: Politica Libera :

Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

31.10.06

Giornata Politica del 31/10/2006


Il Cavaliere: qui c'è lo zampino di Prodi sulla vicenda giudiziaria

leggi tutto


Fini: «Prodi cadrà per rottura al centro»
leggi tutto


Via l'imposta sui Suv, ecco il superbollo

Montezemolo: «C'è una tassa ogni ora»
leggi tutto


Il «Financial Times» sulle pensioni: Prodi scricchiola, non farà riforme
leggi tutto

«La Forestale sull’orlo del baratro» Sit-in e cortei contro la Finanziaria






30.10.06

Giornata Politica del 30/10/2006

Berlusconi :
GRANDE PARTITO CENTRODESTRA SARA' MIO LASCITO

Un grande partito del centrodestra - a cui seguira' un importante partito della sinistra - sara' 'un salto in avanti verso una democrazia completa' secondo Silvio Berlusconi che vorrebbe considerarlo come 'il lascito' della sua discesa in politica.


Berlusconi: in piazza, lo vogliono gli elettori

Il leader della Cdl: il 2 dicembre parteciperemo alla manifestazione contro il regime e per la libertà

FINI: PER GRANDE CENTRO NON CI SONO CONDIZIONI STORICHE


Per il leader di An, Gianfranco Fini, non ci sono "le condizioni storiche, prima ancora che politiche,per ridar vita ad un centro di derivazione democratico cristiana". Lo ha detto questa mattina, a Montesilvano (Pescara) ...
leggi l'articolo



Inchiesta Mediaset, Berlusconi a giudizio

Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio, con l'accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari, per la vicenda delle presunte dichiarazioni reticenti fatte dall'avvocato inglese David Mills in due processi milanesi. La decisione è stata presa dal gup Fabio Paparella che, con la stessa accusa, ha mandato a giudizio anche Mills. Il fondatore della Fininvest secondo l’accusa avrebbe «comprato» due false testimonianze del legale inglese nei processi All Iberian e Tangenti Gdf.
leggi l'articolo


Bertinotti: No al Governissimo

Non è un mistero che Rifondazione comunista veda come fumo negli occhi le ipotesi di Grande Coalizione o di un governo tecnico sulle quali continua ad esercitarsi il centrodestra, malgrado la netta chiusura di Romano Prodi....

Mastella apre sull'esercito a Napoli

L'esercito a Napoli per fronteggiare l'emergenza criminalità? Un'ipotesi che «non è più un tabù» secondo il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che si trova a Napoli per un incontro con il collega francese Clemenceau.
leggi l'articolo


BUONA NAVIGAZIONE
IL BLOG da oggi è A NORMA CON IL DECRETO VISCO BERSANI nella parte relativa ai diritti d'autore



24.10.06

Interruzione provvisoria articoli

Gentili Visitatori, vi comunico che dal 25/10/2006 al 29/10/2006 non saranno pubblicati articoli. A partire da quella data gli articoli del blog non saranno più pubblicati come ho fatto sino ad ora, poichè con il decreto Visco-Bersani sono cambiate le regole anche per i blog. "

Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 230 del 3 ottobre 2006

Art. 32. Riproduzione di articoli di riviste o giornali All'articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il comma 1, e' inserito il seguente: «1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

SCUSATE IL DISAGIO
Mr. Cherokee




Diliberto: "Al Billionaire, ma col tritolo..."


ROMA - Se ami la Jaguar perdi il diritto di essere di sinistra. Lo statuì tempo fa Oliviero Diliberto, che è ottimo comunista, persona spiritosa ma decisamente crudele nel riferire ciò che è bene e ciò che è invece male. Diliberto è contro il politicamente corretto, contro l'enfasi patriottica. Presentadosi e riassumendo in una parola com'è fatta la sua testa, ha detto: "Sono teorico del j'accuse". E perciò il suo animo impetuoso e certamente severo si è adombrato per una domanda di Daria Bignardi a La7. "Scelga un posto dove trascorrere una bella serata. Un luogo tra questi due però: la villa della Certosa del Cavaliere o il Billionaire di Briatore". Per Diliberto, che ha avuto in garage una Fiat Palio, l'alternativa è parsa troppo satanica. Ha fatto così col capo e poi si è fatto esplodere: "Al Billionaire ma imbottito di tritolo!". Il rito kamikaze gli dev'essere parso l'unica via di uscita onorevole e consapevolmente antagonista, l'ultima difesa allo sfregio di entrare nel capanno lussuoso di Flavio, l'uomo-dollaro. A parte, nessuno se lo è chiesto, di capire come diavolo ci sarebbe potuto arrivare - se non da imbucato - nel vippissimo fortino sardo. Diliberto infatti teorizza (e dichiara anche di praticare) l'insuperabilità di una vita da quattromila euro al mese, "perché il resto lo dò al partito. E dico che non è affatto poco, con quella cifra si vive bene, si arriva alla fine senza scosse, si ha anche la possibilità di fare spese voluttuarie". L'intera mattina è passata tranquilla, nessuno si è accorto di niente, o comunque chi ha visto e udito, conoscendo Diliberto, ha compreso e perdonato. Verso le due, appena dopo l'ora del ristorante, hanno raccontato l'episodio a un deputato di Forza Italia, Giorgio Jannone. Jannone, subito scosso, ha diramato una lunga e preoccupata nota nella quale si ritiene che la battuta, ancorché illustrata col sorriso, fosse proprio vicina nel configurare un gravissimo reato penale: "Questa è apologia del terrorismo! Non è ammissibile che Diliberto possa esprimersi in questi toni. Neanche se scherza". E' partita una richiesta di chiarimento, una delle tante che i deputati si scambiano durante la giornata e sempre attraverso testi scritti. Infatti costoro pur abitando sotto lo stesso tetto di Montecitorio, e avendo agevolmente la possibilità di chiarirsi, producono note ufficiali che convergono spesso in interrogazioni e interpellanze. Così ieri: alla carta di Jannone, altre carte. Una dell'onorevole Piero Testoni e una del deputato Salvatore Cicu: "Deve scusarsi per quello che ha detto".

C'è stata attesa e qualche preoccupazione per Briatore, nel senso che si è ritenuto che anch'egli potesse valutare di dover prendere la parola, specialmente adesso che è preso dalla curiosità di capire e calcare la scena politica. No, Briatore non ha commentato. E Diliberto non ha aderito alla richiesta di scuse ne gli è parso utile ridefinire il grado di provocazione e l'ampiezza dello scherzo delle sue parole.

FONTE WWW.REPUBBLICA.IT

Vicenda Putin: il Cavaliere " si è difeso con franchezza"\


«Non ha amici, ha solo interessi», dice alla Farnesina chi conosce la Russia a menadito. Putin ha diretto il controspionaggio, è cresciuto alla scuola del Kgb, ha un carattere glaciale: la sintesi è verosimile. Persino a Bush capitò di essere corretto dall'ex studente prodigio dell'università di San Pietroburgo: «Siamo colleghi, lavoriamo insieme», fu la precisazione del leader russo, anni fa, all'ennesina volta in cui il presidente americano si rivolgeva al nuovo «friend».

Scovare amici italiani dello Zar della nuova Russia è impresa difficile. Tolto Berlusconi, che del titolo ha fatto rivendicazione, non rimane molto. Dal '99 ad oggi Putin ha visto per lavoro molti nostri politici: da Dini a Fini, da Prodi a Frattini. Si è interessato dei progetti economici su suolo russo di grandi aziende come Eni, Enel, Banca Intesa, Finmeccanica (il presidente e a.d. Guarguaglini è stato uno dei pochi a ricevere, pochi mesi fa, l'onore di un faccia a faccia riservato e informale). Ha stretto mani di imprenditori e buona società invitato da Ciampi al Quirinale o cenando a Milano con esponenti di Confindustria.

Probabilmente solo con il Cavaliere il rapporto è andato al di là della forma, si è esteso alle mogli, ha convolto i figli, implicato vacanze comuni. E l'affettuosità del leader di Forza Italia ha nel tempo raggiunto anche dimensioni materiali molto grandi: alla nostra ambasciata a Mosca ricordano la volta in cui Berlusconi a sorpresa recapitò due statue neoclassiche all'«amico Vladimir». Rimasero per ore bloccate in portineria: erano troppo alte per essere monitorate dai metal detector del Cremlino.
E da vero amico ieri Berlusconi commentava: «Non ha detto quelle cose, non ha attaccato nessuno. Lo scandalo è che quelle parole, in modo alterato, siano finite sui giornali. La solita disinformazione. Putin si è solo difeso con franchezza, dicendo la verità: ovvero che nessuno può fargli delle prediche». Una linea che ha coinvolto tanti politici che gravitano nell'area berlusconiana.

