di militanza, ribellione, solidarismo e amor patrio" spiega Alessandro Amorese componente dell'esecutivo nazionale. Già la patria. Che da queste parti ha la faccia di Fabrizio Quattrocchi, rapito e ucciso in Iraq. "Perché la patria non è solo l'Italia o l'Europa ma è dove si combatte per la mia idea" continua Amorese.
Sui video scorrono le immagini del video che accompagna la festa. Ci sono quelli che "sono" e quelli che "sembrano". Tra i primi papa Wojtyla, il giudice Borsellino, Gandhi, la Nazionale di calcio, Letizia Moratti, i militari italiani, gli ungheresi che si opposero all'invasione russa nel 1956. Quelli che "sembrano" sono uno schieramento che va dalle Coop all'attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, nel '56, non condannò i fatti di Ungheria. Senza dimenticare la deputata di Rc Vladimir Luxuria che "sembra " donna ma, dicono, non lo è. Essere non sembrare è lo slogan della festa. Che ha scelto come icona Atreju, il ragazzino che nella "Storia infinita" deve salvare il regno di Fantasia dall'avanzata del Nulla. E il Nulla, per i giovani di An, è tutto quello che non si richiama all'identità. Già, quella che fa dire a tutti quelli con cui parli: "Se sono tante cose non sono nulla. Senza radici sono nulla". (www.repubblica.it)

Berlusconi non compra e De Benedetti ci prova


“Non c’è, e non c’è mai stato nessun interesse da parte di Mediaset su Telecom” e, di seguito, Silvio Berlusconi ha aggiunto: “Sarebbe un bell’affare con 40 miliardi di debiti…”. Con queste poche parole il Cavaliere ha chiuso con il polverone di voci che lo dava pronto ad acquistare Tim. Se avesse comperato la rete mobile si sarebbe trovato di fronte alla “conditio sine qua non“ di lasciare la politica attiva e, quindi, di non giocarsi più la carta della candidatura alla presidenza del Consiglio, facendo, così, la felicità di Pierferdinando Casini e di Marco Follini, oltre a quella degli avversari dello schieramento di maggioranza guidato da Romano Prodi. Scherzi a parte, Berlusconi si sarebbe trovato di fronte a un bivio: da una parte, il Cavaliere bianco salvatore di Telecom Italia, con l’acquisto di Tim, e proprietario di un colosso tlc e Tv; dall’altro, il leader politico del centrodestra, convinto di non uscire dalla politica e di continuare la propria battaglia per far ritorno a Palazzo Chigi. Come mai organi di stampa seri e bene informati, come Il Sole 24 ore, hanno ricamato sul fatto che l’ex presidente del Consiglio era pronto a comprare Tim? Per caso era per distrarre l’opinione pubblica dal vero acquirente o cordata di compratori che sta manovrando dietro le quinte? Una cosa è certa, il gruppo editoriale “Repubblica&Espresso” ha bombardato di continuo e in mille modi Telecom e Pirelli. Se dovessimo dire la nostra, De Benedetti è più interessato di Berlusconi a comprare l’azienda telefonica. Le prime avvisaglie sono state gli articoli di Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo sullo scandalo delle intercettazioni telefoniche.

Alla luce dei fatti, i due giornalisti hanno avuto ragione da vendere nell’aver denunciato la vicenda che coinvolge la security Pirelli e Telecom. Ma come mai adesso, proprio nel momento in cui Marco Tronchetti Provera ha deciso la ristrutturazione societaria? Tornando alla famiglia De Benedetti, Marco figlio dell’Ingegnere, già amministratore delegato di Tim, sarebbe fortemente interessato attraverso la gestione del fondo Carlyle a comprare la sua ex azienda. Il fondo a stelle e strisce è, tra l’altro, leader di una cordata di cui farebbero parte anche Blackstone e Permira, entrambe interessate come Carlyle a Tim. Ma dire che è il solo gruppo interessato, faremmo torto agli altri che stanno studiando i dossier di Tim, tra questi Mario Resca, il manager al vertice di McDonald’s Italia. Si dice anche che dietro ai fondi Templeton Internazionale e Blackstrone ci sarebbe Resca, il quale, però, ha smentito, senza escludere che ci siano parti interessate eterogenee e di diversi Paesi. “Ci sono - ha confessato - fondi di private equity americani, inglesi e anche del sud-est asiatico. E anche gruppi industriali”. Lo strumento che userebbe il manager per acquisire Tim sarebbero i bond, così il gruppo acquirente non sborserebbe un euro. “Praticamente, - scrive Il Sole 24 ore - si pagherebbe da sola mettendo sull’altro piatto della bilancia i 41 miliardi di bond del gruppo”. In Italia, quando si parla di bond vengono in mente gli scandali Cirio e Parmalat e l’Argentina. E finiamola qui.

E’ vero che i fondi di private equity sono zeppi di soldi, ma non possono spenderli per l’operazione che si aggirerebbe all’incirca sui 35 miliardi di euro. Intanto, per via dell’indebitamento di Telecom si dovrà procedere a una inderogabile ristrutturazione. Del caso non poteva non interessarsi la Goldman Sachs secondo cui “la situazione è potenzialmente volatile, dato che non è chiaro come si possa conciliare la volontà del Governo con la necessità di Olimpia di spingere il valore del titolo più in alto possibile tramite cessioni di attività”. Mentre banchieri, investitori e analisti della City (di Londra), che danno per scontato che Marco Tronchetti Provera deve procedere allo scorporo e alla cessione di Tim, non sono convinti che possa essere una cordata italiana la possibile acquirente. D’altro lato, nemmeno gli ex monopolisti tlc europei, possono fare il passo più lungo della propria gamba, dato che non versano in uno stato di salute finanziario buono. Dalla France Telecom alla Deutsche Telekom, esclusa la British Telekom in ottima forma, per via di una privatizzazione lunga, ma senza sbavature, voluta e fatta da Margaret Thatcher. Al contrario di quella fatta in Italia con una fretta del diavolo, perché il primo governo Prodi doveva far cassa. A onor del vero, ci fu lo zampino, anzi lo zampone di Bruxelles che, grazie al contributo sciagurato del commissario Van Miert, fece nascere malamente la privatizzazione.

