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Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

31.7.06

«Il bilancio di Prodi è magro»

Montezemolo: «Poca coesione politica, liberalizzazioni difficili. Non vedo reale sforzo di ridurre la spesa»

Prodi e Montezemolo (Ap)
Prodi e Montezemolo (Ap)
ROMA - Giornata di colloqui istituzionali per Luca Cordero di Montezemolo, ricevuto in serata dal presidente Napolitano e prima ancora dal premier Prodi. Al quale il presidente di Confindustria
si era già rivolto indirettamente in un'intervista molto critica con il governo rilasciata all'autorevole
Wall Street Journal.
È un bilancio «magro», quello sui primi mesi del governo dell'Unione, tracciato dal leader degli industriali italiani nel colloquio con il quotidiano economico americano. Il numero uno di Confindustria non ha nascosto le sue perplessità: «In questi due mesi non ho visto un solo reale sforzo di riduzione della spesa. E allo stesso tempo le tasse sulle imprese sono aumentate».

DUBBI - «Il crescente disincanto all'interno della comunità degli affari per i primi mesi di governo del premier Romano Prodi sta sollevando dubbi sul fatto che Roma sia capace di portare a termine i suoi due principali obiettivi di promuovere la crescita economica e di tagliare allo stesso tempo la spesa pubblica». Montezemolo ha richiamato il governo ai suoi impegni. «Prodi - ha sottolineato - è salito al potere in maggio come leader di una coalizione di centrosinistra appoggiata da una maggioranza molto esigua in Parlamento ed ha ereditato un debito pubblico stellare e l'economia più lenta tra i 12 paesi dell'eurozona. Nel corso della campagna elettorale, e anche dopo essere entrato in carica, ha promesso che avrebbe portato avanti grandi tagli alle tasse sulle imprese per promuovere la crescita».

TASSE - Sono soprattutto gli interventi fiscali che preoccupano il leader degli industriali. «Il ministro delle Finanze di Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, ha ripetutamente promesso l'approvazione di tagli al budget per 2,5 punti percentuali del Pil, equivalenti a 35 milioni di euro, entro la fine dell'anno, ottenuti principalmente con la riduzione della spesa pubblica, che oggi rappresenta il 40% del Pil italiano. Ma le promesse di abbassare le tasse e di tagliare la spesa devono ancora essere mantenute. Nel frattempo, il mese scorso il governo ha avvisato sei regioni italiane del fatto che avrebbero dovuto aumentare il prelievo sulle aziende e sulle persone per coprire spese sanitarie fuori controllo».

LITI - Per Montezemolo le costanti liti interne tra i nove partiti che compongono la coalizione di governo dimostrano che «la coesione politica è debole», facendo così venir meno le speranze che cambiamenti significativi possano essere ottenuti in tempi brevi. Parti del governo, ha detto, «sembrano avere poco senso del mercato e scarsa considerazione per il ruolo delle imprese»

LIBERALIZZAZIONI - Montezemolo ha richiamato l'attenzione sul decreto Bersani che «è stato un primo, timido passo verso qualcosa di essenziale per la futura crescita di questo Paese. Credo che, a causa delle sue divisioni interne, per il governo sarà molto difficile portare avanti le liberalizzazioni più importanti».

MERCATO - Successivamente Montezemolo ha puntualizzato la portata della sua intervista rilasciata al quotidiano americano: «Riguardo all'intervista con il Wall Street Journal, ho detto che ci sono settori della maggioranza di governo che hanno scarso senso del mercato e poco rispetto per il ruolo dell'impresa. L'impresa e il mercato devono invece essere i veri punti di riferimento per una politica di sviluppo».

da www.corriere.it

Fini frena Berlusconi sul «dopo Prodi»


«Aspettiamo che il governo cada sulla Finanziaria». E l’Udc: «Fare ipotesi è tempo sprecato»





Gianfranco Fini
Gianfranco Fini

ROMA. In questi giorni Gianni Letta ha cercato invano di organizzare un vertice tra Berlusconi, Casini e Fini. Ma il tentativo dell’uomo ombra del Cavaliere si è rivelato un buco nell’acqua a causa dei pessimi rapporti tra l’ex premier e il leader dell’Udc. I due esponenti della Cdl si contendono la leadership del centrodestra e si scavalcano a vicenda nella gestione dei rapporti con l’Unione. Così l’ex premier teorizza grandi coalizioni e governi tecnici in caso di crisi dell’esecutivo Prodi mentre Lorenzo Cesa precisa che discutere di queste ipotesi «è tempo sprecato, un esercizio che all’Udc non interessa». E’ il centrosinistra che deve fare la «prima mossa» e prendere atto di «non essere in grado di governare il Paese». Un invito, comunque, a farla concretamente questa prima mossa. E bene, anzi «benissimo ha fatto Rutelli a invitare Berlusconi alla festa della Margherita», sostiene maliziosamente Casini che infatti aggiunge: «Come si è visto con l’indulto, il bipolarismo non è uno scontro tra cannibali, ma confronto civile tra due idee diverse sul futuro del nostro Paese». Un modo per dire che volere dialogare con la maggioranza non significa essere un «traditore». Calma e gesso, suggerisce Gianfranco Fini ai suoi alleati. Per il presidente di An è inutile lambiccarsi il cervello su cosa deve fare la Cdl. Del resto, l’ex ministro degli Esteri non crede che «ci siano le condizioni politiche e numeriche perché il governo superi la prova della Finanziaria: quella sarà l’ora della verità». E dopo, se Prodi dovesse cadere, sarà possibile un governo tecnico? «Ora credo che si debba consumare la stagione di questo governo, cosa che sta accadendo rapidamente. Dopodiché - ragione Fini - si vedrà ma solo in quel momento sarà giusto affacciare ipotesi». Quello che in questo momento conta, secondo Fini, è che l’opposizione sia compatta, «non dia alcun appiglio al governo e prepari lo scontro sulla Finanziaria forte di un confronto preventivo con le categorie produttive». E già attacca: per difendere la legge sulla droga è pronto a scendere in piazza, e confida che con la Cdl ci saranno anche esponenti del centro-sinistra. E l’indulto? «Un provvedimento che ha salvato i furbetti del quartierino».

Al centro delle riflessioni estive, comunque, rimangono sempre la tenuta del governo e il tema dell’allargamento della maggioranza. «Allargamento, non sostituzioni, né tantomeno cambi di maggioranza», precisa il prodiano Franco Monaco. Che invita i compagni della coalizione a non cadere nelle trappola di chi, come ha detto Sandro Bondi a «La Stampa», cerca di «alterare le parole di Bertinotti e Marini e a opporre strumentalmente l’uno all’altro». Si dialoghi sui grandi temi del Paese, dicono Fassino e Rutelli, poi si penserà ad allargare la maggioranza. Ma da Berlusconi ieri è arrivata una frenata dopo la notizia secondo cui il governo si prepara a sostituire il consigliere Rai Petroni in quota centrodestra. Ecco, per Fabrizio Cicchitto l’Unione cerca il dialogo solo a parole. E il portavoce del Cavaliere, Paolo Bonaiuti, spiega che Fassino e Rutelli «aprono al Senato, ovviamente, dove sono forzati ad allungare la maggioranza per non tirare avanti senza i voti dei senatori a vita». «Chiudono invece sulla Rai dove hanno già il presidente e il direttore generale e ora vogliono prendersi anche il consiglio d’amministrazione. Con tanti saluti all’opposizione».

A irrigidire le posizioni della Cdl è stata anche l’intervista alla «Stampa» nella quale Oliviero Diliberto ipotizzava di sciogliere il Senato piuttosto che aprire la maggioranza al centrodestra. Un’ipotesi che Fini ha bollato come «una una bizzarria costituzionale»: «Si tratterebbe di una ipotesi che non ha precedenti e che non permetterebbe in alcun modo a Prodi di continuare a governare». Per i leghisti Calderoli e Castelli è «un’emerita schiocchezza, una provocazione dettata dalla disperazione». Francesco Storace la considera «una pistola caricata ad acqua» e Roberto Schifani «una presuntuosa e temeraria intimidazione rivolta all’Unione».

L’uscita di Diliberto chiama in causa il Quirinale. Ma il presidente della Repubblica getta acqua sul fuoco e fa sapere che non spetta a lui prendere una decisione del genere: il problema è politico e va affrontato dai protagonisti della politica, senza tirare in ballo il capo dello Stato che valuta la questione dal punto di vista costituzionale.