Valentino Valentini, deputato azzurro che del Cavaliere negli anni di governo è stato l'ombra, è uno dei pochi italiani che può dire di conoscere realmente il leader russo, per averci trascorso insieme intere giornate: «In un vertice informale tutti parlano in modo franco, si dice quel che si vuole. Lui è abituato a dire nero al nero e bianco al bianco. Ognuno ha i suoi problemi interni e fare la morale agli altri è sempre sgradevole». Aggiunge l'ex sottosegretario di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti: «La sincerità in politica è una virtù e mi pare che Putin abbia solo detto la verità».

Insomma Putin può essere anche difeso, anche a spada tratta. Ieri l'ha fatto Maurizio Gasparri, An: «Fra lui e Prodi, Putin ha sempre ragione, qualsiasi cosa dice. A prescindere, come diceva Totò». L'ex ministro della Difesa Antonio Martino, premettendo che Putin «non intendeva offendere l'Italia» e che la sua tesi sull'origine non russa della parola mafia «è incontestabile». Con la consueta franchezza il leghista Roberto Calderoli: «Putin ha detto una sacrosanta verità. La mafia l'abbiamo esportata noi, purtroppo c'è tanta ipocrisia che chi dice il vero finisce per aprire un caso politico». Persino il regista Franco Zeffirelli, che ha pranzato più di una volta con Putin e ama l'iperbole: «Mi piace ed è molto simpatico, un personaggio glaciale che sa raccontare barzellette. Eccezionale. Le critiche sono ipocrisia, Putin getta la verità in faccia a Paesi che hanno la coscienza sporca: in Italia tutto è mafia, nulla si muove senza raccomandazione e ricatti. E vogliamo fare la morale a lui? Ma fatemi il piacere. Allora dovremmo dire che il primo mafioso è quello Schröder che oggi lavora per Gazprom!».

Due giorni fa Palazzo Chigi ha cercato di mettere la sordina al caso: bollato come «ironia», «nessuna critica diretta» all'Italia. Non sarà un amico come Berlusconi, ma non tanti anni fa Prodi trascorreva intere serate, anche a notte fonda, al telefono con il leader russo, condividendo gli sfoghi sull'imminente attacco americano contro l'Iraq. Forse non era amicizia, ma nemmeno il segno di un rapporto formale.


FONTE WWW.CORRIERE.IT

Legge elettorale/ Pronti i quesiti dei referendum bipartisan per consolidare il maggioritario.


"E' un referendum che va nella direzione giusta: consolidamento del maggioritario e del bipolarismo". Marco Filippeschi, responsabile dipartimento Istituzioni dei Ds, è tra coloro che hanno aderito al comitato referendario 'bipartisan' che vuole riformare la legge elettorale lasciata in eredità dalla CdL alla fine della scorsa legislatura. Per farlo martedì il comitato presenterà in Cassazione due quesiti abrogativi: il primo prevede che il premio di maggioranza venga assegnato non più alla coalizione ma alla lista che ha ottenuto più voti; il secondo che un candidato non possa presentarsi in più di una circoscrizione. Si tratta di "una iniziativa dal basso" spiega il responsabile diessino per le riforme che può "aiutare a superare tentazioni patologiche di riproporzionalismo". Naturalmente la Quercia continua a ritenere che il sistema elettorale preferibile è quello maggioritario con "collegi uninominali e doppio turno" in sostanza "il modello francese - ricorda Filippeschi - con modifiche positive per renderlo accettabile alle condizioni italiane".

"Il referendum sulla legge elettorale è una pistola puntata: se dovessero essere raccolte le firme, diventerebbe urgente una riforma per via parlamentare". Lo ha detto il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Luciano Violante, conversando con i cronisti a Montecitorio a proposito del comitato referendario messo in piedi dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, al quale aderisce un fronte trasversale che va dai Ds a Forza Italia.

"Da questo momento - ha osservato Violante - abbiamo una pistola puntata: siamo costretti a cambiare la legge in Parlamento. Una volta che il referendum abrogativo dovesse passare, infatti, diventerebbe difficile mettere mano a una riforma. Se invece la cambiamo prima della consultazione popolare, la Consulta potrebbe dichiarare inammissibile il referendum".

"Ha ragione Luciano Violante quando afferma che i quesiti referendari rappresentano una pistola puntata contro il Parlamento, uno sprone a legiferare e in fretta per migliorare la legge elettorale, va anche aggiunto che essi sono anche una pistola puntata contro il Governo Prodi che si regge su una sinistra massimalista che mai potrà accettare di veder vanificato il potere di veto di cui dispone". E' quanto rileva Adolfo Urso, dell'Esecutivo di An, che manifesta il proprio consenso ai nuovi quesiti referendari. "I referendum - ha aggiunto Urso - impongono delle scadenze che farebbero saltare l'attuale coalizione, nel merito essi rappresentano un forte impulso per dare vita al Partito democratico e al Partito delle libertà, rafforzando il bipolarismo e consentendo la nascita di maggioranze e governi omogenei. Per questo in molti, soprattutto tra i riformisti oggi succubi dei massimalisti, comprendono che il processo referendario è la strada migliore che conduce al dopo-Prodi".

FONTE WWW.AFFARITALIANI.IT

23.10.06

Parla col «Giornale», via dal Pdci «E ora non voto più la manovra»

Non è un terremoto, ma per la precaria maggioranza di centrosinistra al Senato anche uno scricchiolio può essere letale. Fernando Rossi, senatore dei Comunisti italiani, ieri ha lasciato il partito. Un gesto dettato dal rifiuto di concedergli la parola al Comitato centrale. La sua colpa: aver rilasciato al Giornale un'intervista molto critica sulla linea del partito e sulla legge finanziaria, che non ha intenzione di votare a meno di «radicali cambiamenti». Così Rossi racconta la giornata che lo porta fuori dal partito e indebolisce ancor più il governo Prodi. «Avevo deciso di intervenire, mi sono iscritto alle 9.15, a riunione appena iniziata, proprio per avere la sicurezza di parlare. Alle 11 mi sono avvicinato alla presidenza per controllare quando arrivava il mio turno e Severino Galante (il deputato che presiedeva l'assemblea, ndr) ha tergiversato: “Parlerai più avanti”. Passata un'altra mezz'ora, sono tornato al tavolo della presidenza, ho spostato i fogli e mi sono accorto che il mio nome era stato cancellato dalla lista degli iscritti. A quel punto Galante mi ha detto: “Non parlerai, non c'è bisogno che stia qui a spiegarti perché”».
«La goccia che ha fatto traboccare il vaso» è stato l'intervento di Diliberto. «Ha detto: “È inutile che Rossi parli, tanto quello che doveva dire l'ha detto al Giornale”. Un discorso da amministratore delegato, non da segretario di un partito democratico che deve garantire il pluralismo. Mai vista una cosa del genere, è un argomento stalinista. E poi se valesse per tutti, che dire di Diliberto che parla ogni giorno sui giornali e in televisione?».
A quel punto Rossi, già in rotta col partito per contrasti a Ferrara (e il giorno prima sottoposto a procedimento disciplinare per dichiarazioni «fuori linea») ha consumato lo strappo. Si è avvicinato al palco e ha restituito platealmente la tessera a Diliberto dicendogli solo «Ci sei riuscito a farmi lasciare il partito». Solidarietà da qualche compagno? «Certo, ma solo in privato, se no se li fanno fuori».
Fonti del Pdci commentano l'uscita di Rossi dicendo che «si assumerà la responsabilità della sua decisione». Ieri Diliberto, in un'intervista al Messaggero, aveva ribadito la sua linea di fedeltà al premier: «Prodi da noi non ha nulla da temere, siamo con lui e lo difenderemo fino all'ultimo dagli attacchi di quei potentati economici che l'hanno appoggiato in campagna elettorale convinti che avrebbe fatto il lavoro sporco con una Finanziaria da far pagare tutta ai lavoratori». Anche se fuori dal Pdci, Rossi intende comunque «rispettare il mandato degli elettori». Per questo oggi scriverà una lettera al presidente del Senato Franco Marini chiedendogli di restare come indipendente nel gruppo Verdi-Pdci. «Se Diliberto riuscirà a impedirmelo, pazienza. In ogni caso mi sento vincolato al programma dell'Unione. E proprio per questo non posso votare la Finanziaria perché lo contraddice».
È infatti sulla manovra che Rossi, già dissidente sul rifinanziamento della missione in Afghanistan poi votata quando il governo mise la fiducia («Ma mi sono pentito, non lo farò mai più»), ha un profondo disaccordo. «Così com'è non la voto, anche se faccio cadere Prodi», ripete. «Abbiamo fatto la campagna elettorale su scuola, precari, diritti. Ora che cosa andiamo a dire ai precari, di ripassare l'anno prossimo? Perché tagliare il cuneo fiscale per tutte le imprese, anche quelle decotte? Che senso ha il tetto di 50 dipendenti sul Tfr? Prodi dice che è una Finanziaria giusta perché scontenta tutti, ma per me si è bevuto il cervello. L'obbligo di transazioni bancarie per pagamenti di cento euro? Un favore alle banche. La tassa sui Suv? Uno specchietto per le allodole, buona solo per far sfogare il popolino e far affiggere i manifesti di Rifondazione “Anche i ricchi piangono”. Ma qui è il Paese che piange... Si dovevano fare scelte coraggiose: scontenti qualcuno ma almeno hai un progetto, qui invece abbiamo tutti contro senza avere nemmeno un progetto».