Inoltre i mercati internazionali sono, come dire, nervosi di fronte a un’azienda privata di cui il governo Prodi vorrebbe salvaguardare l’italianità. Che fine ha fatto la Cassa depositi e prestiti che era la bandiera dell’italianità? Il presidente Ribecchini nega di aver mai avuto un dossier Telecom Italia tra le mani. Ed esclude che l’ente pubblico sia stato coinvolto direttamente o indirettamente in alcuna operazione di finanziamento e/o di entrata nel capitale di Olimpia, la holding di Telecom. Ma non nega la possibilità, se nel caso la Cdp venisse tirata in ballo, di impegnarsi in prima persona affinché l’ente assolva nel miglior dei modi la propria parte, come, del resto, farebbe ogni altro operatore finanziario. Intanto, la Cassa ha annunciato il proprio ingresso nel fondo europeo di private equity Galaxy con un investimento di 100 milioni di euro. Il problema di fondo che è nato con l’affaire Telecom è il seguente: lo Stato ha il dovere di intervenire, dato che è in gioco la sorte della più grande azienda tlc italiana, oppure deve lasciar fare al mercato, come puntualizzano gli economisti liberisti. Questo è il problema. Pensarci appena un po’, il cervello scoppia. (opionione.it)

22.9.06

Berlusconi: non voglio Telecom


Dice che in realtà non ha nulla da dire: «Veramente ragazzi, non ho nulla di particolare da raccontarvi, potete accompagnarmi a fare acquisti, quello che volete (anche se è meglio che restiate fuori dai negozi), ma non c’è niente di speciale da dichiarare. Prodi? Peggio di così, che volete che vi dica, si stanno avverando tutte le cose che avevamo visto in campagna elettorale ».
Poi aggiunge le ragioni della reticenza: «Io credo che questo governo cadrà per implosione interna, quando esploderanno le contraddizioni che si porta dietro. Noi faremo un’opposizione seria, intransigente, manon saremo noi a farlo andare in crisi, lo faranno da soli».
Alle sei del pomeriggio, in via dei Coronari, Silvio Berlusconi ritrova gli antiquari che nel corso degli anni sono diventati amici. Interessati, perché il cliente è certamente speciale, mail clima non potrebbe essere più distante dall’ufficialità: i proprietari escono dai negozi per salutarlo; i passanti chiedono la foto, due signorine russe sono invitate a mandare lo scatto «al mio amico Putin», gli spagnoli ridono a crepapelle quando il Cavaliere con faccia seria chiede 35 euro per la foto.
L’ex premier passeggia, e fra un catalogo di statue antiche e l’ammirazione per alcuni quadri, parla di Telecom e di politica in modo distratto, come fossero cose molto distanti dai suoi pensieri. E’ in tuta, prende in giro un cronista molto alto dell’Apcom («qui siamo tutti bassotti, quelli come lei non sono molto graditi»), racconta una barzelletta. E se qualcuno ha pensato che le sue aziende possano essere veramente interessate a Telecom ha pensato male: «Non mi occupo del mio gruppo da 12 anni,ma posso dire che non c’è mai stato un interesse di Mediaset per Telecom». E a scanso di equivoci: «Sì, bell'affare, con 40 miliardi di debiti. Uno passa la vita a lavorare per cercare di essere senza debiti e poi...».
Appena tre ore prima era stato Fedele Confalonieri a spazzare via ogni dubbio: «Nessuno ai vertici Mediaset ha mai detto o espresso la volontà di entrare in Telecom. Piersilvio Berlusconi ha detto che non se ne parla neppure, sia per la telefonia fissa che per quella mobile. Quindi tutto questo polverone può fare solo l'interesse di qualcuno affinché Berlusconi torni a fare l'imprenditore e non il politico».
E il politico è sempre più convinto che valga la pena di attendere: «Lo vedete anche voi, la gente ha capito tutto; siamo sopra 5 punti rispetto al centrosinistra». E anche di fronte all’ipotesi che Tim finisca all’estero Berlusconi allarga le braccia: «Sono sempre stato per il libero mercato..». (www.corriere.it)

«Decreto per fermare l'ondata di ricatti»

Il premier Prodi (Liverani)

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha varato sull'onda dello scandalo Telecom un provvedimento sulle intercettazioni telefoniche. Un decreto legge immediato per fermare «l'ondata di ricatti» spiega Romano Prodi.
IL DECRETO - Le linee guida del testo le illustra il ministro dell'Interno Amato: «Le intercettazioni illegali non potranno essere utilizzate ai fini processuali e vanno distrutte». «Sarà reato - afferma Amato - anche detenere le intercettazioni illegali». Il premier partecipando a Vasto alla festa dell'Italia dei Valori va oltre: «Il decreto che abbiamo immaginato ha l'obiettivo di tentare che almeno il marcio non dilaghi». Prodi parla di un'intesa raggiunta con la Cdl e spiega che ci sono stati contatti anche «con i leader dell'opposizione». Ipotesi confermata dal ministro Mastella che a sua volta riferisce di contatti con il Csm, nella persona del vicepresidente Nicola Mancino. «Vogliamo che non parta quest'ondata di ricatti - aggiunge Prodi - perché allora l'attentato alla democrazia sarebbe ancora più forte e ancora più grave». Il presidente del Consiglio apre anche alla richiesta della Cdl di istituire una commissione d'inchiesta ad hoc, «purché - è la sua condizione - sia rapida».

L'ATTACCO ALL'AUTORITA' PER LA PRIVACY - Una «violazione dl diritto impressionante» così Prodi definisce il caso della rete illegale parallela all'azienda telefonica. «Quella che stamattina veniva adombrata da alcuni giornali, con liste dei nomi, è un industria parallela, una cosa di dimensioni enormi». «Mi chiedo - attacca Prodi - cosa abbia fatto l'Autorità per la privacy, o altre autorità del genere, e quali limiti gli siano stati imposti».