Dal sito di FI il quiz dell'estate

Cuoriosa iniziativa sul sito di FI..ve la segnalo..

http://www.forzaitalia.it/quizestate

Silvio ridiscende in campo


È finita la fase della depressione, Silvio Berlusconi ha smesso di denunciare il «furto dei voti nelle urne», non dice più ai suoi collaboratori «fate voi, io me ne vado». E siccome il suo umore è inversamente proporzionale allo stato di salute della maggioranza, prepara il ritorno sulla scena: in agosto sarà al meeting di Cl e in settembre alla festa della Margherita. Ma servirà del tempo per capire se l’obiettivo che Berlusconi ha in mente si realizzerà, o se invece sarà stato solo frutto di un abbaglio estivo, come sostiene Romano Prodi. Di certo il suo obiettivo è il varo di un «governo istituzionale». Per arrivarci ha deciso di cambiare tattica, di smettere i panni barricaderi, di accedere all’idea del dialogo. È da vedere se il governo, come prevede il Cavaliere, entrerà in crisi «in autunno, con l’arrivo della Finanziaria».

Nel frattempo il leader della Cdl ha deciso di non lasciare a Pier Ferdinando Casini il ruolo di mediatore fra i due poli: «Sarò io l’uomo di confine». Ecco il motivo che l’ha indotto ad accettare l’invito di Francesco Rutelli alla kermesse della Margherita: c’è già un’intesa di massima sulla data, il 6 settembre, mancano da definire solo i dettagli tecnici per il faccia a faccia. Perciò martedì prossimo gli sherpa del vicepremier e dell’ex presidente del Consiglio si incontreranno: dovranno accordarsi sulla modalità del confronto e scegliere il giornalista che modererà il dibattito. Insomma, sarà un evento in grande stile, quasi si trattasse di una sfida televisiva elettorale. Berlusconi non parla più di elezioni anticipate, di rivincite immediate nelle urne. E ha smesso anche di pensare alla villa alle Bahamas, al ritiro dalla politica verso cui tentarono di spingerlo i figli a Pasqua, quando lo incontrarono in Sardegna. «Non posso tirarmi indietro», dice oggi il Cavaliere: «Un italiano su quattro si aspetta ancora da me una rivoluzione». La rivoluzione potrebbe esaurirsi già in gennaio, se Prodi riuscisse a passare indenne le forche caudine del Parlamento e imprimesse un nuovo slancio al Partito democratico. Per gli eterni duellanti si tratta di una scommessa ad alto rischio, non c’è dubbio. E tuttavia Rutelli non ha alcun dubbio che «Berlusconi resterà comunque in sella ancora per molto tempo, e ce lo ritroveremo come interlocutore». Ecco perché l’ha invitato alla festa del suo partito. È vero che uguale trattamento ha riservato al leader dell’Udc e al presidente di An, anche se, a differenza di Casini e di Gianfranco Fini, il ministro della Cultura si è rivolto al Cavaliere dandogli del «Lei».

Si tratta di dettagli, ma in questa fase politica caotica i dettagli servono a orientarsi
. E nel Palazzo in molti hanno notato una certa analogia di linguaggio tra il presidente del Senato e l’ex premier. Sull’eccessivo ricorso alla fiducia da parte del governo, per esempio, non è sfuggita la singolare coincidenza tra il concetto espresso da Franco Marini («Non si può andare avanti a colpi di fiducie»), e le parole usate da Berlusconi («Se Prodi continua con le fiducie, cadrà»). Così com’è singolare che ieri il Cavaliere abbia ripetuto sulle elezioni («Non saranno a breve») lo stesso ragionamento svolto qualche ora prima da Marini («Niente voto anticipato, il Paese ha bisogno di essere governato»). Strano, solo una settimana fa Prodi aveva detto che «in caso di crisi si va a votare». Non è dato sapere se si tratti di un caso o se tra la seconda carica dello Stato e il capo dell’opposizione sia iniziato un dialogo riservato.


È sicuro che gli uomini Berlusconi hanno notato nei discorsi del loro leader un cambio di timbro
. Fino a poche settimana fa continuava a dire che «nell’Unione l’unico interlocutore affidabile è Massimo D’Alema». Ora ha sostituito l’aggettivo «unico» con un concetto nuovo: «Non c’è ragione alcuna di tenere con il centro-sinistra un solo canale aperto». Il Cavaliere ha sempre diffidato dei democristiani, eppure anche in questo caso sembra essere pronto a una svolta. Come spiegare sennò gli appuntamenti pubblici che ha messo già in agenda? E soprattutto come interpretare altrimenti l’idea che ha in mente? Perché quando Berlusconi parla di «governo tecnico» lo fa per esorcizzarlo. In realtà, così ha confidato di recente ai dirigenti azzurri, a suo avviso «la politica non si farà mettere nuovamente sotto tutela. No, non si tornerà indietro. Se cade Prodi, vedrete, si andrà a un governo istituzionale».


Un dettaglio, un altro, lasciato cadere durante una discussione sul progetto dei «seimila circoli delle libertà»
, che Berlusconi vorrebbe far cadere come altrettanti semi sul territorio in vista del partito unico. In autunno il quadro si farà più chiaro, si capirà se aveva ragione Prodi o se davvero il Cavaliere diventerà «l’uomo di confine». Lo stesso che molti anni fa, durante un incontro riservato, regalò una pipa a Marini e gli disse: «Perché non viene con me? C’è bisogno di un politico come lei per reggere un partito di centro». Altri tempi.
(www.corriere.it)

16.7.06

Interruzione provvisoria pubblicazione articoli

cari visitatori ...Politica libera interromperà la pubblicazione degli articoli da oggi al 30 luglio 2006.

ci vediamo il 31 luglio...

Tornate a visitarci

Mr. Cherokee

15.7.06

An molla l’Udc e ritenta la via del partito unitario Fini osa senza crederci

Ieri il capo dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha suonato il proprio rintocco – “Silvio Berlusconi rappresenta soltanto Forza Italia con il suo 24 per cento” – e in fondo se lo aspettavano un po’ tutti. Il Cav. non ha voluto neppure commentare: “Ho il rigetto”. Della Lega si sa che va incontro a un congresso stralunato previsto per la primavera del 2007. Tra poco tocca a Gianfranco Fini, che ha convocato per martedì prossimo un esecutivo di An nel quale formalizzare il programma di restauro della destra italiana e, se possibile, della coalizione di centrodestra. Per l’occasione l’ex ministro degli Esteri presenterà un documento – “Non precongressuale!”, precisano i sodali, scritto insieme con Adolfo Urso e Pasquale Viespoli. Presupposto: i centristi sono chiaramente in uscita dalla Cdl e si mostrano disponibili a collaborare in un governo di larghe intese nel caso in cui quello di Romano Prodi cadesse sulla Finanziaria. Forza Italia e Lega sono intenzionate a proteggere l’insediamento nel Lombardo-Veneto per farne la cittadella del nuovo centrodestra, senza per questo rinunciare a un mai interrotto e poco appariscente dialogo grancoalizionista con i diessini di obbedienza dalemiana. Sebbene ieri il Cav. abbia ammesso che “non è il momento, io la mia offerta l’avevo fatta poco dopo le elezioni e loro mi hanno chiuso la porta in faccia”. La posizione dei finiani si preannuncia dirimente. Ancora una volta è così: come da almeno tre anni a questa parte, tra verifiche e spolverate interne, Fini è chiamato a scegliere tra il Cav. e l’anti-Cav., oppure a stupire la platea offrendo una prospettiva diversa al proprio partito. Al momento pare che la proposta finiana ricalchi una delle riflessioni sfuggite al leader di An quando la sconfitta elettorale di aprile era appena maturata: “Data la rimonta di Berlusconi, contro di lui non si va da nessuna parte”. Sicché i collaboratori del presidente prevedono di diffondere un testo che “esclude radicalmente la via della frammentazione perseguita da Casini”. Sarebbe invece contemplata con una certa convinzione l’ipotesi di andare avanti nel collegamento tra An, chi ancora si sente parte della Cdl e il Partito popolare europeo. La formula potrebbe essere esplicita: la prospettiva del partito unitario di centrodestra non va cancellata. Come se Fini si fosse imposto di mettere in forma quel suo non voler “morire casiniano” sfuggitogli a un vertice di An la settimana scorsa. Ma come?