FONTE WWW.ILGIORNALE.IT

Santoro e la 'ndrangheta. Un caso politico


Prima ha scritto al diretto interessato. Poi l'ha urlato dalle pagine dei giornali: «Caro Santoro, il tuo annozero sulla Calabria è piaciuto alla 'ndrangheta, mentre io mi sento più isolato ed esposto». Quindi ha deciso di portare il caso in commissione di vigilanza Rai: «Perché non si può fare un processo senza difesa». Il governatore della Calabria Agazio Loiero si scaglia contro Michele Santoro. E la puntata della trasmissione di Raidue sull'omicidio Fortugno e la Locride, si trasforma in una nuova bufera politica Santoro-centrica. In parte ribaltata, però: con il centrosinistra che attacca il giornalista «mandato in esilio da Berlusconi» e l'opposizione che lo difende. Era già successo con la puntata su Napoli. Ieri la replica. «La puntata di annozero sarà piaciuta alla 'ndrangheta, non certo ai calabresi che si battono per una Calabria pulita», ha dichiarato ieri a l'Unità Loiero. Quindi ha rincarato: «Non nego che i problemi ci sono, ma la Calabria non è solo quella». Per questo Loiero ha deciso di «andare avanti»: «Sottoporremo il caso alla commissione di vigilanza Rai. Oggi chiamerò Rosa». «Rosa» è il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. Un mese fa lei per prima ha scritto ai vertici Rai e alla commissione di vigilanza: «Nessun limite alla libertà di informazione, ma le trasmissioni Rai devono rispondere all'obbligo di completezza e obiettività. E Santoro credo che non sia stato né completo né obiettivo».

Santoro dal suo sito commenta: «Ci sono già tante trasmissioni tv che fanno vedere le cose belle dell'Italia. Noi preferiamo raccontare l'altra faccia del Paese».
Quindi aggiunge: «Le reazioni fanno parte del mio lavoro. Anche le più violente». La vedova di Fortugno afferma: «Per molto non si è parlato, ora forse si sta sparlando. Ma va bene se questo serve a catalizzare l'attenzione del governo». E l'opposizione si chiede: «Ma come, il "martire della sinistra", messo sotto accusa proprio dai suoi?». A spezzare una lancia in favore di Santoro è l'ex ministro di An Francesco Storace. L'altra sera era ospite della trasmissione: «Io non credo che sia giusto prendersela con Santoro, ha dimostrato equilibrio. Il problema esiste e bisogna parlarne». E l'ex vicepresidente della commissione parlamentare antimafia Angela Napoli (An) aggiunge: «Coloro che oggi criticano, per lo più di centrosinistra, dovrebbero fare un esame di coscienza». Alla commissione di Vigilanza Rai non è arrivata ancora alcuna lettera di protesta di Loiero. «Aspettiamo, poi valuteremo», afferma il presidente Mario Landolfi. Che da uomo di An però aggiunge: «Registro che anche la sinistra critica Santoro e questo lo rende meno mostro sacro». Certo: «Se Storace (che era lì e ha ricoperto il mio ruolo) difende Santoro, forse la trasmissione sarà stata anche spiacevole ma rispettosa del pluralismo». Loiero taglia corto: «Qui non è questione di sinistra o destra. Santoro ha un problema di share ». Il vicepresidente Nicola Adamo chiede una verifica sui dati dell'anagrafe assistiti usati da chi «vuole presentare la Calabria come terra di sprechi e malcostume». Il sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni aggiunge: «Santoro ha centrato tutta l'attenzione sul fatto emozionale e criminale». Per Mario Tassone (Udc) l'immagine della Calabria è stata distorta ma ci sono «elementi utili alle indagini». «Ottimo Santoro, impietoso ma vero», afferma Giacomo Mancini. E il deputato dell'Ulivo Franco Laratta: « Annozero mi ha fatto vergognare ma mi ha dato più coraggio».


FONTE WWW.CORRIERE.IT

Polemiche sul velo: scorta alla Santanchè


Solidarietà bipartisan alla deputata di An dopo lo scontro in tv con l'imam di Segrate.

Daniela Santanchè è da oggi sotto scorta. La misura di protezione, disposta dal ministero dell'Interno, è scattata dopo lo scontro in diretta tv su Sky tra la parlamentare di An e Ali Abu Shwaima, imam della moschea di Segrate. Durante la trasmissione Controcorrente di venerdì l'esponente islamico ha aggredito la deputata perché sosteneva che «il velo non è un simbolo religioso e non è prescritto dal Corano». Di qui la condanna dell'imam (cittadino italiano): «Lei è un'ignorante, falsa, semina odio, è un'infedele». Accusa che si traduce in fatwa, ossia in una implicita condanna a morte. Anatema che il Viminale ha ritenuto preoccupante, tanto da predisporre in tempi rapidissimi la scorta per la Santanchè. La vigilanza speciale sull'onorevole, che ha ribadito le sue convinzioni ieri pomeriggio a Domenica In, sarà effettiva già da oggi. La Santanchè ha trovato sostegno trasversale. Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha espresso «netta condanna» per l'aggressione verbale subita. «Da episodi come questi dobbiamo trarre in maniera sempre più netta il rifiuto verso tutto ciò che favorisce conflitti di religione o di civiltà». Barbara Pollastrini, ministro ds per le Pari opportunità, è stata ferma: «Voglio che il signor Shwaima sappia che in Italia non sono accettabili minacce, intimidazioni, condanne. Siamo in un Paese democratico e pretendiamo da chi vi è stato accolto il rispetto dei principi di libertà, opinione e scelta. Il diritto di cittadinanza va condizionato alla condivisione di queste regole comuni, tra cui è centrale il rispetto della donna». Il leader udc Pier Ferdinando Casini si augura che «le autorità italiane prendano i provvedimenti necessari senza alcuna pavidità». L'ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha annunciato un disegno di legge che prevede la reclusione per chi minaccia. Maurizio Gasparri chiede carcere ed espulsione per l'imam di Segrate. Solidale Souad Sbai, presidente delle donne marocchine in Italia: «Condanniamo questi pseudorappresentanti religiosi». Invece per Mario Scialoja, ex presidente della Lega musulmana mondiale, «il velo prescritto dal profeta è quello che si porta sui capelli, non il burqa, le musulmane sono libere di portarlo o no». Trova «fuori luogo» le parole della Santanchè il presidente della Comunità religiosa islamica (Coreis), Yahya Pallavicini. «Sono interpretazioni forzate che esasperano sia la legge che il concetto di libertà».