BERLUSCONI E LA VENDITA DI TIM - Rendere pubbliche le reti? «In Italia sarebbe complicato, anche se in altri Paesi succede. Ci sarebbe un problema tra controllore e controllati - osserva Prodi - Non ho mai preso in considerazione questa soluzione. Questo tipo di soluzione ha una sua logica, ma sarebbe complesso e difficile metterla in pratica», spiega il premier. Che spiega di non aver mai letto il «piano Rovati, nemmeno in Cina, anche perché avevo altro da fare»». «Per questo non posso dire nulla», aggiunge. Un interesse di Silvio Berlusconi su Tim? «Non c'è il problema Berlusconi o Bianchi o Rossi. È un problema di conflitto d'interessi, se non c'è il conflitto d'interessi...», puntualizza Prodi. Che torna poi sulla sua tormentata decisione di riferire alle Camere. «Non mi tiro mai indietro sulla sacralità del Parlamento» continua Prodi, precisando che la sua risposta "ma siamo matti" era riferita «ad una richiesta dei giornalisti per spiegare il piano Rovati», cosa che è «al di fuori del governo».

ULTIMATUM AGLI ALLEATI - Nell'intervento di Prodi c'è spazio anche per una digressione sugli alleati. Non tra le più tenere, va detto. «Io sono convinto che se non ce la faccio vado a casa, ma sono anche convinto che non vado mica a casa da solo». (www.corriere.it)

Montezemolo: «Fermiamo il dirigismo»


No, questo non è un Paese di capitalisti senza capitali: «Qui ci sono aziende piccole, medie, grandi che investono, rischiano, innovano, esportano. Che vivono di mercato ». E sì, certo che un rischio c'è, però in direzione opposta: «Nostalgie, tendenze, tentazioni dirigistiche». A tutti i livelli: «In ampie fette della maggioranza, dunque anche del governo, ma senza che ne sia esente l'opposizione. Al centro come in periferia: i pochi passi indietro fatti in passato dallo Stato sono più che compensati dal moltiplicarsi del neostatalismo municipale. C'erano 30 aziende municipalizzate in forma di Spa, dieci anni fa. Sono più di 800 oggi. E tutte a controllo pubblico. È una vera concorrenza sleale a danno delle imprese e dei consumatori con i soldi dei cittadini ».
Non è che la prenda larga, Luca Cordero di Montezemolo. È che è appena atterrato dal viaggio in Cina. E il fragore della guerra politica su Telecom, vissuta dal centro di una missione ultracruciale per il futuro dell'economia italiana, lo sente proprio per questo ancor più potenzialmente devastante: «Rischia di farci fare altri passi indietro nell'immagine e nella credibilità internazionale». Con un paradosso su tutti, che naturalmente non sfugge al presidente di Confindustria e della Fiat: protagonista in entrambi i casi — agli antipodi — quel Romano Prodi che accanto a Montezemolo da un lato si spendeva (come non aveva fatto in cinque anni Silvio Berlusconi) per promuovere il nostro Paese e le sue imprese nell'Impero di Mezzo, dall'altro non le mandava certo a dire nello scontro con Marco Tronchetti Provera. Contribuendo a riempire di questo, non dell'Italia in Cina, giornali e tg italiani e internazionali.
E ci risiamo con le due scuole di pensiero, avvocato Montezemolo. E con le accuse. Alla politica: ingerenze nella vita di aziende private. Ma anche ai «condottieri»: capitalismo, appunto, senza capitali.
«Torno da Nanchino, Shanghai, Canton, e ho davanti agli occhi quest' immagine: 700 imprenditori piccoli e medi che da una città all'altra hanno avuto 5 mila incontri faccia a faccia con possibili partner. Imprenditori, per inciso, partiti a loro spese. Imprenditori che investono, rischiano, firmano affari. Che reagiscono. E crescono. Emi fa piacere notare che proprio oggi (ieri, ndr) e proprio citando la Cina Mario Draghi ce ne dà atto. D'altra parte, chi se non l'impresa è il motore della ripresa economica in atto? ».
Questa di cui parla è voglia di intraprendere. Ma i capitali, poi? Davvero non ci sono? Davvero, come insiste l'accusa, soprattutto nelle grandi imprese il nostro è un capitalismo avaro? Omagari più propenso alla rendita che non al rischio?
«Starei molto attento a dirlo. Non c'è dubbio che dobbiamo evitare di andare verso una società, diciamo così, "patrimonializzata", una società in cui i figli preferiscono le rendite e gli immobili. Ma oggi chi investe e compete c'è. I capitali anche. Dopodiché potremmo parlare a lungo del ruolo delle banche rispetto alle piccole e medie imprese. Ma gli esempi ci sono. Mi spiace citare la Fiat, non voglio essere autoreferenziale, però è un caso emblematico: gli azionisti hanno fatto la loro parte, le banche altrettanto, il management si è confrontato sul mercato. Eovunque sia andata e vada così, ovunque prevalga la cultura del mercato, del competere, dell'investire, la reazione c'è e i risultati si vedono. Altrove...».
Altrove?
«Altrove, dove prevalgono altre logiche e qualcosa di più che ingerenza politica, c'è Alitalia».
Tranchant, presidente. Vede lo stesso rischio in Telecom?
«Vedo, intanto, che mentre noi imprenditori, accompagnati e aiutati da un presidente del Consiglio che per questo ringraziamo, in Cina firmavamo accordi e recuperavamo un gap enorme, qui e anche là alla fine si parlava solo di Telecom. È stata, è una brutta pagina».
Brutta quanto? E per chi, di più?
«Ho detto in tempi non sospetti che ci sono due macigni intollerabili per il futuro dell'economia italiana: il sommerso, arrivato ormai al 25%, e la presenza pubblica nell'economia. Non sento più parlare di privatizzazioni... ».
La interrompo: forse perché, come dice qualcuno citando proprio Telecom e Autostrade, sono fallite...
«Allora si cambino le regole. Ma non si possono mettere in discussione scelte strategiche fatte da tempo. Intanto, i pochi passi indietro dello Stato sono stati ampiamente recuperati, moltiplicati per mille, a livello locale. E oggi rischiamo di andare oltre. Dispiace constatarlo, mava detto forte: il pericolo di un tentativo dirigistico, all'interno della maggioranza, c'è. Ci preoccupa l'estraneità di ampi settori della sinistra, ma anche della destra visto che poi, in cinque anni, di liberalizzazioni non ne ha fatte, alla cultura del mercato. È un male della politica italiana. E non vorrei che allora, qui, si tornasse a un recente passato. Quello della Banca d'Italia e delle scalate di un anno fa».
Teme questo, nella guerra Telecom? Statalismo? Irizzazione?
«Il rischio di un'ingerenza dello Stato sì, si è sentito. Ricordiamolo chiaro: Telecom è una società privata e quotata in Borsa, e lo Stato è lautamente remunerato per le quote che ancora possiede. Il governo potrà non gradire lo scorporo tra rete fissa e telefonia mobile ma, a parte il fatto che sono scelte aziendali, avremmo avuto bisogno di silenzio e sobrietà. Senza la diffusione di conversazioni riservate e senza l'avvilente dibattito che ne è seguito. Dall' estero ho avuto ancora più netta la sensazione che per il Paese si sia trattato di un brutto passo indietro. E il gesto di responsabilità l'ha compiuto Tronchetti, con le proprie dimissioni, per sottrarre il gruppo a un conflitto che aveva già provocato effetti negativi. All'azienda e non solo. Per questo la sua decisione va apprezzata».
Le bordate sono arrivate da entrambe le parti. Però, se forse voi in Cina la vivevate in modo più attutito, a leggere certe dichiarazioni di Prodi da qui la sensazione di un attacco personale e diretto non l'ha avuta solo Tronchetti. E anche il «piano Rovati»...
«Usiamo un eufemismo? Diciamo che, quanto a sensazioni di ingerenza in una società privata, il piano certo non ha aiutato».
Pierluigi Bersani, per esempio, forse il ministro dell'Industria in assoluto più apprezzato da voi imprenditori, dice comunque: «Partiamo da questa vicenda per riformare il capitalismo italiano»".
«Non certo con più Stato nell'economia. Lo Stato non va fermato: va fatto indietreggiare. Anche, e lo ripeto ancora una volta, nelle tante piccole Iri comunali. Di tutti i colori politici. Dobbiamo attuare il principio di sussidiarietà in base al quale lo Stato deve assicurare solo ciò che i privati non possono fare».
La sua formula?
«Dobbiamo stare attenti ai tentativi velleitario-dirigistici. Se il Paese vuole crescere, dobbiamo favorire il mercato, riformare il welfare, combattere le mille corporazioni e le mille sclerosi del sistema. E i tanti interessi costituiti, anche sindacali. Abbiamo bisogno di più concorrenza e meritocrazia anche nella pubblica amministrazione e nell'università».
Pure Confindustria è una corporazione e una lobby, presidente.
«E ripeto quello che dico da anni: i primi a doversi rimboccare le maniche e ad assumersi responsabilità dobbiamo essere noi. Lo abbiamo fatto, lo facciamo. Investendo, innovando, rischiando e accettando la competizione. L'economia democratica è questa. Le aziende ne sono il pilastro, non un nemico. E devono sentirsi capite e ascoltate dalla politica».
Come chiede, con interessi a volte contrapposti, anche chi per le aziende lavora. E ovviamente i sindacati. Temete che il governo di centrosinistra sia, in quanto tale, più disposto ad ascoltare loro? «Il centrosinistra, come qualunque governo, deve confrontarsi con le regole e le tutele sociali e farle rispettare. Ma mai con regole che impediscano al mercato di prosperare e crescere. Per il bene del Paese, non di Confindustria ». (www.corriere.it)