Un documento senza strappi culturali
C’è qualcosa di paradossale in questa posizione. Fini è in linea di principio favorevole alla via unitaria del centrodestra. Tuttavia soffre l’isolazionismo di Casini, del quale condivide intimamente la battaglia classista e per la mezza età contro la leadership di Berlusconi. Gli amici hanno provato a spiegargli che gli conviene assecondare il Cav. Gli conviene lasciare che Forza Italia si sciolga per diventare la prima sezione italiana del Ppe, come ha consigliato il forzista Giuseppe Gargani, quindi potrebbe aderire da subito al nuovo partito che rappresenterebbe circa il 36-37 per cento dell’elettorato, costringendo in questo modo Casini a scegliere se “lanciare un’opa su Forza Italia o aggregarsi al democristianesimo stanziato nell’Unione”. Sono parole del tatarelliano Maurizio Gasparri, che almeno in questo caso non è sospettabile di filoberlusconismo visto che un discorso analogo lo fanno apertamente i sociali di Gianni Alemanno (“Il partito unico stenta a decollare ma non significa che dobbiamo fermarci”) con la mezza approvazione dell’ultrà di destra Francesco Storace. Quanto poi all’opportunità di collegarsi alla tradizione dei popolari europei, è questione già dibattuta senza fortuna dentro An. Fini non è disposto a ridimensionare la propria svolta laica in materia di bioetica e diritti civili, ha promesso però che il documento della ripartenza non conterrà “strappi culturali” rispetto all’opinione della maggioranza del partito. Ovviamente la riunione di martedì prossimo deve anche avere una funzione cosmetica. An ha bisogno di liberarsi dall’immagine di partito paralizzato e illuminato dai media soltanto quando insegue il disfattismo dell’Udc. Ovvero per le più malmostose vicende giudiziarie (ancora aperte) che riguardano Storace, in qualità di ex governatore del Lazio, e il portavoce di Fini, Salvatore Sottile, coinvolto nell’inchiesta della procura di Potenza che ha portato all’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia. Fini è convinto che l’assedio intorno ad An sia stato rotto soltanto per via del Mondiale. Ora bisogna pensarci da soli.

www.ilfoglio.it

Forza Italia e la bandiera a mezz'asta di Berlusconi


La bandiera a mezz'asta di Forza Italia nella sede nazionale in Via dell'Umiltà raffigura perfettamente lo stato d'animo del Cavaliere. Affranto e depresso. Nell'assolato agosto romano, tra giapponesi che scattano foto e auto blu che sfrecciano per i vicoli della capitale, si consuma il declino di Silvio Berlusconi. La mossa di votare sì al decreto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan è, di fatto, il segno della resa. La linea di Casini, contrario a qualsiasi tentativo di spallata al governo Prodi, ha prevalso e alla fine l'ex premier ha dovuto adeguarsi. Tra i parlamentari che escono ed entrano da Montecitorio e si infilano nei bar del centro storico la convinzione è la stessa: il Cavaliere non si è ancora ripreso dalla sconfitta elettorale e sta attraversando una crisi profonda. Tanto che a breve partirà per una lunghissima vacanza nella sua reggia in Sardegna. C'è chi parla addirittura di due mesi lontano da Roma, dalla politica e da tutto. Isolato, a leccarsi le feriti e a cercare un modo per rilanciarsi. Impresa al quanto improba. Gli alleati, Udc in testa ma anche Alleanza Nazionale, ormai viaggiano per conto loro. Il progetto di partito unico del Centrodestra è tramontato definitivamente, con il povero Adornato rimasto col cerino in mano, sempre più simile a uno che grida nel deserto. "Non se ne parla proprio, la nostra strategia è ben diversa", confida un onorevole centrista mentre sorseggia il suo aperitivo davanti alla Camera. E i piani di Casini, che ha rinviato il congresso del partito (che avrebbe dovuto svolgersi in ottobre) proprio per restare nell'ombra, non prevedono alcun ruolo per Silvio Berlusconi. L'ex presidente della Camera punta a vivacchiare per almeno un paio d'anni, sperando che l'esecutivo dell'Unione non imploda. Un ritorno alle urne entro 24 mesi, infatti, riproporebbe la sfida tra il Professore e il Cavaliere. E quindi per Udc e An, la Lega ormai è sempre più marginale e ininfluente, l'importante è far passare il tempo. Tempo che gioca tutto a loro favore. Se la legislatura arrivasse almeno fino al 2010, il numero uno di Forza Italia, per ovvi motivi anagrafici, difficilmente potrebbe ricandidarsi a Palazzo Chigi. E resterebbe quindi una sorta di padre nobile della CdL, o meglio di re senza corona. A quel punto Casini, forte dell'appoggio d'Oltretevere, sarebbe l'uomo ideale per tentare la scalata al ruolo di presidente del Consiglio. E Fini? Nessun problema, la prossima legislatura sarà quella che voterà anche il nuovo capo dello Stato e, quindi, in caso di successo, le caselle verranno facilmente riempite. Insomma, ci sarà un posto per tutti (magari invertendo i ruoli del leader dell'Udc e del presidente di An)... tranne che per Berlusconi. da www.affaritaliani.it

Casini: il Cav non è il mio avversario


LA QUESTIONE della leadership della Cdl è lungi dall’essere il tipico tormentone estivo che viene spazzato via dalle prime piogge autunnali. Il botta e risposta serrato tra Berlusconi e Casini e la strategia dell’Udc volta a scardinare la Casa delle Libertà rimettendo in gioco gli equilibri interni al centrodestra, sono tutti segnali che la questione è aperta ed è destinata a tenere banco per i prossimi mesi. Ieri Casini, pressato dai giornalisti che gli chiedevano se Silvio Berlusconi resterà il leader della Casa delle Libertà, ha glissato ma il suo silenzio parla chiaro. «È una domanda - si è limitato a dire - alla quale non voglio rispondere per non alimentare polemiche». Il che significa che il ruolo di Berlusconi non è più un fatto indiscusso. Poi il numero uno dell’Udc ribadisce che la sua intenzione non è di polemizzare con l’ex premier.


«Fa bene Berlusconi a rimanere in campo: lo deve ai suoi elettori e al popolo del centro-destra. Per quanto mi riguarda l'avversario politico è Prodi e il centro-sinistra». Quanto allo stato dei rapporti con il Cavaliere, Casini ribadisce che «con Berlusconi c'è un rapporto di stima reciproca e di collaborazione nell'organizzazione dell'opposizione che deve essere efficace e efficiente: a tal proposito è necessario sollecitare tutti i parlamentari ad una maggiore presenza in Parlamento. L'assenteismo è incompatibile con la necessità di rispondere degnamente alle attese dei nostri elettori». Quanto alle polemiche sul futuro del centrodestra Casini sottolinea: «Nessuno scandalo e nessuna polemica. Ci sono solo idee diverse sul futuro del centro-destra. D'altro canto - aggiunge - è quanto capita in Francia oggi tra Chirac e Sarkozy ed è capitato ieri tra Kohl e Angela Merkel. È fisiologico che si discuta». Ma se Casini si mantiene diplomatico ci pensa il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa a parlare chiaro. «La Casa delle libertà non esiste più. Ci sono solo i partiti che di volta in volta si ritrovano su determinati argomenti. Berlusconi è fuoriluogo. Non si può parlare adesso di leadership perchè il tema non esiste». «Nel momento in cui abbiamo approvato - ha continuato Cesa - una legge proporzionale in cui ogni partito ha la sua autonomia, diventa fuoriluogo parlare di chi fa il leader. Le elezioni sono lontane: quando ci sarà l'esigenza di sceglierlo lo faremo. Adesso, ci sono Udc, Alleanza nazionale, Lega e Forza italia. E il Cavaliere è il leader di Forza Italia». Dichiarazioni che fanno intendere come per l’Udc la spallata al centrosinistra non sia una priorità. Anzi in questo momento il tempo gioca a favore di Casini. Tra cinque anni Berlusconi potrebbe non avere più l’età per guidare ancora la Cdl.

www.iltempo.it

13.7.06

D'Alema: «Accordo per il sì sull'Afghanistan»

Il ministro degli Esteri: «Tutti i gruppi hanno confermato che voteranno il decreto. Ora riflessione su ritiro degli emendamenti»

Il ministro degli Esteri, D'Alema (Ansa)

L'Unione ha trovato l'accordo per il sì al decreto per l'Afghanistan. Lo ha annunciato Dario Franceschini (Dl) al termine della riunione dei capigruppo del centrosinistra con il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema. «Tutti i gruppi presenti hanno confermato che voteranno il decreto e che nelle prossime ore, dopo aver parlato con i presentatori, saranno ritirati gli emendamenti. Da domattina ci metteremo insieme a scrivere la mozione parlamentare» ha riferito Franceschini.
D'ALEMA - Poco dopo la conferma arriva proprio del ministro degli Esteri: «Abbiamo invitato i gruppi della maggioranza a ritirare gli emendamenti al disegno di legge - ha detto D'Alema - e ognuno ora farà una riflessione, ma tutti i gruppi hanno ribadito che voteranno il decreto». «Alla fine il decreto avrà un voto amplissimo - ha aggiunto il vicepremier, riferendosi al sostegno assicurato anche dalla Casa delle Libertà - sarà votato dalla maggioranza e dall'opposizione e vuol dire che avremo un momento di grande unità del Paese a sostegno dei nostri militari impegnati in missioni di pace. Sarà certamente un fatto positivo»
COMUNISTI - Sugli emendamenti, però, nel centrosinistra restano alcuni nodi. Se i Verdi ne hanno annunciato l'immediato ritiro (come annunciato dal capogruppo alla Camera, Angelo Bonelli), i Comunisti italiani hanno assunto una diversa posizione. «Per il momento teniamo gli emendamenti e aspettiamo gli sviluppi - ha affermato Pino Sgobio, capogruppo alla Camera del Pdci - . Avevamo perplessità sulla mozione ma non ci spaventa e ci lavoreremo perché sia un documento convincente». Sgobio si è detto comunque soddisfatto «del chiarimento dato dal ministro D'Alema che ha spiegato che Enduring Freedom non ha nulla a che vedere con le forze in Afghanistan».