FONTE WWW.CORRIERE.IT

22.10.06

Casini: «Nel centrodestra ci sono anche gli imbecilli»

Non si tratta di ricucire gli strappi che lacerano la Cdl, Pier Ferdinando Casini tesse un'altra tela. E non è il caso di sbottonarsi sulla piazza di Vicenza: «Io percorro un'altra strada, qualunque polemica andrebbe a vantaggio di chi ha organizzato la manifestazione», ragiona sull'aereo che lo riporta a Roma da Stresa dov'è stato ospite del convegno sulle liberalizzazioni organizzato da Iniziativa subalpina, il think tank del portavoce dell'Udc Michele Vietti. A Stresa Casini ha parlato da leader del centrodestra e da leader - già che c'era - ha ridisegnato i confini della coalizione, e dato la linea «alla parte produttiva del paese» (e dell'ormai ex centrodestra). Anzitutto, pulizia: «Siamo ostaggi degli estremismi, a sinistra come a destra. Io posso discutere di molte cose con Rutelli, D'Alema può lavorare con Fini». La geometria di Casini parte dal centro - «i moderati» -, esclude gli estremi e soprattutto esclude Silvio Berlusconi, cui non concede neppure un accenno. Ha appena ricevuto il Tapiro da Striscia la Notizia e sospira: «in effetti l'ho meritato», lasciando capire che se avesse saputo che finiva così, l'«amico Marco» non avrebbe avuto una candidatura facile facile. L'intervento di Casini si snoda in parallelo con la manifestazione a Vicenza: quando intorno all'una gli arrivano le notizie dal Veneto, lui non riesce a trattenere un commento sui fischi all'inno di Mameli. Tagliente: «Nella Cdl c'è qualche imbecille, lo vediamo tutti i giorni. Mi rifiuto di pensare che metà degli italiani, quelli che hanno votato i partiti del centrodestra sarebbero capaci di fischiare l'inno nazionale». Non toccate le istituzioni, ammonisce Casini «guai a chi le porta in piazza». Non si tocca per esempio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «è un uomo di sinistra, vero, ma è anche una persona capace di far prevalere il peso del suo ruolo sulle sue convinzioni». Se qualcuno pensa che Pierferdi parli di massimi sistemi non si illuda, il leader Udc ha una strategia ben disegnata in testa. Primo: «Se Prodi cade è meglio, ma non ci illudiamo che dopo verranno le elezioni. Le elezioni sono fuori questione, lo dice uno che ha cominciato a far politica in seconda liceo». Chi ci pensa o chi ci crede è un ragazzino e invece a un'eventuale caduta di Prodi dovrebbe seguire un governo «in cui tutti si prendono le loro responsabilità, e tutti partecipano a una revisione delle regole che ormai è indispensabile». Secondo, e conseguenza del primo: non si fa ostruzionismo sulla Finanziaria. «Non diamo a Prodi la scusa per mettere la fiducia presentando cinquemila emendamenti, attenzione perché c'è uno schieramento trasversale che ci conta. Dalla nostra parte per gridare al blitz, dall'altra per portare a casa il provvedimento senza modifiche». Detto questo, «non lasciamoci andare a proclami: la fiducia sulla manovra non è un colpo di Stato, io stesso l'ho subita da presidente della Camera e resto convinto che sia il segnale di un governo debole». Terzo: il rapporto con l'immigrazione, dove Pierferdi riesce ad attaccare Fini da destra, accusandolo di esser stato debole sulla vicenda del velo. «I simboli religiosi non vanno proibiti, ma devono esser portati con moderazione. E non dimentichiamo che siamo cristiani e la nostra è la chiesa di Ratzinger». Basta con il bipolarismo relativista, insomma. Come dice Vietti: «Il Casini che ha preferito oggi la proposta alla protesta è il nuovo leader dei moderati, non c'è dubbio». A Vicenza, però, c'era Giovanardi. Casini: «Che posso dire, è un deputato del Veneto, va dove crede».

FONTE WWW.LASTAMPA.IT


SANITÀ ALLO SBANDO - Vendola abbandonato dai suoi stessi alleati

“Tutto ci saremmo aspettati di vedere tranne che il partito del Presidente della Regione e i principali sponsor politici della campagna elettorale del centrosinistra (Cgil compresa), gli rinfacciassero oggi di applicare alla sanità pugliese il ‘metodo Fitto’”. La considerazione è del capogruppo di Forza Italia Rocco Palese in Consiglio Regionale. “E tutto ci saremmo aspettati di sentire – osserva in una dichiarazione - tranne che l’assessore Tedesco ammettesse oggi una verità che noi ripetiamo ormai da tre anni, ossia che ‘Fitto non ha chiuso nessun reparto, nessun ospedale, nessun laboratorio”.
Tra le varie polemiche vi sono gli stessi Rifondazione Comunista, Tribunale del Malato, Cgil e Federconsumatori che rinfacciano al Presidente della Regione Puglia Vendola ed all’Assessore Tedesco di non aver mantenuto le promesse fatte in periodo elettorale riguardo al cambiamento nel settore sanitario.
In pratica ciò di cui viene accusato Vendola, soprattutto dalla fazione opposta, è di non avere obiettivi comportando in questo modo un peggioramento dei servizi, un ulteriore chiusura di reparti e laboratori e, di conseguenza, di causare un aumento nella spesa sanitaria e farmaceutica.


FONTE WWW.CAPITANATA.IT

Putin: «L'Italia? È la culla della mafia»


Ci è andato giù duro, il presidente russo. Almeno secondo quello che riferisce il quotidiano spagnolo El Paìs. Irritato dai richiami per le violazioni dei diritti umani nel suo Paese, Vladimir Putin avrebbe dato una risposta che ha lasciato di stucco Prodi e Zapatero: «il Cremlino non può accettare lezioni di democrazia da Paesi come la Spagna, in cui molti sindaci sono sotto inchiesta per corruzione; o dall'Italia, dove è nata una parola come mafia». Lo scatto d'ira del leader russo, avvenuto durante il vertice europeo di Lahti, in Finlandia, sarebbe stato riferito ai giornalisti spagnoli da alcune fonti diplomatiche.

LA GAFFE - Nell'auditorium Sibelius sulle sponde del lago Vesijarvi, dove venerdì scorso i leader europei e Putin hanno partecipato a una cena per discutere delle forniture di gas russo all'Unione, la serata non era cominciata sotto i migliori auspici. Putin era reduce dalla clamorosa gaffe sul presidente israeliano per le cui prestazioni aveva espresso ammirazione e invidia, tralasciando il dettaglio che Moshe Katsav è a un passo dal finire sotto processo per violenza sessuale. Il presidente dell'europarlamentare, Josep Borrell non lo aveva accolto nel più caloroso dei modi, ricordandogli la preoccupazione dell'Unione per il deterioramento dei dritti umani in Russia; il minuto di silenzio osservato dai deputati per l'uccisione della giornalista Anna Politkovskaya e le difficoltà sofferte dalle Ong russe.

L'ATTACCO - «Facciamo affari con Paesi peggiori del suo» gli aveva poi detto, «ma con voi vogliamo unirci e per questo è necessario che condividiate certi valori». Putin, palesemente irritato, ha reagito con una tattica che conosce bene: si è difeso attaccando. Zapatero e Prodi, secondo le fonti, sono rimasti senza parole, mentre Putin rispondeva anche alle preoccupazioni europee per la situazione in Georgia e Cecenia: «Pensate a quello che avete combinato in Jugoslavia», ha detto. Ad allentare la tensione ci ha pensato il premier finlandese e padrone di casa Matti Vanhanen. In chiusura di cena Putin ha ammesso che anche in Russia c'è diffusa preoccupazione per l'aumento della violenza, negando però ogni responsabilità nella morte della giornalista Anna Politkovskaya.