Berlusconi colpisce di rimessa: «Il governo si affonderà da solo»


Passeggia per via dei Coronari, Silvio Berlusconi. E tra un negozio d'antiquariato e l'altro prova a lungo a resistere alle insistenze dei cronisti. «Non fatemi parlare, perché oggi proprio non ne ho voglia», ripete più d'una volta il leader di Forza Italia, convinto ormai da qualche settimana che la strategia da seguire non sia affatto quella del muro contro muro. «Non certo per fare sconti al centrosinistra - ha ripetuto più d'una volta ai suoi - quanto perché ancora oggi l'antiberlusconismo resta l'unico vero collante del centrosinistra». Insomma, se il Cavaliere mettesse sotto assedio Romano Prodi sul caso Telecom o sulla Finanziaria non farebbe altro che ricompattare la maggioranza. Così, pure quando alla fine capitola davanti alle insistenze dei cronisti che lo seguono per le vie del centro di Roma, Berlusconi evita accuratamente di andare sopra le righe. E dribbla abilmente quando gli si chiede un commento sulla tardiva disponibilità del premier ad andare in Parlamento per riferire sul caso Telecom. «Vedo quello che vedono tutti. Stanno facendo tutto loro...», spiega evasivo. Crisi nel centrosinistra? «Il clima è cambiato e andando in giro - continua sulla via della cautela - c'è una grande preoccupazione su quanto ha fatto e annunciato di voler fare questo governo. Per quanto ci riguarda, faremo un'opposizione severa in Parlamento. Ma non per questo cadrà il governo». E ancora: «Il governo, eventualmente, cadrà per implosione interna».
La linea, dunque, è quella della prudenza. Ribadendo sì - ma non potrebbe essere altrimenti - che il centrodestra non concederà nulla sul piano parlamentare, ma senza mai alzare i toni o puntare l'indice contro Prodi. «Ogni mia parola in questo senso», spiegava qualche giorno fa, «non farebbe altro che dare una ragione alla sinistra per serrare le fila». Non è un caso che martedì scorso l'ufficio stampa di Forza Italia sia arrivato a smentire alcune agenzie di stampa che attribuivano al Cavaliere una generica quanto scontata «soddisfazione» per il voto di Palazzo Madama che aveva visto l'Unione andare sotto. Una precisazione che non è certo dipesa dal fatto che Berlusconi non fosse contento del risultato ottenuto al Senato, quanto dalla nuova linea di condotta scelta dall'ex premier. Così, a spasso per via dei Coronari in cerca di una statua per il giardino di Villa La Certosa, sul centrosinistra il Cavaliere si limita a ribadire concetti ripetuti più volte. «Peggio di così - dice - non potrebbero fare. Eppoi hanno il problema dei partiti di centro che sono ostaggio della sinistra massimalista. Tutto quello che sta succedendo l'avevo ampiamente denunciato in campagna elettorale e puntualmente si sta verificando». E in questo senso ricorda le posizioni dei Verdi, per i quali «le opere pubbliche rappresentano un oltraggio alla natura».
Sul centrodestra Berlusconi resta ottimista. «Non sono affatto preoccupato per il futuro della coalizione», spiega. «Dei momenti di dialettica interna - dice - li abbiamo sempre avuti. Bossi è stato da me per tre giorni, non c'è assolutamente alcuna turbativa nei rapporti con la Lega. E per quanto riguarda gli altri ciò che ci unisce è talmente forte, chiaro e profondo che supereremo tutto». Pure nei confronti dell'Udc, dunque, nessuna polemica. E nonostante le molte critiche arrivate la scorsa settimana dalla festa della Vela a Fiuggi. «Se rispondo a Casini - spiegava ai suoi Berlusconi nei giorni scorsi - non faccio altro che dargli più spazio su giornali e televisioni». Invece, l'obiettivo resta quello di «tenere unita la Casa delle libertà» e lasciare che il dibattito politico si concentri sulle beghe interne alla maggioranza. Anche perché, assicura il Cavaliere, «gli ultimi sondaggi ci danno 5,7 punti di vantaggio sulla sinistra con Forza Italia al 28,1 per cento. (www.ilgiornale.it)