NO AL DECRETO - Nel frattempo le minoranze di Rifondazione comunista confermano il no al decreto di rifinanziamento della missione in Afghanistan, che «non contiene la necessaria discontinuità con i precedenti del governo Berlusconi». Area dell'Ernesto e Sinistra critica (4 senatori e 3 deputati) hanno presentato in commissione alla Camera 5 emendamenti al dl, che manterranno nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento.

VERTICE - Il prossimo appuntamento è il vertice dell'Unione previsto giovedì mattina alle 9 alla Camera: servirà per mettere a punto la mozione che accompagnerà il provvedimento sulle missioni italiane all'estero. All'incontro, che si svolgerà nella sede del gruppo Ds a Montecitorio, parteciperanno Marina Sereni (Ulivo) e un rappresentante per ogni gruppo del centrosinistra

www.corriere.it

ROTONDI, FEDERAZIONE FI-LEGA-DC PER NUOVO CENTROSINISTRA


Creare una federazione di centro Fi-Lega Nord-Dc per dar vita un nuovo 'centrosinistra' che e' compito di Silvio Berlusconi 'inventare': lo afferma Gianfranco Rotondi, segretario della Democrazia cristiana, commentando le parole di Pier Ferdinando Casini sulla Cdl. 'L'intervista di Casini a 'Repubblica' chiarisce con grande onesta' intellettuale lo stato dell'arte nel centro-destra: c'è una coalizione che ha indicato Berlusconi presidente alle ultime elezioni politiche, il contratto e' scaduto sia per quanto riguarda la coalizione sia per quanto riguarda l'indicazione di Berlusconi come candidato premier in eventuali elezioni politiche ravvicinate. Il parlar chiaro - sostiene Rotondi - e' fatto per gli amici e senza ironia ritengo che Casini abbia parlato da amico a Silvio Berlusconi'. 'Tocca al capo di Forza Italia - prosegue - organizzare la sua offerta politica, egli sa di poter contare sull'Udc solo per concordare un'opposizione parlamentare, non piu' per condividere un rapporto di coalizione. Berlusconi puo' organizzare con intelligenza e fantasia un'area che si riconosce nella sua leadership: Forza Italia, la Lega e la Democrazia Cristiana possono dar vita ad un'alleanza federativa che sarebbe la novita' assoluta della politica italiana, un nuovo potentissimo Centro che i francesi chiamerebbero 'uncircondable', non aggirabile, una forza di oltre il 30 per cento dei voti capace di allearsi di nuovo con la destra o anche con la sinistra riformista. Silvio Berlusconi deve recuperare la fantasia per ribaltare come nel '94 il piatto della politica italiana'. 'Ha inventato un centro-destra che non esisteva, puo' esser lui un giorno a proporre alla sinistra riformista il centro-sinistra che fin qui nessuno e' riuscito a realizzare per mancanza di centro, laddove per centro si intende una forza elettorale pari a quella della sinistra, la rappresentanza dei ceti medi e del Nord produttivo'.

da articolo21.info

commento personale: rotondi ex udc...alle politiche del 2006 con la DC-PSI (Cdl)..ed ora un nuovo centro sinistra..mettendo anche Forza italia (ma lo dice lui dubito che Berlusconi lo faccia..ma è cmq grave questa dichiarazione)? VERGOGNA !!!!!!
NON SA PIU' COSA INVENTARE PER STARE SEMPRE AL POTERE !!!! VERGOGNA !!!

L'Italia è in festa, Silvio no



L'Italia trionfa, è in festa. Ma Silvio è ancora livido e arrabbiato.



In tutti i festeggiamenti di questi giorni emergono due note stonate: la prima, classica, cretinata di Calderoli. Che dopo il match ha commentato:"È una vittoria della nostra identità, contro una squadra che ha perso schierando negri, islamici e comunisti»". Premesso che è curioso come l'ex ministro (mamma mia, sembra un incubo, un ex ministro che si esprime così!), quando fa comodo, perda l'identità padana e tifi Italia. Considerando poi che i "terroni" sono la maggioranza degli azzurri, non dovrebbe festeggiare. Ma ormai le identità si cambiano come i vestiti, e ognuno indossa quella che gli fa più comodo. Intanto l'ambasciatore francese (e la civiltà italiana) aspettano ancora le scuse per le parole razziste di Calderoli.

L'altra nota stonata è quella di Berlusconi. C'è chi lo odia e chi lo ama. Ma nessuno può negare che la sua forza sia nella sua umanità e nella sua simpatia umana. Nel suo sapersi mostrare popolare e popolano, uomo qualunque. Ma dalle elezioni perse, non sembra più lui. Sorride molto meno, è sempre incavolato. Non ha accettato la sconfitta elettorale. Dopo le altre due scoppole delle elezioni locali e del referendum poi, si è chiuso nella sua torre, e non sembra più capace di tornare a essere il giocherellone che gli italiani apprezzano. Niente. Neanche dopo la vittoria dei mondiali, neanche una parola. Lui, che ha tessuto l'elogio del disimpegno - contro i grigi politici che non pensano ad altro che alla politica - non sembra più in contatto con l'Italia vera. Se perfino la vittoria dell'Italia non lo scalda, la questione si fa grave. Dove è finito il Berlusconi ottimista e sorridente? Dove è finito il leader della gente, che amava mischiarsi alla folla? Quelli pieni di livore e di odio erano i comunisti, caro Silvio. E tu così facendo ti stai trasformando nel tuo peggiore incubo. Dài, esci dalla tua torre, e torna a non prenderti troppo sul serio. L'autoironia è stata uno dei tuoi punti forti, ma non si può applicarla solo quando si è vincenti.

12.7.06

D'Alema: Lascia o non lascia?

Dopo il guardasigilli Mastella, ora anche il ministro degli Esteri D'Alema minaccia di dimettersi se la sua politica non piace. Ma sono solo parole


Sembra che il tempo non porti consiglio. Se da un lato il Governo è ormai in carica da abbastanza tempo per deliberare su temi importanti, dall'altro la maggioranza non trova ancora l'equilibrio interno.
Anzi, sembra che più passi il tempo più le divergenze, messe a tacere in campagna elettorale, riprendano vigore.
Non è quindi un caso che due importanti ministri, a distanza di pochi giorni, minaccino di rimettere il mandato. Uno è Mastella, il Guardiasigilli, e l'altro è D'Alema, ministro degli Esteri.
Comunque la si metta non è un buon segnale per il governo, e soprattutto per Prodi, che mantiene un preoccupante silenzio su questi temi e sembra che non riesca neppure a gestire la situazione da dietro le quinte.
Nel frattempo la vittoria dell'Italia ha messo in disparte, nelle cronache, le vicende politiche.
Se non erro sulla questione dell'Afghanistan si doveva votare in parlamento diverse settimane fa, invece la maggioranza fa melina a più non posso per rimandare l'inevitabile, dopo essere riuscita a scorporare con decreto la missione in Iraq (ed evitando così di dover approfittare dei voti dell'opposizione per poter far passare il provvedimento).
In conclusione mi auguro che la coerenza dei ministri citati voglia esprimersi finalmente in un'azione politica che in Italia difficilmente viene realizzata: se veramente non ci sono le condizioni per svolgere il proprio ruolo con il supporto della maggioranza, il ministro non minaccia di dimettersi, ma lo fa veramente, e in modo irrevocabile.