FONTE WWW.CORRIERE.IT

21.10.06

FINI, PER PRODI INIZIATO CONTO ALLA ROVESCIA


"Se il centrodestra rimane unito cosi' come e' unito oggi qui', il conto alla rovescia per il governo Prodi e' davvero cominciato". Lo ha detto il leader di An, Gianfranco Fini, intervenendo dal palco alla manifestazione della Cdl contro la Finanziaria. Fini ha sottolineato che la manifestazione di Vicenza "e' un evento politico di primaria importanza" e se la Cdl restera' unita "mandare a casa Prodi e fare in modo che questa maggioranza diventi presto opposizione e' un obiettivo a portata di mano". "Vicenza - ha continuato il leader di An - e' oggi idealmente la capitale dell'Italia che lavora, senza distinzione di ceto e di categoria". La 'rivolta' di chi si sente "tartassato dalla finanziaria del governo - ha proseguito - non e' una rivolta che ha come scopo quello di non pagare le tasse: pagare le tasse e' un dovere, ma a condizione che quello che si paga abbia poi una corrispondenza nei servizi che lo stato deve garantire al cittadino". "Nella vostra rabbia e nella nostra determinazione - ha concluso Fini tra gli applausi della piazza - c'e' la certezza che siamo transitoriamente all'opposizione e quanto prima torneremo a governare". (Repubblica.it)

Prodi bugiardo pericoloso, vada a casa»


Berlusconi a Vicenza sotto il temporale: «Piove, governo ladro». «Anche il capo dello Stato è uno di loro». Fini: «Restiamo uniti»

La battuta è scontata, ma qui si può anzi si deve dire. «Piove governo ladro» sbotta Silvio Berlusconi sul palco di una bagnatissima piazza dei Signori a Vicenza, dove sullo sfondo campeggia il disegno di Prodi con il naso lunghissimo da Pinocchio. Tutto intorno è pieno di cartelli che ironizzano sulle bugie che avrebbe detto il Professore. Tra gli altri si legge: «Prodi fa più tagli di un parrucchiere». E ancora: «Coraggio, Prodi è di passaggio» oppure «W il baccalà, abbasso il mortadella» in omaggio alla cucina locale. Il popolo della Cdl, richiamato dal Cavaliere, scende in piazza nel profondo nord per protestare contro la manovra del governo che «soffoca il ceto medio». Sotto la pioggia battente «la base» del centrodestra (si contano migliaia di persone) si riscalda anche così, in attesa dei comizi dei leader che prendono la parola alle 11.

ATTACCO A PRODI - Berlusconi, scortato da Fini e Bossi, non concede nulla all'inquilino di Palazzo Chigi. L'intervento è breve, interrotto da scambi di battute con la folla ma il concetto di fondo è chiaro. «Prodi è un gran bugiardo ed è pericoloso e dobbiamo mandarlo a casa». L'ex premier non stacca il piede dell'acceleratore sulla polemica dei brogli elettorali definendo «taroccate» le elezioni di aprile. «Hanno occupato tutto - ribadisce attaccando la sinistra - anche il presidente della Repubblica è uno di loro». Fini usa gli stessi accenti, e dopo la battuta poi corretta sulla «leadership del centrodestra non scontata» tende la mano a Berlusconi. «Caro Silvio il tuo obiettivo, quello di mandare all'opposizione questo governo, è a portata di mano». Il presidente di An chiama gli alleati a serrare le fila: «Se siamo uniti, il conto alla rovescia del governo Prodi è già iniziato». Bossi invece invoca «Veneto libero» e durante il corteo qualche fischio - proveniente dai leghisti - accompagna le note dell'inno di Mameli. Il vicepresidente della Regione Veneto, Zaia prova a giustificare: «Dopo l'Inno d'Italia qualcuno si aspettava il Va' Pensiero. Se questa è una festa deve essere una festa per tutti».

L'ASSENZA DELL'UDC - L'unico rappresentante centrista che non è mancato all'appello non fa polemica. «L'Udc non solo aderisce, ma ha contribuito attivamente alla costruzione di questa manifestazione» spiega Carlo Giovanardi. A distanza arriva la replica di Marco Follini, a Napoli per l'assemblea nazionale di «Italia di Mezzo», la nuova creatura ultracentrista nata da una costola di Casini. «Alle manifestazioni o si va o non si va - spiega Follini pensando proprio al vecchio amico - L'idea di lasciare i capi a casa e mandare gli scudieri in piazza mi sembra, come dire, acrobatica». Berlusconi si tiene a debita distanza e al termine del corteo commenta: «Casini ha sbagliato a non venire? No, questa è la casa delle libertà e ognuno puo fare come vuole».

fonte www.corriere.it

20.10.06

Sala Giuliani - Napolitano: "Scelta legittima dei senatori del Prc"


Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!!

LA SINISTRA HA APPENA CONSACRATO carlo GIULIANI (ricordate il G8 2001 di Genova ??)

fa parte della cultura di Sinistra....osannare i martiri anche quando non sono martiri.....la foto si commenta da sola !!!!!

CHE COSA STAVA FACENDO? STAVA AGGREDENDO UN PUBBLICO UFFICIALE? E LA SINISTRA AL POTERE CHE FA? LEGALIZZA L'ATTACCO ALLE FORZE DELL' ORDINE!!!!!!!!

con l'appoggio del Presidente della Repubblica Napolitano - la più alta carica dello STATO ITALIANO

Vi riporto l'articolo di Repubblica di oggi 20/10/2006

Il Quirinale getta acqua sul fuoco della polemica nata ieri dopo che il gruppo di Rifondazione comunista al Senato ha deciso di intitolare a Carlo Giuliani, il militante noglobal ucciso durante le manifestazioni contro il G8 di Genova nel luglio del 2001, la sede del proprio ufficio di presidenza. Una scelta che aveva fatto alzare un coro di proteste da parte del centrodestra e del Cocer dei carabinieri, con tanto di richiesta d'intervento al capo dello Stato. Intervento arrivato oggi, con una lettera del Quirinale. ''Questa scelta - osserva il presidente Giorgio Napolitano - rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire''.
''Il presidente Napolitano - prosegue la lettera - intende assicurare che continuerà a presenziare, con assoluta serenità e convinzione, a tutte le manifestazioni che si svolgeranno a celebrazione del ruolo delle nostre Forze Armate, e ad esprimere in quelle occasioni il pieno riconoscimento del paese e suo personale dei compiti che esse svolgono, con incontestabile dedizione e lealtà, a difesa della sovranità nazionale e al servizio della pace nel mondo nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 11 della Costituzione, nonché a difesa delle istituzioni repubblicane e dell'ordinata convivenza civile". ''Il capo dello Stato - continua la lettera del Quirinale - non ravvisa infatti alcuna contraddizione tra questi comportamenti e la specifica scelta politica di un gruppo parlamentare: scelta che, come voi stessi riconoscete, rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire, dovendo e potendo esprimersi solo su questioni di ordine generale attinenti al funzionamento complessivo del sistema istituzionale e politico, come del resto ha fatto più volte anche con riferimento al ruolo delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine''.

La missiva del Colle ha posto fine alla polemica, anche se da parte della Cdl non si nasconde un certo disappunto. "Ci rammarichiamo che il capo dello Stato non ritenga 'questione di ordine generale attinente al funzionamento complessivo del sistema costituzionale e politico' l'intitolazione di un locale del Senato, gestito dal gruppo di Rifondazione comunista, a chi ha perso la vita nel tentativo di linciare tre giovani carabinieri di leva, già feriti nel corso dell'aggressione", rispondono i senatori Carlo Giovanardi, Giuseppe Cossiga e Maurizio Gasparri. "Rimaniamo fermamente convinti - proseguono i parlamentari del centrodestra - che questa provocazione indebolisca la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e mortifichi l'azione quotidiana di chi mette a rischio la propria vita per salvaguardare democrazia e libertà dei cittadini nel nostro Paese". Piena soddisfazione per la precisazione di Napolitano è arrivata invece dal gruppo del Prc a Palazzo Madama. ''Apprezziamo profondamente la limpida presa di posizione del presidente della Repubblica a proposito del nostro diritto a intitolare a Carlo Giuliani una sala del nostro gruppo parlamentare - afferma il presidente Giovanni Russo Spena - Non avevamo del resto mai avuto dubbi sulla sensibilità e correttezza istituzionale del capo dello Stato''.

OSANNARE I BANDITI......ECCO COSA FA LA SINISTRA....CDL SVEGLIA...RICOMINCIATE A LAVORARE SERIAMENTE PER TORNARE AL POTERE !

«Il governo è praticamente già caduto»


«La valutazione negativa sull'economia italiana viene dai mercati. Ci hanno detto il debito pubblico italiano è cresciuto, l'avanzo primario va verso zero. In realtà l'economia non è andata bene e anche i conti pubblici non vanno bene. I conti italiani vanno meglio di quanto è stato detto e non sono allo sfascio, l'economia è in ripresa. Questo governo aveva la possibilità di andare oltre, con serietà, ma non l'ha fatto. Conteggiare il Tfr come mezzo di finanziamento è falso. Conteggiare la lotta all'evasione tra le entrate è sbagliato. Tutto il resto sono troppe tasse che deprimono l'economia» ha detto il vicepresidente della Camera Giulio Tremonti (Forza Italia) nella videochat del Corriere della Sera.