«Se mi tolgono una puntata, lascio la Rai»

Bruno Vespa

ROMA - Bruno Vespa non ci sta ad accettare l'ipotesi di una riduzione del numero di serate dedicate al suo «Porta a Porta», che secondo alcune indiscrezioni potrebbe passare da quattro a tre. E lo dice ad alta voce, fino a minacciare l'addio dalla tv pubblica.

ULTIMATUM - «Nella storia della Rai non si è mai visto un programma di successo che sia stato sanzionato proprio per questo» dice Vespa, presentando l'undicesima stagione di «Porta a Porta» che da lunedì torna in onda. «Ma non mi sento un perseguitato - spiega Vespa - perché i moderati come me non lo sono mai». «Comunque possono essere scelte editoriali che non condivido - prosegue il conduttore tornando sulla questione ipotizzata da membri del CdA di ridurre da quattro a tre puntate il suo talk show - ma che rispetterò. Da parte mia c'è fiducia nella direzione generale, spero di stare alla Rai per sempre, ma se la Rai dovessere stringere e rendere meno confortevole l'ambiente di lavoro, mi cercherò un altro posto». Vespa quindi conclude: «Nelle aziende chi ottiene buoni risultati viene premiato, a me vogliono togliere una serata».
(www.corriere.it)

21.9.06

FITTO (FI), PARTA DA PUGLIA PROGETTO SU PARTITO UNICO


La Puglia 'puo' essere certamente il territorio e ci impegneremo tutti insieme affinche' sia' il 'punto di partenza per il grande progetto di Silvio Berlusconi di costituzione del nuovo partito della liberta''. E' quanto afferma in una dichiarazione il parlamentare di Forza Italia, Raffaele Fitto.
'Ci fa piacere, in questo senso - continua l'ex governatore di Puglia - che il coordinatore regionale di Alleanza Nazionale, Adriana Poli Bortone, abbia raccolto l'appello che ieri il Presidente Berlusconi ha lanciato dalla Fiera del Levante di Bari a tutti i partiti del centrodestra, a tutte le liste vicine alla Cdl, a tutti coloro che, essendo moderati, liberali e democratici, non si riconoscono nel centrosinistra locale e nazionale. Ci uniamo, quindi, all'appello del Presidente Berlusconi e ringraziamo il coordinatore regionale di An, Poli Bortone, per averlo immediatamente accolto'.
'Siamo naturalmente pronti - conclude - a lavorare insieme e, in questo senso, rilanciamo la Puglia come laboratorio politico per porre le fondamenta di questo nuovo, grande soggetto politico'. (ANSA).

TELECOM GATE





Fini: «IL GELO con Casini? Siamo a fine estate.