«Sull'Afghanistan un sì incondizionato»

L'annuncio di Berlusconi: «Di fronte alla impossibilità di governare della sinistra, pronti a sostenere la missione»

Silvio Berlusocni (Emblema)



ROMA
- «Non solo presenteremo, come già annunciato, una mozione unitaria, ma di fronte alla manifesta impossibilità di governare da parte della sinistra, siamo anche pronti a dare il nostro sì totale e incondizionato al rifinanziamento della missione in Afghanistan». Lo afferma Silvio Berlusconi in una dichiarazione sulla posizione che assumerà la Casa della Libertà.


MISSIONE PREZIOSA - «L'interesse e il prestigio dell'Italia, il consolidamento della democrazia e della pace nel mondo sono per la Casa delle Libertà - premette il presidente di Forza Italia - valori di riferimento irrinunciabili. Vengono prima di ogni tattica politica e di ogni interesse di parte. Per questi motivi il nostro governo aveva deciso l'invio di un contingente militare in Afghanistan, nel quadro di un mandato delle Nazioni Unite: soldati italiani che - con grande coraggio, sacrificio e dedizione - stanno svolgendo una missione preziosa. I nostri militari in Afghanistan si sono guadagnati, ed hanno guadagnato all'Italia, la stima e l'ammirazione della comunità internazionale, oltre alla gratitudine del popolo e del governo afghano. Per quel Paese infatti l'aiuto dei Paesi liberi è fondamentale per far crescere la democrazia e la sicurezza in una terra che ha sofferto nei decenni scorsi vicende così tormentate e sanguinose». «Siamo - sottolinea il leader della CdL - persone serie e coerenti. Non permetteremo certo che i nostri soldati in Afghanistan vengano abbandonati a se stessi, nè che si determinino le condizioni per un altro vergognoso disimpegno come quello annunciato per l'Iraq. La sinistra, che dovrebbe essere maggioranza nelle due Camere, non è in grado, in realtà, di assicurare un voto parlamentare che garantisca la continuità degli impegni di pace dell'Italia. Come era facile prevedere, il ricatto irresponsabile della sinistra radicale rischia di prevalere».

RESPONSABILITA' E COERENZA - «Questo dicevamo il 29 giugno scorso e ribadiamo oggi, senza dover cambiare neanche una virgola, alla luce del vergognoso balletto e dell'indecoroso rimpallo di responsabilità tra le varie fazioni della cosiddetta maggioranza che hanno raggiunto e superato i livelli di allarme nelle ultime due settimane. La Casa delle Libertà si comporterà di conseguenza con il massimo senso di responsabilità e di coerenza verso il nostro Paese e verso la comunità internazionale. Non solo presenteremo, come già annunciato, una mozione unitaria, ma di fronte alla manifesta impossibilità di governare da parte della sinistra - conclude Berlusconi - siamo anche pronti a dare il nostro sì totale e incondizionato al rifinanziamento della missione in Afghanistan». (www.corriere.it)

Camera, la Giunta dice no all'arresto di Fitto


Stamani la lettera dell'ex governatore a Giovanardi, presidente della Giunta, per rinunciare alla immunità

Raffele Fitto (Imagoeconomica)

ROMA
- La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera ha respinto la richiesta dei magistrati baresi di arrestare l'ex presidente della regione Puglia Raffaele Fitto coinvolto in alcune inchieste su sanità e appalti. La decisione in Giunta è stata presa all'unanimità. «Chiedo che la Giunta conceda l'autorizzazione all'esecuzione della misura cautelare personale nei miei confronti» aveva scritto l'ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, attualmente deputato di Forza Italia, in una lettera consegnata personalmente a Carlo Giovanardi, prima dell'inizio della riunione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, presieduta dall'esponente dell'Udc.


L'INCHIESTA - Fitto si riferisce alla richiesta d'arresto da parte della Procura di Bari in merito alla vicenda delle 11 Residenze Sanitarie Assistite assegnate al gruppo Tosinvest-San Raffaele di Roma, procedimento nel quale Fitto è accusato di falso, di concorso in corruzione e finanziamento illecito ai partiti. «Caro Presidente - dice Fitto - nelle sedute della Giunta per le autorizzazioni del 28 giugno e 5 luglio ho avuto modo di illustrare dettagliatamente, anche rispondendo a numerosissime domande dei Colleghi Componenti, l'infondatezza delle accuse che mi vengono mosse in riferimento alla richiesta di misura cautelare inviata in data 20/06/2006 alla Camera dei Deputati dalla Procura della Repubblica di Bari».

IN AULA - «In via preliminare - precisa - vorrei chiarire che sono un profondo sostenitore della necessità che le prerogative costituzionali inerenti lo status del parlamentare, delle quali peraltro mi sono avvalso fino ad ora, vadano difese e se possibile rafforzate. In secondo luogo - prosegue - vorrei rivolgere a Lei ed ai Colleghi Componenti della Giunta, un sentito ringraziamento per la correttezza e disponibilità dimostrate fino a questo momento». «Ho riflettuto molto da 20 giugno ad oggi, ho avuto modo di leggere decine di volte l'ordinanza con la documentazione allegata notificatami e sono convinto che nulla autorizzi a dubitare della mia onestà e correttezza. Dopo una analisi lunga, sofferta e travagliata - conclude - ho, dunque assunto una decisione non revocabile». (www.corriere.it)

Fitto: «La Camera autorizzi il mio arresto»

L'ex presidente della Puglia sotto inchiesta per corruzione
Fitto: «La Camera autorizzi il mio arresto»
Lettera a Giovanardi, presidente della Giunta, per rinunciare alla immunità: «Spiegherò in aula la mia scelta. Agito sempre in onestà»


Raffele Fitto (Imagoeconomica)

ROMA
- «Chiedo che la Giunta conceda l'autorizzazione all'esecuzione della misura cautelare personale nei miei confronti. Spiegherò in aula, mi auguro in tempi brevissimi, le ragioni che mi hanno spinto a tale scelta». Lo scrive l'ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, attualmente deputato di Forza Italia, in una lettera consegnata personalmente a Carlo Giovanardi, prima dell'inizio della riunione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, presieduta dall'esponente dell'Udc.

L'INCHIESTA - Fitto si riferisce alla richiesta d'arresto da parte della Procura di Bari in merito alla vicenda delle 11 Residenze Sanitarie Assistite assegnate al gruppo Tosinvest-San Raffaele di Roma, procedimento nel quale Fitto è accusato di falso, di concorso in corruzione e finanziamento illecito ai partiti. «Caro Presidente - dice Fitto - nelle sedute della Giunta per le autorizzazioni del 28 giugno e 5 luglio ho avuto modo di illustrare dettagliatamente, anche rispondendo a numerosissime domande dei Colleghi Componenti, l'infondatezza delle accuse che mi vengono mosse in riferimento alla richiesta di misura cautelare inviata in data 20/06/2006 alla Camera dei Deputati dalla Procura della Repubblica di Bari».

IN AULA - «In via preliminare - precisa - vorrei chiarire che sono un profondo sostenitore della necessità che le prerogative costituzionali inerenti lo status del parlamentare, delle quali peraltro mi sono avvalso fino ad ora, vadano difese e se possibile rafforzate. In secondo luogo - prosegue - vorrei rivolgere a Lei ed ai Colleghi Componenti della Giunta, un sentito ringraziamento per la correttezza e disponibilità dimostrate fino a questo momento». «Ho riflettuto molto da 20 giugno ad oggi, ho avut o modo di leggere decine di volte l'ordinanza con la documentazione allegata notificatami e sono convinto che nulla autorizzi a dubitare della mia onestà e correttezza. Dopo una analisi lunga, sofferta e travagliata - conclude - ho, dunque assunto una decisione non revocabile». (Corriere della Sera)

8.7.06

Fitto: solo dai giornali so cosa "avrei fatto"



Posso dire con serenità e con assoluta certezza di essere completamente estraneo a tutta la vicenda. Quanto poi alla presunta parentela tra la mia famiglia e il gruppo di imprenditori interessato alla vicenda, siamo davvero alla follia!

Apprendo, come è ormai triste consuetudine dalla stampa, i dettagli dell’inchiesta nell’ambito della quale sono indagato. Ma, purtroppo, questo è il Paese in cui viviamo.

Io, intanto, continuo ad essere in possesso solo dell’atto notificatomi ieri, ossia un avviso di garanzia, nel quale mi viene semplicemente comunicato che sono indagato in concorso con altre persone (di cui non si fanno i nomi), in base agli articoli 353 C.P. e 228 L.F. (senza che mi venga detto nell’ambito di quale inchiesta). Né, tanto meno, mi è stata notificata alcuna documentazione aggiuntiva dalla quale poter desumere cosa avrei fatto. Documentazione che, corredata dalla solita corposa mole di intercettazioni telefoniche, è evidentemente stata consegnata alla stampa che oggi ne dà ampia pubblicazione.