CONDONI E FINANZIARIA - «La sinistra ha fatto una battaglia sui condoni, poi ha fatto uno scandaloso condono sul lavoro nero» ha aggiunto Tremonti. «Io non avrei fatto una Finanziaria così sgangherata. Se uno va a vedere che cosa è necessario per mettere a posto i conti sono 15 miliardi di euro. Tutto il resto è fatto per fare politica» ha spiegato poi l'ex ministro dell'Economia.

GOVERNO E TFR - «Il governo è praticamente già caduto. Uno deve dire: "sto al governo per fare", non "se non sto al governo si torna a votare". Non si può governare con il sistema dei senatori a vita. E' l'unico caso in Europa.
Il Tfr non è del governo, ma ora ci mette le mani. Non vengono toccate le aziende con più di 50 dipendenti. Vuol dire che ora gli imprenditori si fermeranno a 49 dipendenti» ha aggiunto Tremonti.

PENSIONI E ALITALIA - Noi abbiamo fatto la riforma delle pensioni che è la migliore in Europa, mentre la sinistra è stata eletta dicendo che la smontava.
Io devo dire poi che le dichiarazioni su Alitalia non si fanno con Borsa aperta. Il piano industriale deve essere attuato» ha aggiunto Tremonti.
PRIMARIE - «Non credo che il meccanismo delle primarie sia quello giusto per il centrodestra. La finanza creativa è stata inventata dalla sinistra e dall'ex presidente della Repubblica Ciampi» ha detto il vicepresidente della Camera.
ALIQUOTA UNICA - «Il futuro verso cui andremo è quello dell'aliquota unica. La giustizia propria delle imposte progressive sarà data in futuro da maggiori e migliori servizi sociali» ha spiegato Tremonti.
AUTOSTRADE - Per quanto riguarda il caso Autostrade in Spagna è il capo del governo che impone le decisioni ai ministri, in Italia è l'opposto.
Se parliamo delle privatizzazioni diciamo poi che alcune sono state fatte bene altre male, come la Telecom e le Autostrade» ha aggiunto Tremonti.
STUDI DI SETTORE - «I problemi del Paese non si risolvono dispondendo solo del 50,00%. Gli studi di settore sono uno strumento giusto, vanno messi a posto. La logica giusta è quella di ridurre le aliquote per ridurre l'evasione fiscale» ha spiegato Tremonti.
GRANDE CENTRO - «Secondo me la politica in Europa è bipolare, vale a dire socialisti e popolari. Ci sono fasi in cui si mettono insieme, come è avvenuto in Germania, ma normalmente sono divisi. Io non credo al Grande Centro» ha aggiunto il vicepresidente della Camera.
POLITICA FISCALE - «Oggettivamente la politica fiscale è fatta da Visco. E' una politica che considero assolutamente sbagliata. Ha fallito dal '96 al 2000 con il record dell'evasione fiscale, fallirà ancora. Bisogna avere il coraggio di abbassare le aliquote, fare riscossione seria, evitare il ricatto burocratico» ha spiegato Tremonti.
RICCHI - «Un governo che dice voglio fare pagare i ricchi ha lasciato invariata l'aliquota del 43% per i redditi massimi, ha lasciato fuori le Ferrari dalla tassa sui Suv, che ora peraltro non c'è più» ha aggiunto l'ex ministro dell'Economia.
RAI - «Togliere una rete alla Rai, vuol dire distruggere il patrimonio pubblico. La riforma Gentiloni la considero demenziale per l'interesse pubblico. Dietro quel disegno di legge c'è una logica di vendetta che distruggerà un bene pubblico, vale a dire la Rai» ha spiegato Tremonti.
GUZZANTI - Infine anche una domanda scherzosa per Tremonti che ha detto di apprezzare l'imitazione che gli è stata fatta da Corrado Guzzanti.

fonte www.corriere.it

Leadership Cdl? Problema che non esiste»

Così Silvio Berlusconi reagisce a una battuta di Fini che definiva non scontata la supremazia dell'ex premier



MILANO - Botta e risposta Berlusconi-Fini sulla leadership della Casa delle Libertà, con contorno di interventi di altri esponenti politici dell'opposizione. Il sasso lo lancia il leader di An durante una conversazione a Repubblica Tv: se dovesse cadere il governo e si andasse ad elezioni anticipate, «ci metteremo intorno ad un tavolo e decideremmo i
FIni e Berlusconi (Ansa)
FIni e Berlusconi (Ansa)
il candidato premier, nulla è scontato, credo che lo stesso Berlusconi lo sappia». Dopo pochi minuti arriva la secca replica dell'ex premier, che definisce la questione: «Un problema che non esiste».

FINI PRECISA - E un paio d'ore dopo, ecco la nuova precisazione del leader di An: «È ridicolo ipotizzare divisioni (tra me e Berlusconi, ndr.) quando non ci sono. Se dico "se si va al voto, nulla è scontato, ci metteremo attorno ad un tavolo e decideremo insieme chi sará il leader" e Berlusconi commenta "il problema leadership non esiste" è evidente che non c'è alcuna divaricazione tra noi, perchè entrambi lavoriamo convintamente perchè l'Italia si liberi il prima possibile di Prodi».
GALLI E CAPPONI - Nella mischia si getta anche il leghista Calderoli, che si schiera con Berlusconi: «Se i tempi sono brevi meglio un vecchio gallo ancora attivo e potente che molti giovani capponi sgomitanti...».
SE DIVENTASSE PAPA... - Ironico l'intervento sul tema del segretario della Democrazia Cristiana Gianfranco Rotondi: «Il sistema proporzionale dà regole certe: a guidare la coalizione è il capo del partito più forte, quindi Berlusconi. Il tormentone sulla leadership è fuori luogo. Certo, il popolo del Papa ieri a Verona ha molto applaudito Silvio e so che Papa Ratzinger è preoccupato? Se Berlusconi punta al papato, allora sì che si aprono scenari nuovi nella Casa delle Liberta». (WWW.CORRIERE.IT)

18.10.06

Cacciari: le tessere non valgano un ca...


Massimo Cacciari non ha peli sulla lingua. E attacca a testa bassa, senza giri di parole, il suo partito, la Margherita, lacerato da una lotta intestina sulle tessere. "Tutto ciò è semplicemente ridicolo. Si stanno affogando in un bicchier d'acqua", dichiara ad Affari il sindaco di Venezia. "Non hanno ancora capito che devono parlare di programmi e che le tessere di partito non contano un cazzo. Se mancano le strutture e le idee non si raccolgono i voti e quindi vince Berlusconi. Per questo, mi chiedo, che cosa se ne fanno delle tessere?". Cacciari manda poi un chiaro segnale ai leader di Ds e Margherita: "Se il partito democratico sarà soltanto la somma delle due forze prenderà pochissimi voti e non conterà un bel niente. Devono essere intelligenti per fare un'operazione seria, altrimenti è tutto totalmente inutile".

L'esponente dei Dl ne ha anche per Romano Prodi: "Il premier deve smettere di chiedere ai partiti di fare un passo indietro, perché più indietro di così c'è solo la tomba. Ma dove vogliono andare? Al centro della terra? O sottoterra? Dobbiamo fare 100.000 passi in avanti, in termini di capacità di elaborazione di progetti e anche di organizzazione. Comunque Prodi, anche se non ha dimostrato di avere un gran carisma, al momento è l'unico che possa ricoprire la carica di presidente del nuovo partito democratico".