Non può esserci gelo in questo periodo». Gianfranco Fini butta lì la battuta. Ma è una battuta rivelatrice. Che spiega per esempio come i rapporti interni alla Cdl segnano il bel tempo. E a rasserenare il clima c’hanno pensato soprattutto le parole di Pier Ferdinando Casini sabato scorso, ribadite il giorno dopo dal segretario dell’Udc Lorenzo Cesa in quel di Fiuggi. Parole con le quali - anche grazie alla piccola fronda interna maturata durante un pellegrinaggio a Santiago de Compostela - i vertici centristi hanno deciso di rimarcare la loro alleanza con la Cdl. Smentendo, così, eventuali smottamenti verso sinistra. E adesso Fini tende la mano per la ricucitura completa. Con una premessa chiara: «Al Senato di fatto la maggioranza non c’è più. Può sopravvivere con qualche assenza imprevista dei senatori dell’opposizione o, come è accaduto questa mattina (ieri mattina, ndr), attraverso il reclutamento permanente e effettivo di alcuni senatori a vita. Il loro voto può essere determinante in diverse occasioni, ma non lo sarà sempre. Fossi nel governo non ci farei affidamento». «Ricordo - continua Fini - la sicumera con cui la maggioranza fino a pochi giorni fa parlava di allargamento. Ora mi sembra evidente che è si tratta di passato remoto, mentre oggi c’è il fenomeno opposto. Basti pensare a quello che ha detto De Gregorio...». Insomma, è cambiato lo scenario e non è più tempo di divisioni perché l’esecutivo è in grande difficoltà. Parole che trovano conferma anche nell’atteggiamento dell’Udc che ieri in Senato sulla questione Telecom e oggi alla Camera addirittura sul tema «leghista» dell’immigrazione (sugli scudi Gianpiero D’Alia e Carlo Giovanardi), è stata allineata alla Cdl. Ma che il clima sia davvero cambiato si riscontra nelle parole di Sandro Bondi su Marco Follini: «È un arricchimento per tutti noi», arriva a dire il coordinatore di Forza Italia dell’ex segretario dell’Udc che voleva liquidare il Cavaliere. E se qualcuno non crede alle parole del collaboratore di Berlusconi, lo stesso Bondi specifica: «Bisogna discutere e ascoltare le ragioni di tutti. Penso che ci voglia molto rispetto anche per l'opinione di Follini», che è «un arricchimento per tutti noi». Ma nel centrodestra è tutto un complimento reciproco: «Casini? È una risorsa, mica un problema», giura Ignazio La Russa (An). E se qualche mese fa il Transatlantico era stato il teatro di un clamoroso battibecco pubblico tra il leader dei centristi e Berlusconi, ora Paolo Bonaiuti, portavoce dell’ex premier, sempre nella sala che precede l’aula di Montecitorio saluta a gran voce «Pier». Poi s’accorge che i cronisti lo guardano con una certa sorpresa e fa spallucce: «Che c’è? È un amico». Unica voce fuori dal coro resta quella, come al solito, quella dei leghisti. Che evidentemente non si sono ancora resi conto di quello che sta accadendo nel centrodestra, della compattezza ritrovata, del clima mieloso che si respira nell’opposizione: «Io spero che Berlusconi, che in questo momento è un po’ distratto dagli affari, torni a occuparsi di politica», spara Roberto Maroni. Ma è sicuro? Certo, l’impegno dell’ex premier è necessario, aggiunge Maroni, perché altrimenti «la Cdl rischia di scomparire. E Berlusconi? È sulla via di Roma, sta tornando nella capitale. Tra una tracheite e un ballo in discoteca in Sardegna s’era ripromesso di impegnarsi per risistemare la coalizione. E con l’aiuto degli scivoloni di Prodi si ritrova la coalizione che torna salda. Ora una riunione, un vertice dell’opposizione sembra ancora più vicino. È possibile che si svolga in settimana o, più probabilmente, la prossima. Servirà soprattutto per studiare iniziative comuni in vista della Finanziaria. Ma è anche chiaro che Berlusconi vuole sfruttare l’atmosfera positiva ritrovata per rilanciare la federazione della Cdl. prima di lanciare il partito unico del centrodestra. (iltempo.it)

BERLUSCONI, MI ADDOLORA IL NO IRRAGIONEVOLE DI PRODI


(Adnkronos) - ''Il governo Prodi continua ad opporsi a tutte le grandi riforme varate dalla Casa delle Liberta', indispensabili per lo sviluppo del Paese. Dice no anche al ponte sullo Stretto, un'opera epocale che unirebbe definitivamente la Sicilia all'Italia, su cui ho personalmente lavorato per cinque anni sino ad arrivare all'appalto dei lavori ad una grande impresa italiana e ad ottenere un finanziamento del 20% dall'Unione Europea''. Lo afferma l'ex premier Silvio Berlusconi, che prosegue: ''Mi addolora quindi profondamente questo irragionevole ''no'' del governo Prodi che non appare avere nessuna altra motivazione se non quella di non voler riconoscere a me e al mio governo di essere riusciti in un'impresa storica che era sempre stata mancata dai governi di mezzo secolo''.

Quale futuro per l' UDC ???


Qual è la direzione politica verso cui si muove l’Udc? E il suo ruolo all’interno della Cdl? Sul futuro del partito di Pierferdinando Casini si sta aprendo un dibattito, condito dai malumori di Marco Follini e dalle prospettive sulla futura leadership del centrodestra. Il VELINO ha raccolto alcuni pareri che fotografano la situazione politica del partito centrista. Il sociologo Alessandro AMADORI, fondatore dell’Istituto Coesis Reaserch, è chiaro: “L’atteggiamento tattico e strategico dell’Udc è tutt’altro che una sorpresa. Il partito di Pier Ferdinando Casini agisce oggi in maniera esplicita secondo la stessa logica politica che circa due anni fa ha cominciato ad applicare in maniera più coperta. E direi che dal loro punto di vista la scelta di questa linea è sostanzialmente giusta. Perché tiene conto realisticamente delle limitate potenzialità elettorali del Biancofiore”. Insomma, è un partito che “fa quello che può e lo fa anche piuttosto efficacemente. Come dimostrano – spiega Amadori – inequivocabilmente i numeri elettorali, l’Udc è una di quelle forze politiche che non si schioda e mai si schioderà dal 7-8 per cento. Per questo lavora a un cambio di alleanze che rende, per così dire, più indispensabile il suo pacchetto di consensi circoscritti. L’obiettivo è quello della rinascita neodemocristiana e neocentrista. Da realizzare attraverso l’incontro innanzitutto con Margherita e Uduer”. Ma è una strategia vincente oltre che comprensibile? “Questo è un altro discorso – replica Amadori – perché presuppone l’adesione almeno dell’ala riformista dei Ds. Che però per il momento non si espongono. È chiaro comunque che quello posto riguardo alla leadership berlusconiana della Casa delle libertà è un falso problema creato deliberatamente. Serve a cercare di logorare il Cavaliere mentre in realtà si lavora per altre coalizioni senza di lui”. Amadori sottolinea comunque l’accelerazione che questo progetto politico di Casini e soci sta avendo negli ultimi tempi: “Non è pensabile – osserva – che le affermazioni con cui ieri Rocco Buttiglione ha aperto la festa del partito di Fiuggi gli siano inavvertitamente sfuggite. Paragonare Berlusconi a un filosofo nazista è un modo del tutto consapevole per destabilizzare il centrodestra. D’altro canto solo un ingenuo può credere che Marco Follini stia veramente accarezzando la prospettiva del lupo solitario. In realtà lavora da quinta colonna per lo stesso progetto di Casini”. Secondo il sociologo, comunque, questo ritorno alla politica è un passo indietro. “Non voglio certo fare l’apologia del messianesimo berlusconiano – chiosa –, ma è indubbio che la classe dirigente dell’Udc sta manovrando nella più completa indifferenza per le idee e le opinioni del proprio elettorato. In questo senso l’avvento del Cavaliere sulla scena politica aveva sviluppato un rapporto diretto fra base elettorale e leadership che impostazioni come quella che si sta affermando nell'Udc sta rinnegando”. Sulla questione è intervenuto anche il politologo Gianfranco PASQUINO: “Trovandosi all’opposizione, è giusto che l’Udc tenti di influenzare le politiche di Berlusconi e di indirizzare, in qualche modo, la corsa alla successione. Mi pare che per quanto riguarda il dibattito parlamentare sulla missione in Libano, questa impostazione abbia dato anche qualche frutto. A mio avviso – spiega Pasquino – Casini e Follini si muovono lentamente, conducendo una guerra di posizione, consapevoli di avere, accanto a una serie di svantaggi derivanti dalla minore forza elettorale, due vantaggi. Il primo è l’età più giovane, che permette loro di avere pazienza e di attendere il proprio momento senza particolari ansie. Il secondo è la posizione politica centrale, che consente di svariare, o convergendo sulle posizioni dei numerosi amici presenti nelle fila di Udeur e Dl, o tentando di attirare sulle proprie posizioni questi ultimi. È una strategia ben congegnata, anche se, in fin dei conti, priva di contenuti. Per la verità – ammette Pasquino – grandi contenuti, nella prassi politica dell’Udc, non ne ho visti nemmeno quando era al governo. Non mi pare di ricordare grandi battaglie e, anche quando vi era una battaglia sui contenuti, come è avvenuto in occasione della riforma della seconda parte della Costituzione, alla fine Casini ha ceduto a Lega e Forza Italia”. Per Raimondo CUBEDDU, ordinario di filosofia politica all’Università di Pisa, Casini “naviga a vista e con questi atteggiamenti disorienti decisamente il proprio elettorato. L’elettore medio della Cdl – spiega – considera Casini e Follini sostanzialmente come due rompiscatole e se continuano così, il primo non avrà mai l’investitura a leader della Cdl che desidera tanto. Se mira invece a farsi inglobare nell’area dell’attuale maggioranza, si tratterebbe di una strategia perdente, forse suggerita da una cordata di imprenditori evidentemente poco lungimiranti anche perché, in una prospettiva di governo istituzionale, gli interlocutori nel centrodestra rimarrebbero indiscutibilmente Berlusconi e Fini. Insomma – conclude Cubeddu –, la linea di Casini e Follini mi sembra poco più che una reazione stizzosa di contrapposizione a Berlusconi, che non porta a nulla”. fonte: Il Velino