E, alla luce di questo, chiedo ufficialmente e cortesemente di poter entrare anch’io in questo dialogo tra Giustizia penale e giornalisti, dando vita ad una sorta di triangolazione che mi appare l’unica strada per poter avere accesso agli atti dell’inchiesta in cui ho appreso di essere coinvolto. Nella mia attuale condizione di “indagato”, credo di avere diritto di leggere quegli atti, almeno quanto l’opinione pubblica ha diritto di conoscerli.

Comunque, dopo aver appreso dai giornali di oggi cosa avrei fatto, posso dire con serenità e con assoluta certezza di essere completamente estraneo a tutta la vicenda. Quanto poi alla presunta parentela tra la mia famiglia e il gruppo di imprenditori interessato alla vicenda, siamo davvero alla follia!

Per quanto sia allucinante da parte mia dover raccontare i dettagli della mia vita privata, preciso che all’epoca dei fatti oggetto dell’inchiesta, per un primo periodo non conoscevo neanche la mia attuale moglie e per il resto non ero ancora sposato e, anche se lo fossi stato, mi corre l’obbligo di chiarire che l’imprenditore Brizio – Montinari, che conosco e stimo, non ha alcun tipo di parentela con mia moglie.

Mi auguro che questa mia smentita di una parentela che non esiste ma che è stata data per certa oggi nei titoli di prima pagina della stampa locale, trovi domani analogo risalto.


On. Raffaele Fitto - tratto da www.brindisisera.it


NCHIESTA CEDIS: EX GOVERNATORE FITTO SCRIVE AL GIP


(AGI) - Bari, 8 lug. - L'ex presidente della Regione Puglia e parlamentare di Forza Italia Raffaele Fitto ha scritto al gip presso il Tribunale di Bari, Chiara Civitano, chiedendo copia dell'ordinanza di custodia cautelare relativa al procedimento penale che riguarda i supermercati Cedis e nell'ambito del quale ha ricevuto il 6 luglio scorso un avviso di garanzia. "Come potra' verificare - scrive Fitto al gip - nel documento da me ricevuto sono indicati esclusivamente i numeri degli articoli relativi alle norme oggetto di contestazione, senza alcuna indicazione in punto di fatto. In altri termini - aggiunge l'ex governatore pugliese - non vi e' per me alcuna possibilita' di comprendere il perche' , il come e il quando, con conseguente neutralizzazione di ogni diritto di difesa. Apprendo leggendo i quotidiani del 7 luglio che sono stati diffusi, per larghi stralci e con dovizia di particolari, dettagli dei fatti che hanno portato all'arresto di coindagati nello stesso procedimento: e in tali racconti - scrive ancora Raffaele Fitto al Gip - piu' volte sono citato e coinvolto". "Sicche' ho conosciuto a mezzo stampa le ragioni dell'informazione di garanzia, a me inspiegabilmente taciute. Ritengo - aggiunge -unitamente a tutti i cittadini e giornalisti di Puglia, di avere diritto a conoscere, in adempimento e nel rispetto dell'art. 24 della Costituzione, i fatti che mi vengono rimproverati, per potere, senza inspiegabili ritardi, esercitare il diritto di difendermi". "Chiedo pertanto - conclude Fitto - il rilascio di copia dell'ordinanza applicativa della custodia cautelare relativa al procedimento penale in oggetto".

SCARICATO BERLUSCONI di Vittorio Feltri


L'Udc minaccia di fare da stampella a Prodi sulle liberalizzazioni. E sul partito unico Casini attacca il Cavaliere: non sei tu il solo leader.

Era nell'aria. Adesso è planata. L'idea di prendere le distanze da Silvio Berlusconi non è più astratta, sta diventando realtà. Purtroppo è così. La Casa delle libertà scricchiola e pare sia scattato l'allarme: si salvi chi può. I primi a cercare via di scampo sono loro, sì proprio loro: i democristiani dell'Udc che, seguendo un'indole naturale, si spostano ogni giorno di più verso l'opposizione. Hanno cominciato a cedere a sinistra sull'Afghanistan ossia il decreto che rifinanzia la missione italiana. In Parlamento vorrebbero votarlo per questioni sacrosante di principio. Laggiù i militari li abbiamo inviati noi per convinzione e ora non possiamo tirarci indietro solo perché la decisione spetta alla nuova maggioranza. Il ragionamento non fa una grinza. Però... Però è un fatto che l'Unione sul punto è divisa. Alcuni senatori massimalisti non ci sentono da questo orecchio e sono intenzionati a dire no. Sicché, senza il contributo della opposizione il provvedimento non passerebbe. L'Udc è pronta ad andare in soccorso di Prodi, e in cambio non chiede niente, almeno ufficialmente. E ciò è sbagliato. Perché un esecutivo serio o ha la maggioranza anche sulla politica internazionale o non ce l'ha; se non ce l'ha è obbligato a trarne le conseguenze. Quali? Dimettersi. L'aiutino di una parte del centrodestra non sia una foglia di fico, bensì un modo per dire a chi comanda: non avete i numeri per menare il torrone. Invece Casini è orientato a dare senza ricevere; il che non è produttivo, e fa incavolare i suoi alleati. Ora, anche sull'avvio delle liberalizzazioni, pur con tutte le riserve, l'Unione democratica cristiana pensa di regalare a Prodi il proprio sostegno. Un segnale di simpatia per il Centrosinistra. Perché Casini e Cesa si comportano così? Perché rivelano una voglia matta di sfasciare il Polo e di andare alla ricerca di cose strane, tipo un mezzo accordo con Palazzo Chigi? I democristiani sono impazienti. Da un paio d'anni mostrano il desiderio di rimescolare le carte; non sopportano la leadership del Cavaliere. Questa è la verità. Non gli riconoscono più il diritto di dirigere l'orchestra; cercano spazio, smaniano dal desiderio di crescere in autonomia, aspirano a trasformare il centrino in centrone nel quale aggregare altre componenti moderate, sia della destra (Forza Italia) sia della sinistra (Margherita). C'è sotto un calcolo politico, ma non solo: l'Udc vede in Berlusconi un limite, un tappo che impedisce l'esplosione di un movimento cristiano; per ora esiste sulla carta, esclusivamente sulla carta. Abbiamo usato parole gentili per descrivere il "fenomeno", il quale tuttavia, se da una parte ha un futuro interessante, dall'altra è una minaccia alla stabilità del bipolarismo. In parole più crude. Se Casini e la sua gang si mettono in proprio, il Polo va a ramengo. Gianfranco Fini a sua volta medita avventure solitarie. Forza Italia non è compatta come un tempo. La Lega è attraversata da malumori. Insomma. Se dalla Casa delle libertà cominciano a sfilarsi i mattoni democristiani, il rischio è che crolli tutto. E che Berlusconi venga scaricato di fatto. Nel qual caso lo schieramento anti-Prodi si disperderebbe siccome esercito sconfitto. Sarebbe un guaio, e una idiozia strategica. Perché la maggioranza è debole e facilmente attaccabile, si regge in piedi per miracolo. Se la destra anziché aggredirla si sfalda, svanisce il sogno della metà degli italiani di tornare alle urne con qualche probabilità di riscossa. Lanciamo un appello a Casini e a Fini: calma e gesso, rinunciate a rivendicazioni personali e rimanete dove siete, vicini, alleati, coesi. Solamente in questo modo avete un futuro. Compiacere a Prodi in cambio di un sorriso e qualche poltroncina non è utile né intelligente. La legislatura è lunga e si è sempre a tempo per tentare esperimenti, oggi prematuri. Tutti insieme attorno a Silvio e contro Romano; il resto è velleitarismo.