FONTE WWW.AFFARITALIANI.IT

Follini lascia l'Udc e fonda nuovo movimento

Si chiama l'Italia di Mezzo. Le critiche ai suoi ex compagni di partito: «Decidete cosa fare da grandi». Buttiglione: Marco sbaglia


Marco Follini (Agf)

ROMA -
«Mi chiamo fuori dall'Udc». Lo annuncia l'ex segretario centrista Marco Follini, formalizzando così la sua uscita dal partito per fondare il Movimento dell'Italia di Mezzo, che sarà ufficializzato sabato in una manifestazione a Napoli.
«MORSO POCO» - In una conferenza stampa seguita alla lettera con cui ha annunciato al segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, la sua uscita dal gruppo parlamentare, Follini rivolge un consiglio «amichevole» ai suoi ex compagni di partito: «Decidete cosa fare da grandi perchè in questi mesi di legislatura avete abbaiato molto ma morsicato molto meno. Se ci sarà da mordere io sarò pronto, se ci sarà da abbaiare mi tiro indietro».
NEL GRUPPO MISTO - Follini, che già nelle settimane scorse aveva detto di non voler restare nell'Udc se l'Udc non si fosse smarcato dalla Casa delle libertà, ha poi fatto notare che il partito si è tenuto «ben dentro i confini della Cdl» mentre per l'ex segretario centrista «puntare a ricostruire il centrodestra è cosa diversa dallo scommettere sulla ristrutturazione del centrodestra: sono due politiche differenti». Follini si iscriverà ora al gruppo misto del Senato e si dedicherà alla costruzione dell'Italia di Mezzo: «È doveroso scommettere tutto» sul nuovo soggetto, ha spiegato Follini, e «con questo spirito mi chiamo fuori dall'Udc». Al movimento dell'ex segretario aderisce anche il deputato bresciano dell'Udc, Riccardo Conti, oltre a «una cinquantina» di consiglieri regionali e provinciali.
BUTTIGLIONE: «SBAGLIA» - Un primo commento alla fuoriuscita di Follini dall'Udc arriva dal presidente del partito, Rocco Buttiglione: «Mi dispiace, sbaglia. Quello che vogliamo fare da grandi è costruire un centrodestra vincente e capace di governare il paese. Non è vero che abbaiamo e non mordiamo, certo non facciamo gli interessi di Prodi, non aiutiamo la sinistra a vincere le elezioni. Questo sì».

FONTE WWW.CORRIERE.IT

17.10.06

Vendola, comunista a parole, anticomunista nei fatti


Navigando in rete ho trovato un sito molto strano...www.pmli.it il Partito Marxista leninista Italiano....spulciando news tra una pagina e l'altra del sito ho trovato questo articolo molto scottante..ve lo posto integralmente..

Vendola, comunista a parole, anticomunista nei fatti

Nichi Vendola vince a sorpresa le primarie indette il 16 gennaio scorso dall'Ulivo per scegliere il candidato a governatore della Puglia che sfiderà ad inizio aprile il governatore uscente, il forzista Raffaele Fitto. L'esponente del PRC ha battuto col 50,9% di preferenze il candidato del "centro-sinistra", Francesco Boccia della Margherita.

Il fatto ha sconvolto un po' i piani, specie di D'Alema e Fassino, e riaperto le polemiche sulle primarie all'interno della Gad. Ma in buona sostanza nessuno si è doluto del fatto che il candidato governatore del "centro-sinistra" e Rifondazione sia un personaggio come Vendola. Piace a tutti, alla destra come alla "sinistra" borghese. Nessuno può avere paura di un comunista a parole, ma anticomunista nei fatti come Vendola.
E infatti a sostenere la sua candidatura non c'erano solo Rifondazione, i Verdi e il "correntone" DS, ma hanno chiesto voti per lui anche il presidente di Pax Christi, Tonino Bello (di cui Vendola si considera un "discepolo"), don Ciotti, don Angelo Cassano, parroco di San Sabino. A dire il vero anche il capo dei gladiatori, Francesco Cossiga, in un duetto televisivo con Bertinotti che gli aveva chiesto un sostegno a Vendola per le primarie, così aveva risposto "Caro Fausto, stampate pure un opuscolettino elettorale con il mio articolo sul giornale a favore di Nichi Vendola e scriveteci a chiare lettere 'Autorizzato dall'uomo di Gladio"'.
Non c'è da stupirsi. Vendola in passato era riuscito persino a suscitare l'entusiasmo dei fascisti de il "Secolo d'Italia" che recensendo la sua ultima raccolta di poesie, "L'ultimo mare", ne avevano esaltato "il leopardiano pensiero poetante": "La voce della sua poesia riconsegna ai mutamenti una grande speranza".

Il percorso nel PCI revisionista
Vendola nasce a Bari il 26 agosto 1958, ma vive a Terlizzi distante circa 30 chilometri dal capoluogo, dove adolescente inizia la sua carriera politica. Il padre e lo zio sono dirigenti della sezione del PCI revisionista di Terlizzi. Due "comunisti di tipo nuovo" come li definisce lo stesso Vendola. Infatti sono figli della buona borghesia del paese. Il padre (e nonno di Nichi) era Don Giovanni Vendola, detto l'"inglese" per l'eleganza anglosassone, proprietario di una cava di pietre. Il padre di Nichi Vendola è in gioventù un fervente fascista, capo balilla che partì in guerra volontario per "servire l'impero". Si convertì soltanto dopo la guerra.
Ma non voleva che il figlio Nichi diventasse comunista, "non prima di aver conseguito la laurea", racconta lo stesso esponente del PRC. E prosegue: lo "zio mi diceva di leggere la Bibbia, perché un comunista non deve avere paraocchi deve viceversa spaziare nel tempo e nello spazio, deve coltivare più dubbi che certezze, deve essere sempre curioso e possibilmente anche allegro" ("Liberazione" del 24 ottobre 1999). Ancora oggi Vendola sostiene che "Il libro più importante per un comunista come me è la Bibbia".
Si può facilmente capire dunque perché Vendola alla trasmissione "L'Infedele" di sabato 22 gennaio si è così descritto: "Ho avuto un'educazione cattolica non comunista. Comunque sono un comunista particolare: ho condannato Stalin, i gulag e le foibe e sono fautore della nonviolenza".
Vendola si iscrive alla Fgci, l'organizzazione giovanile del PCI, già a 14 anni, nel 1972. Si laurea in lettere e filosofia discutendo una tesi su Pierpaolo Pasolini. Diventa giornalista professionista. è fra i promotori dell'Arcigay e della Lila (Lega italiana lotta all'Aids). Nel 1985, si trasferisce a Roma, entra a far parte della segreteria nazionale della Fgci diretta da Pietro Folena (con cui condivide le radici cattoliche) e ne diventa il numero due. Insieme a lui c'è un altro pugliese, Franco Giordano. Entrambi diventeranno i pupilli di Bertinotti. Esce dalla Fgci nel 1988 e va a lavorare a "Rinascita" durante la direzione del trotzkista-operaista Alberto Asor Rosa. Nel 1990 entra a far parte del Comitato centrale del PCI. è un gramsciano di destra fino al midollo, antistalinista viscerale. Il suo stesso nome lo testimonia. Battezzato Nicola, viene subito nominato Nichi, in onore di Nikita Krusciov e della sua destalinizzazione.
Proprio in funzione antistalinista e anticomunista rivendica tutta l'esperienza del PCI revisionista da Gramsci, a Togliatti, a Longo, a Berlinguer. Così ripercorre enfaticamente questa esperienza nel 1999 su "Liberazione": "Gramsci già negli anni della carcerazione aveva intuito le degenerazioni della lotta intestina del dopo-Lenin e tutta la sua titanica riflessione ruotò attorno a categorie e temi che erano il contrario dello stalinismo. Togliatti, che nel gelo moscovita visse da dirigente internazionale, tornato dall'esilio inaugurò con vigore la 'via italiana' e il 'partito nuovo': e la sua riflessione approdò allo scandalo di quel 'memoriale di Yalta' che Longo, all'indomani della morte del Migliore, volle pubblicare nonostante la interdizione sovietica. Il dramma ungherese, nel 1956, fu l'ultimo capitolo del legame di ferro tra comunisti italiani e la casa madre russa. Nel '68 l'invasione della Cecoslovacchia fu condannata con energia e il PCI indicò nella 'primavera di Praga', piuttosto che nei carriarmati, un paradigma: il 'socialismo dal volto umano'. Enrico Berlinguer portò a compimento lo strappo con le liturgie terzinternazionaliste e con la soggezione al modello sovietico: del quale vide prima i 'limiti' e gli 'errori' e poi ne intese la natura organicamente totalitaria. Strappò con un tentativo generoso ma troppo presto strozzato, incubato negli anni Trenta nella camera iperbarica dello stalinismo e congelato nella lunga stagione della stagnazione brezneviana. Non strappò la bandiera guardò avanti, ad una 'terza via', che non era l'autostrada liberista di Tony Blair, bensì la ricerca di un'alternativa di società 'oltre' e 'contro' la modellistica ingessata e mortifera del 'socialismo reale"'.