10.9.06

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9.9.06

Alemanno: «Quella di Visco è una stangata»

Lo aveva detto qualche giorno fa Prodi, lo ha ribadito venerdi il viceministro dell'Ecomia Vincenzo Visco: le rendite finanziarie saranno tassate con un'aliquota unica del 20%. E sabato sono arrivate le prevedibili reazioni.

ALEMANNO: «E' UNA STANGATA» - «Ci sono almeno tre errori nella proposta di Visco» secondo Gianni Alemanno: «Primo: l'aliquota non può essere superiore al 19%, perchè un salto di livello improvviso è troppo alto e troppo brusco e non potrebbe non creare un effetto negativo sugli investimenti nel mercato italiano. Secondo: è tecnicamente sbagliato aumentare la tassazione sui titoli di Stato perché questo non può non tradursi in una partita di giro, in cui a un più alto gettito fiscale corrisponde una riduzione del rendimento di questi titoli per lo Stato. Terza e più importante questione, bisogna rigorosamente escludere i piccoli risparmiatori d questi aumenti». «Come viene proposta da Visco sulla stampa - conlcude l'esponente di An - questo non è un intervento sulle rendite, ma una stangata contro il risparmio.
Contrario alla tassazione sulle rendite anche Renato Brunetta: «L'aliquota del 20% chiamiamola con il suo nome - ha affermato l'economista di Forza Italia - cioè tassazione sul risparmio. Ma che si parli di rendite non è un caso: la rendita evoca capitali, latifondi, forme di ricchezza parassitarie. Qui si tratta di aumentare le tasse su tutto quello che costituisce il noermale investimento di ogni risparmiatore: Bot, obbligazioni, fondi di investimento, azione e via dicendo».
EPIFANI: «PROPOSTA GIUSTA, METODO SBAGLIATO» - Va bene l'allineamento delle rendite finanziarie proposto da Visco ma il metodo proprio non va. A sottolinearlo, a margine del convegno delle Acli, è il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. «Anche questa proposta - ha osservato - avviene al di fuori dei tavoli. C'è un problema: sarebbe meglio non annunciare la finanziaria giorno dopo giorno ma avere un tavolo, una sede in cui avere il quadro della finanziaria, che venga illustrata e presentata alle forze sociali, agli enti locali, alle regioni. Questo modo di fare non va bene».
Ad appoggiare l’unificazione al 20% delle aliquote sulle rendite proposta dal governo c'è un altro sindacalista, Giorgio Santini: «E' una proposta molto positiva, che inutilmente avevamo avanzato al governo precedente». (www.corriere.it)

La Cdl ha perso tutto per gli errori di Silvio ??