LIBERO 7/7/2006 - la mescolanza.com

5.7.06

Tassisti in rivolta...presa a calci la Thesis di Mussi




Tassisti in corteo, slogan, fischi, aggressioni (anche al ministro Mussi). La protesta contro la liberalizzazione delle licenze prevista dal decreto Bersani ha paralizzato le strade del centro storico di Roma. Già all'alba migliaia di manifestanti si sono radunati al Circo Massimo: qui i tassisti (provenienti anche da Milano, Torino, Genova e Napoli) hanno tenuto un'assemblea, durante la quale hanno deciso di portare la loro protesta davanti Palazzo Chigi. Solo in pochi - alcune centinaia - ci sono però riusciti. Non sono mancati momenti di tensione, come le aggressioni ad alcune auto a noleggio e al ministro Mussi. Poi il ritorno al Circo Massimo, dove era cominciata la protesta, in attesa di novità. In serata arriva l'annuncio del ministro Bersani: «Siamo pronti a convocare un tavolo per il 7 luglio se terminano le proteste». ALEMANNO MEDIATORE - A fare da mediatore tra i tassisti e il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani è stato Gianni Alemanno. Alemanno ha detto di aver parlato con Bersani che a sua volta si è detto disposto «a un'apertura». In pratica dovrebbe esserci un tavolo che vedrà coinvolti il Ministro, i sindaci e le organizzazioni sindacali.«Il decreto è stato fatto - dice Alemanno- e non si può più tornare indietro. C'è però la volontà di trattare e per me Bersani in questo momento di più non può fare».
da www.corriere.it


4.7.06

PACS Puglia..ma l'opposizione ha votato compatta contro

Regione Puglia BARI - La Puglia ha da oggi una nuova legge sul welfare, un testo - approvato a maggioranza dal consiglio regionale - che disciplina i servizi sociali per le famiglie tradizionali, quelle fondate sul matrimonio: in questo sistema potranno d’ora in avanti avere accesso a pieno titolo anche le unioni di fatto, comprese le coppie gay.
Un gol, questo, segnato nella giornata dell’Italia ai mondiali, dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (Prc), che ha tenacemente voluto l’approvazione di questa legge, svolgendo un’opera certosina di mediazione fino a far crollare, con un accordo che è stato raggiunto nella tarda serata di ieri, il muro di emendamenti (oltre 6000) presentati dalla opposizione di centrodestra.
«Il fatto che questa vicenda si chiuda senza ostruzionismo, con soddisfazioni di tutti perché ciascuna parte - ha detto Vendola - ha potuto far vivere utilmente la propria sensibilità è per me è un momento molto importante: la politica in Puglia ha scritto una pagina alta ed è una pagina che può aiutare la politica nazionale ad uscire fuori dai propri attorcimenti».
Il ddl è frutto del lavoro dell’assessore regionale alle politiche sociali della Regione Puglia, Elena Gentile (Ds), dal mese di novembre impegnata nel faticosissimo iter del testo e anche alle prese con i contrasti che emergevano all’interno del centrosinistra, in particolare con la Margherita, tutta tesa a veder favorita nel disegno di legge la famiglia tradizionale, quella cioè descritta dall’art. 29 della Costituzione.
«È una legge innovativa - ha sottolineato Elena Gentile - diretta a combattere le povertà e a difendere la dignità delle persone all’interno delle famiglie e delle formazioni in cui queste vivono».
L’approvazione - avvenuta con il voto contrario dell’opposizione di centrodestra - è arrivata oggi in aula, nel quarto giorno di dibattito in consiglio regionale, un confronto che, soprattutto nella prima giornata dei lavori, ha avuto toni accesi, con pugni battuti sui tavoli da parte dei consiglieri di opposizione e toni di voce molto alti per gridare a tutti, all’opinione pubblica, il fermo no ad una legge che - secondo la Cdl - «uccide la famiglia di diritto».
È chiaro a questo proposito il capogruppo di FI, Rocco Palese: «La Puglia diventa la prima Regione in Italia che legifera sui Pacs. Il carattere universalistico delle prestazioni sociali, che era già presente con le leggi in vigore, non è per noi in discussione. Ciò che non si condivide - precisa Palese - è che il centrosinistra ha voluto bluffare per poter sancire l’equiparazione tra famiglia tradizionale, coppie di fatto e convivenze tra gay».
La Cdl si ritiene comunque soddisfatta: ha incassato (questa la mediazione raggiunta) lo spacchettamento delle norme per separare non solo gli articoli ma anche i titoli della legge relativi alla famiglia da quelli per le coppie di fatto. Non solo: rimarrà in vigore la legge sulla famiglia n.5 del 2004 varata con la giunta di centrodestra guidata da Raffaele Fitto (FI). Verranno però salvati solo i primi due articoli della legge, quelli cioè che riguardano e riconoscono il ruolo fondamentale della famiglia di diritto. Ancora: la mediazione prevede anche una riserva del 10% dei fondi ad esclusiva copertura finanziaria per sostenere gli interventi alla prima infanzia e all’associazionismo.
Sono soddisfatti anche i consiglieri della Margherita: «Noi - ha detto il capogruppo, Enzo Cappellini - siamo fieri di questa legge perché raccoglie fino in fondo, non lo avvilisce ma anzi esalta, l’art. 29 della Costituzione, quello che tutela e valorizza la famiglia fondata sul matrimonio e l’altra parte della Costituzione che realizza il principio di non discriminazione: quindi diritti uguali per tutti».
Il disegno di legge che disciplina i servizi sociali in Puglia metterà a disposizione delle famiglie e delle persone legate da «vincoli solidaristici» 170 milioni circa di euro, somme provenienti da fondi regionali e nazionali.

Tratto dalla GdM

La Puglia copia Zapatero: stessi diritti per coppie gay e famiglia tradizionale


La Puglia ora si sente un po' come la Spagna.

Qualcuno dice che la legge sul welfare di Nichi Vendola odora di zapaterismo. Qualcosa di vero in fondo c'è. Il nuovo testo, approvato a maggioranza dopo scontri duri, ore d'ostruzionismo, confronti aspri su matrimonio e convivenza, disciplina i servizi sociali per le famiglie. E il problema è tutto qui: cos'è una famiglia? Il governatore della Puglia ha un'idea di famiglia ampia, che va oltre sacramenti e vincoli di legge. Il suo sistema di welfare state, infatti, garantisce a pieno titolo anche le unioni di fatto, comprese le coppie gay. Questo vuol dire che per Vendola e la sua maggioranza le coppie di fatto, eterosessuali o meno, valgono quanto le coppie riconosciute da Dio e dallo Stato. Nessuna differenza giuridica. La famiglia non si basa solo sul matrimonio, ma anche sulla convivenza. Non tutti, come si sa, sono d'accordo. Non lo è Benedetto XVI, che ieri ha ribadito, senza ombre, la sua idea di famiglia. Non lo è neppure una buona parte del centrodestra e, almeno in teoria, i partiti di ispirazione cattolica. La Costituzione, come ricorda Riccardo Pedrizzi di An, tutela la famiglia tradizionale. Questa legge, quindi, è uno strappo alla nostra carta fondamentale. È un pugno all'architrave della società. Paolo Binetti, senatrice dell'Ulivo, considera sbagliato inserire le norme su famiglie e coppie di fatto in un unica legge: «Sono situazioni diverse. Così facendo la Puglia ha tutelato male gli uni e gli altri».
Vendola, a chi lo critica, risponde comunque che la sua non è una rottura, uno strappo, ma un'apertura. Alla fine - dice - ha vinto il compromesso. «Abbiamo chiuso una legge - sostiene - che diventa d'avanguardia in tutta Italia. Questa legge difende fino in fondo la famiglia, così come protetta dall'articolo 29 della Costituzione, dall'altro estende i servizi sociali alle coppie di fatto, cioè vede nella realtà quello che c'è e accetta il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge».
Non tutto però appare così limpido. «La Puglia - fa notare Rocco Palese - capogruppo di Forza Italia nel Parlamento pugliese - diventa la prima regione in Italia che ha legiferato sui Pacs. Il carattere universalistico delle prestazioni sociali, che era già presente con le leggi in vigore, non è per noi in discussione. Ciò che non ci piace è che il centrosinistra ha voluto bluffare per poter sancire l'equiparazione tra famiglia tradizionale, coppie di fatto e convivenze tra gay». La legge sul welfare è diventata, in pratica, il grimaldello per far passare un'idea di famiglia che non piace a tutti. Luca Volonté, capogruppo Udc alla Camera, grida allo scandalo: «Grazie al governatore Vendola è stato sferrato un colpo mortale alla famiglia tradizionale, arrecandole tra l'altro un grave pregiudizio economico. I leader dell'Unione, a partire da Rutelli, non possono far finta di non vedere».
Ma per Vendola la sua legge è una evoluzione della famiglia fondata sul patto d'amore. Un amore che spesso vive nelle coppie di fatto e non in quelle di patto. La famiglia e il matrimonio non sono mummie cristallizzate». Amore, famiglia, patto, fatto, matrimonio, convivenza: quante cose ci sono sotto il cielo del welfare.
(Il Giornale)

Fini adotta la linea Casini: «Rinnoviamoci»