Fondatore del PRC
Non è quindi da posizioni autenticamente comuniste che Vendola nel '91 si oppone allo scioglimento del PCI e fonda, insieme a Garavini, Cossutta e altri, il "Movimento per la rifondazione comunista" che darà poi vita al PRC. Fin da allora egli è un precursore di quello che solo recentemente Rifondazione oserà operare ufficialmente: la rottura aperta con l'esperienza storica del movimento operaio nazionale e internazionale e della dittatura del proletariato, e l'assunzione della strategia della nonviolenza.
Già quando era dirigente della Fgci e redattore del mensile "Jonas" teorizza la "nuova libertà", vagheggia castronerie tipo l'"interdipendenza", il "bisogno di una perestrojka planetaria", la "nonviolenza cervello progettuale della libertà solidale" (relazione al convegno Fgci "Percorsi di nuova libertà" - Venezia 7/8 novembre 1988). Nell'ultimo congresso della Fgci a cui partecipa, nel dicembre '88, accusa il PCI di aver praticato un riformismo "debole".
Nel convegno della poi defunta DP sulla "Nuova sinistra", svoltosi a Milano nell'aprile 1991, attacca i maestri del proletariato da Engels a Stalin, esorcizza la lotta di classe e la dittatura del proletariato. Riconosce alla "Nuova sinistra" il "merito grande" di "aver tenuto aperto uno spazio di 'comunismo eretico"'. E aggiunge: "Ritengo vecchio e di destra un giudizio, che qui ho sentito pronunciare con apparente estremismo, per cui il problema sarebbe la rottura violenta, la conquista del potere. Su questo terreno siamo morti, e comprendendolo possiamo rinascere, a partire da quanto bene diceva il compagno Preve e cioè dalla ripresa in mano di tutti i perché della sconfitta della rivoluzione in Occidente, che fa allontanare Gramsci dal paradigma leniniano della conquista del potere e gli fa costruire la teoria dell'egemonia, dettandogli una lettura della società con la stupenda topografia delle casematte e del come si conquistano".
Il suo antimarxismo-leninismo è netto e furioso. In un'intervista rilasciata al quotidiano craxiano "Avanti!" del 12 dicembre 1991, commentando il primo congresso di fondazione del PRC dichiara: "Credo che sia un fatto salutare che si introduca un elemento di rottura rispetto a qualunque concezione dogmatica delle ideologie: quindi anche la concezione dogmatica del cosiddetto marxismo-leninismo è bene che possa essere fracassata".
Non altrettanto duro lo è con gli ex terroristi cosiddetti "rossi", con molti dei quali, a iniziare da Prospero Gallinari, intrattiene fraterne amicizie. Il 15 marzo 1991 su "il manifesto" riprende un tema a lui caro, quello di "oltrepassare la logica degli 'anni di piombo"'. Lo riprende per dire che non pensa più alle "BR" come "sedicenti" e "nemici, al soldo dei servizi stranieri, camuffati di rosso", ma le attesta come "eversione di sinistra", "fenomeno reale e con basi relativamente di massa". La stessa tesi sostenuta allora da Cossiga.
Nel PRC in un primo tempo ricopre l'incarico di responsabile delle politiche giovanili. Si impegna in prima persona per lanciare il mito del Guevara fra la base di Rifondazione e i giovani di sinistra proprio in contrapposizione ai maestri del proletariato internazionale e alla via universale dell'Ottobre. Nel dicembre '92 promuove a Roma una manifestazione sul tema "Il nostro Ernesto Che Guevara". Così lo racconta su "Liberazione" del 1• gennaio 1993. "Perché il Che? Intanto perché quel giovane medico argentino ha scritto alcune delle pagine più belle e meno scontate della storia del comunismo novecentesco... Abbiamo raccontato del fascino e della lucidità di quel 'piccolo condottiero del ventesimo secolo' che pensò alla guerriglia come ad un processo di riforma sociale, di quel ministro della nuova Cuba in permanente polemica contro ogni degenerazione burocratica... Di quel comunista che rifuggì dalle imbalsamazioni dogmatiche del marxismo, che mise costantemente l'accento sulla soggettività e sul ruolo degli individui nella traduzione in politica, che cercò di coniugare il mutamento delle fasi materiali della società con la costruzione dell''uomo nuovo"'.
Il "comunismo rifondato" di Vendola è insomma pregnato di liberalismo, di anarchismo, di individualismo piccolo-borghese, e persino di misticismo cattolico. "Sento tutto il fascino di un magistero millenario - ha dichiarato a 'Liberazione' del 16 febbraio 2000 -, perché mi sento sfidato e interrogato dal mistero della fede e dalla straordinaria parabola di Cristo crocefisso, perché la speranza nella liberazione umana non può non incrociare la sapienza e l'esperienza della chiesa".
La sua nonviolenza esasperata lo porta anche ad essere un sostenitore convinto della rinuncia alla lotta armata da parte dei popoli sotto il giogo imperialista e capitalista in Chiapas come in Guatemala e altrove. "La guerriglia è stata una delle forme necessitate della ribellione e dell'agire politico. Ciò che conta è che, nel fuoco della lotta guerrigliera, si sono formate forze politiche capaci di giungere alla trattativa e all'accordo, capaci di perseguire con lucida determinazione l'obiettivo del trascendimento della lotta armata a condizione di una pace equa e di un pluralismo effettivo. A parte il penoso caso del narco-terrorismo di matrice polpottiana di Sendero Luminoso, la gran parte delle forze guerrigliere di questo spicchio di mondo ha saputo imporre all'avversario e a sé il passaggio dalla politica delle armi alle armi della politica" ("Liberazione" del 18 gennaio 1997).

Candidato di tutto il "centro-sinistra"
Vendola dal '92 ha inaugurato anche la sua carriera parlamentare e da allora è quasi ininterrottamente membro della Commissione antimafia.
Ora potrebbe essere la volta del salto a governatore della Puglia, ad assumere quindi un ruolo governativo e anche il suo già lodato "moderatismo" e il suo già essere un "comunista eretico e libertario" ha bisogno di un'ulteriore sterzata a destra. Prima delle primarie aveva già mandato un chiaro messaggio rassicurante alla borghesia locale: "Considero la Puglia un laboratorio speciale. La Puglia è nel sud ciò che la Lombardia è nel nord. Una regione che ha sempre avuto una borghesia d'impresa molto dinamica, molto fantasiosa. è un polo di grande fermento intellettuale; è una regione che può diventare il laboratorio per una nuova stagione del meridionalismo" ("Liberazione" del 12 novembre 2004).
Altrettanto "rassicuranti" sono state le dichiarazioni successive al suo "successo" aprendo di fatto la sua campagna elettorale: "Se posso fare un paragone assolutamente irriguardoso, vorrei usare le parole di Giovanni Paolo II quando si affacciò sulle società ibernate dell'est europeo: non abbiate paura. Vorrei dire al centrosinistra che non bisogna avere paura di innovare profondamente, di scommettere nella propria gente, di immettere nel circuito della politica la linfa vitale dei nuovi alfabeti che vengono dalle storie del femminismo, del pacifismo, dell'ecologismo, delle contestazioni giovanili, del nuovo conflitto di classe, del radicalismo cristiano" ("il manifesto" del 18 gennaio 2005). E ancora: "Da oggi vivo una realtà completamente mutata della mia vita: dismetterò i panni che ho vestito per 30 anni, quelli di un battitore libero, e indosserò i panni che sono quelli di guida di una coalizione, di guida e di garanzia di tutte le differenze" ("la Repubblica" del 19 gennaio 2005).
Intanto, per non lasciare dubbi, all'indomani del voto primario, da vero cattolico praticante qual è, è andato a messa nella cattedrale di Bari. Non una messa qualunque perché a celebrarla c'era il cardinale Camillo Ruini, in Puglia per presiedere il consiglio permanente della Cei.
A questo punto la domanda è d'obbligo: com'è possibile che chi vuol liberarsi dal capitalismo e conquistare il socialismo possa votare un anticomunista come Vendola? Gli anticapitalisti e i fautori del socialismo non hanno altra scelta che votare per il PMLI astenendosi.

FONTE WWW.PMLI.IT - http://www.pmli.it/nichivendolaanticomunistaneifatti.htm