«Leggo che Guzzanti, Del Debbio e tanti altri colleghi sono giustamente allarmati per la situazione di Forza Italia. Ma se i tanti amici che mi telefonano per raccontarmi la loro preoccupazione e per darmi (li ringrazio) la loro solidarietà mi avessero lasciato meno solo quando cominciai, tre anni fa, a dire che in Fi le cose andavano male, forse Silvio Berlusconi sarebbe ancora a Palazzo Chigi». L’avvocato Domenico Contestabile, l’ex socialista che è stato uno dei fondatori di Forza Italia, non solo ha superato l’amarezza di non essere stato lui, già sottosegretario alla Giustizia, vicepresidente del Senato e presidente della commissione Difesa, ricandidato da Berlusconi lo scorso aprile («mi sono sfilato un attimo prima che mi silurassero o offrissero una posizione umiliante») ma sembra rinato. Libertà. Tra i suoi studi di filosofia medievale e il suo vecchio lavoro (difende la famiglia di Gian Mario Roveraro, il finanziere assassinato) Contestabile, obeso quando aveva potere, in pochi mesi ha perso 23 chili. Dieta magica? Anoressia post-trombata? In giacca bianca da dandy ribatte: «Al contrario ingrassavo per le incazzature che mi prendevo ogni giorno». Il suo telefono suona spesso, sarà infine Silvio? Attesa vana. A cercarlo non è il suo pur sempre amato leader, ma amici che vorrebbero rivederlo in politica a occuparsi di Fi. «Solo se me lo chiede lui», risponde l’ex senatore. E, per la prima volta, con «La Stampa» si sfila qualche sassolino. Avvocato Contestabile, è vero che non è stato ricandidato perché aveva litigato con il Cavaliere? «Sì, ci sono stati forti scontri con Berlusconi. Premetto che, se si votasse domani, rivoterei Berlusconi e Fi. Ma ciò non vuol dire che sono d’accordo con Berlusconi. Tutto mi sarei aspettato meno di ritrovarmi invece un giorno a dover dar ragione a Marcello Pera! Eppure è successo: l’ex presidente del Senato ha ragione quando dice che i leader della Cdl litigano fra di loro, ovvio, pensa a Berlusconi, invece di riflettere sulla storica occasione che abbiamo sprecato e sugli errori fatti, anche dal nostro leader». Quali errori? «Nel 2001 la Cdl aveva in Parlamento una tale maggioranza da poter varare finalmente riforme e liberalizzazioni; ed invece abbiamo perso anni dietro leggi e leggine, esempio la Cirami, inutili. Perché se è vero che Berlusconi e i suoi amici sono stati vittime di una persecuzione giudiziaria la nostra strategia doveva essere un’altra. Bisognava reintrodurre l’immunità parlamentare, anche metà dell’opposizione era d’accordo, e abolire il Csm. Avevamo i numeri! E invece in una riunione presieduta da Berlusconi con quelli che si occupano di giustizia, la mia fu ritenuta una linea troppo radicale. Fui messo in minoranza». E’ sempre un falco, come ai tempi del decreto Biondi! Nell’estate 1994 vi andò molto male.
«Sulla giustizia resto un falco. Sul decreto Biondi, mi onoro di averlo scritto io, è vero ci andò malissimo. Ricordo che portai il testo a Palazzo Chigi: Berlusconi lo lesse nell’anticamera del suo studio. “Forse è meglio fare un disegno di legge”, dissi. Rispose: “No”. Chiesi: “Ma ti sei assicurato la copertura di tv e stampa?”. Mise le sue mani sul petto e concluse: “Non ci sono problemi”. Si è visto! Se la mia linea era troppo radicale, quella degli altri si è rivelata perdente. Linea Pecorella? Chiamiamola così. Non solo flop sulla giustizia. Certo, il governo Berlusconi ha avuto la sfiga enorme d’imbattersi in una situazione economica difficile ma si potevano fare riforme senza costi, liberalizzazioni». Altri scontri con il Cavaliere? Cosa è mai successo tre anni fa?
«Era fine giugno, ci fu una riunione del gruppo in Senato con Berlusconi. Attaccai pesantemente la gestione del partito, chiedendo maggiore democrazia. A Berlusconi dissi: “Silvio, devi diventare il leader di Fi, non il padrone”. “Padrone io? Ma se sono il servo di Forza Italia!”, mi rispose. Replicai che non occorre conoscere Shakespeare per sapere che chi è padrone è sempre anche servo e viceversa. “Tu devi fare il leader”», lo incalzai consigliandogli di cambiare consiglieri: stimo solo Fabrizio Cicchitto che, non a caso, è uno della Prima Repubblica». De gustibus! Ma come finì, quel giorno? «Tutto i senatori applaudirono, anche Berlusconi applaudì. “Silvio si sarà incazzato?”, chiesi a Dell’Utri, persona che stimo molto. Marcello disse: “No”. Da allora ho fatto la mia battaglia solitaria in Fi, sempre con toni moderati, tanto che sono stato usato come messaggero tra i due schieramenti. E l’ho fatta da solo: in privato molti mi davano ragione. Pensano alle loro ricandidature! Forza Italia è piena di adulatori di Berlusconi, ho sentito cose allucinanti». Per esempio?
«Nessun nome, per carità! Ricordo che in una riunione Berlusconi fu paragonato al sole...!». ... inteso come Re Sole? «Come stella. Non credo, come Guzzanti, che Forza Italia sia ridotta al 15%, però non si era mai visto un grande partito perdere 6 punti. Ma è successo, nonostante il formidabile recupero fatto da Berlusconi. E’ lui il vincitore morale delle elezioni, ha subito una beffa dalle urne ma se l’è cercata. Doveva candidare meno adulatori e meno signorine di bella presenza e nessuna capacità politica (ha visto di che qualità il dibattito estivo tra la Garfagna e la Gardini?). O si comincia fare politica a 16 anni o, se s’inizia a 60 anni e si è molto intelligenti com’è Berlusconi, ci si deve circondare di consiglieri capaci. Sì, parlo di Bondi, Verdini, Mantovani etc etc... La maggioranza dei dirigenti di Fi non ha mai letto Sturzo, Giustino Fortunato, Salvemini, Benedetto Croce!». Casini parla di cambio di leadership. Ha ragione? «Casini è intelligente e politicamente capace ma si fa, o finge di farsi, delle illusioni. Ecco un altro errore di Berlusconi: doveva metterlo alla Farnesina non alla presidenza della Camera, dove si è messo in evidenza e autonomizzato. Un presidente del Consiglio può controllare un ministro degli Esteri, non un presidente della Camera. Lapalissiano». Filtrano indiscrezioni sui nuovi progetti di Berlusconi: un autunno in piazza alla testa di tassisti, notai e avvocati. Condivide?. «Un errore. E, poi, quale piazza? Lo stesso Berlusconi sa che non è più in grado di portare un milione di persone a protestare, semmai 5 mila tassisti. Gli avvocati? Fanno battaglie retrograde, erano contro pure al decreto Scajola per il risarcimento diretto ai danneggiati delle assicurazioni. Metà degli avvocati italiani fanno i parafangari».(www.lastampa.it)