I due leader scelgono la stessa strada: prima il proprio partito più forte, poi si vedrà
L’ex vicepremier ha tenuto i suoi all’oscuro di tutto. E pensa all’ingresso di «esterni»
SI SONO sentiti spesso in questi giorni. Anche più volte al giorno. Non si sono ancora incontrati, ma lo faranno presto. Insomma, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando hanno ripreso a parlare la stessa lingua. Ad usare le stesse parole. E soprattutto a solcare gli stessi passi. Al punto che l’ex presidente della Camera, quando ha letto la nota fatta diramare da Fini al termine dell’esecutivo di An giovedì, ha esclamato: «È la linea dell’Udc». E in effetti la svolta di Fini (no al partito unico, ripensiamo An) era stata praticamente annunciata il giorno prima. E non dal solito colonnello. Bensì dal segretario dell’Udc che mercoledì scorso ha detto a chiare lettere qual era per lui la strategia da seguire: «Non credo nè al partito unico nè alla federazione di partiti». E, nell’annunciare che il congresso del suo partito si terrà a febbraio, ha spiegato che sarà all’insegna dell’allargamento. L’Udc in altre parole ha aperto una sorta di campagna acquisti sui moderati in libera uscita soprattutto da Forza Italia. Anche Fini pensa di intraprendere la stessa strada, aprirsi verso l’esterno, fare qualcosa in più di un semplice lifting ad Alleanza nazionale. Ritiene che il suo partito ha finito la sua spinta propulsiva e sia oramai ingabbiato da anni in quel secco 12 per cento. Mentre tutte le società di sondaggi che hanno lavorato con via della Scrofa negli ultimi anni hanno sempre decretato un elettorato potenziale per il partito attorno al 20 per cento. E allora, perché An non cresce? «Perché esiste una distanza eccessiva tra Gianfranco e Alleanza nazionale», spiega un suo fedelissimo che chiede l’anonimato. Una distanza che proprio in questi giorni sembra essere diventato un abisso. Non è più solo una differenza tra i grande generale e i suoi colonnelli. Ma ormai tocca tutto ciò che è attorno a Fini. Per questo il leader di An difende a spada tratta tutti i suoi uomini coinvolti nelle recenti inchieste giudiziarie. Ha difeso Storace. E difende oggi Sottile. Al punto che ritiene sia in corso un vera e propria offensiva dei pm ai danni del secondo partito della coalizione. Ma si rende perfettamente conto che tutto ciò che sta avvenendo sta producendo un danno d’immagine enorme al suo partito. Tutti questi fattori conducono l’ex vicepremier a intraprendere la linea Casini, in due tappe: «Gianfranco, fermiamo il partito unico. Prima rafforziamo i nostri partiti e poi pensiamo al futuro del centrodestra». E su quel rafforzare che il leader centrista ha sfondato le ultime resistenze di un Fini sempre più bisognoso di lanciare verso l’esterno un messaggio di forte rinnovamento. Il capo della destra si è presentato, due giorni fa, così al vertice del suo partito senza aver svelato nessuna carta ai suoi. Visto che la linea sino a quel punto l’aveva discussa più con politici esterni che interni. Non è un caso che per esempio quasi tutti gli esponenti dell’esecutivo del suo parito erano favorevoli all’ipotesi del parito unico. D’accordo Matteoli, d’accordo anche Gasparri e La Russa. E d’accordo persino Storace, che pure non ha mai mancato di usare anche frasi sprezzanti all’indirizzo della formazione unitaria. Fini ha dunque deciso di andare dritto per la sua strada. «Se seguisse i consigli dei suoi colonnelli - sottolinea ancora il finiano doc - il risultato sarebbe una seconda An. Ma Gianfranco vuole fare un’"altra cosa". E non è nemmeno detto che debba essere un partito di destra, magari sarà una formazione di centrodestra». Forse si sta correndo troppo, ma quel che appare certo è che il capo della destra non ha in mente un’operazione di aggiustamento. Ma una rifondazione più profonda che aprirà le porte anche ad energie esterne. Qualcosa già s’era visto in campagna elettorale quando il leader di An presentò la candidatura dell’avvocato Giulia Bongiorno, la quale accettava sottolineando che lo stava facendo per «stima» nei confronti di Fini e non per totale adesione al partito. L’allora ministro degli Esteri si sarebbe voluto spingere oltre. Ma aveva già imposto ai suoi le quote rosa e aveva chiesto di inserire nelle liste alcuni fedelissimi. Avrebbe voluto spingersi oltre e volle essere prudente. Oggi non è più tempo.

Ds, Mussi a Fassino: ''No al partito democratico''

Anche a Sinistra stessa canzone...

L'esponente dell'ex Correntone: ''Una fusione tra Quercia e Margherita non ce la fa ad affermarsi. Ragioniamo sulle forme dell'alleanza, coltivando l'identità socialista''

Nella fotoFabio Mussi (Infophoto) (Adnkronos/Ign) - Il gruppo dirigente dei Ds prenda atto che il progetto di fusione con la Margherita non va avanti, che continua a essere un contenitore senza contenuto di cui si continuano a ignorare i tempi di realizzazione. Parte dal Teatro Quirino di Roma e dall'assemblea della Sinistra Ds un nuovo altolà, pronunciato dal coordinatore Fabio Mussi, al partito democratico. Nell'intervento davanti al vertice che riunisce a Roma i rappresentanti e i quadri dirigenti dell'ex Correntone, Fabio Mussi parla chiaro e dice che il partito democratico ''non potrà essere il mio, il nostro partito''.

Mussi e la Sinistra Ds intendono ragionare, senza minacciare rotture. ''Il nostro dissenso nei Ds - puntualizza infatti il portavoce della minoranza della Quercia - non è mai stato spinto al punto di provocare rotture'', come dimostra l'atteggiamento mantenuto nel corso della campagna elettorale che ha portato alla sconfitta della Cdl. ''Abbiamo più volte dissentito - ricorda - ma abbiamo sempre partecipato senza risparmio di forze all'impegno per il successo del nostro partito e del centrosinistra''.

La relazione di Mussi entra nel vivo quando affronta il tema del partito democratico e, rivolgendosi direttamente a Piero Fassino, lo invita a constatare i deludenti risultati che ne hanno contrassegnato il percorso. ''Si prenda atto che il progetto di una fusione tra Ds e Margherita non ce la fa ad affermarsi, che non c'è lo spazio storico di un partito unico''. Per cui ''si dichiari un'esplicita correzione di rotta politica e ragioniamo allora sulle forme dell'alleanza, delle relazioni unitarie possibili con la Margherita e con il resto dell'Unione''. ''Comunque - insiste Mussi - ci vuole un congresso in tempi certi e ravvicinati. Non si sciolgono i Ds, non si fonda il partito democratico senza un congresso. Chiediamo che si rispettino le regole democratiche primarie''.

Secondo il ministro per l'Università e la Ricerca, poi, ''i contenuti sono i grandi assenti della discussione'' e alla formazione nascente continuano a mancare valori e ''tratti identitari''. La soluzione va ricercata a sinistra coltivando ''l'identità socialista'' e la linea sostenuta nei congressi: ''Una sinistra forte e autonoma, una grande alleanza democratica''. Quindi Mussi fa sapere che la Sinistra Ds non entrerà a far parte della segreteria che Piero Fassino si appresta a rifondare dopo l'ingresso al governo di numerosi esponenti dell'organismo della Quercia.

Quanto alla questione legata alla missione italiana in Afghanistan, Mussi ritiene che ''non si possa convenire con quei gruppi di sinistra che chiedono un immediato disimpegno''. ''Credo che d'Alema e Parisi abbiano ragione. Iraq e Afghanistan non sono la stessa cosa: è vero che la missione in Afghanistan non può essere considerata infinita ed è vero che bisogna ridiscutere il senso politico dell'impegno. E' giusto, e il governo ha deciso in questo senso, che - prosegue il ministro dell'Università e della Ricerca - non ci sia un incremento di forze italiane, o nuovi mezzi come gli aerei da combattimento. Ma lì ci sono la Nato, l'Onu, l'Europa, compresi tedeschi e spagnoli che in Iraq non sono andati o si sono ritirati''.

Mentre sulle riforme istituzionali, propone una pausa di riflessione. L'esponente della Sinistra Ds parte dall'esperienza della scorsa legislatura e dal referendum che ha bocciato la 'Costituzione di Lorenzago'. ''Ora - osserva in un passaggio del suo intervento - non dobbiamo chiuderci a ipotesi chiare, limitate e democratiche di riforma costituzionale. Forse, però, l'esperienza compiuta e i rischi corsi, dovrebbero indurci a qualche prudenza. Prima di avventurarci in qualche nuova grande riforma, prima di aprire nuove procedure - conclude Mussi - conviene dedicare qualche mese alla meditazione''.