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Blog QUOTIDIANO dedicato alla Politica ITALIANA.On line da febbraio 2006

29.3.08

Berlusconi: "Ecco i miei quattro bonus"

Pubblichiamo ampi stralci della video- intervista al leader del Popolo della libertà, Silvio Berlusconi, realizzata da Paolo Liguori che ha girato al Cavaliere decine di domande degli utenti web su tutti i temi della campagna elettorale, dall’allarme criminalità al rilancio delle infrastrutture, dalle riforme che il Pdl farà in caso di vittoria al rischio pareggio al Senato legato al voto ai piccoli partiti di centrodestra.

Francesco da Savona: "Qual è il rischio che si corre votando i piccoli partiti?" "Di fare il gioco della sinistra perché al Senato c’è in ballo un premio di maggioranza che viene assegnato regione per regione. Un partito deve raggiungere l’8%. Tutti i sondaggi ci dicono come nessuno dei partiti minori del centrodestra possa raggiungere questo 8% (...). Dare il voto a uno di questi partiti significa toglierlo al Pdl che deve confrontarsi con il partito di Walter Veltroni. (...) Ricordo che la maggioranza l’ebbe la sinistra al Senato nelle ultime elezioni per una manciata di voti in più alla fine di una notte di spogli e di brogli in Campania. (...) Con questa differenza la sinistra ha governato per due anni, aiutata poi dal voto dei senatori a vita". Valentina» da Bergamo: "Come garantirebbe più sicurezza ai cittadini?". "Cambiando totalmente la politica nei confronti dei cittadini stranieri, degli extracomunitari. La sinistra ha preso questa decisione dissennata di aprire le frontiere, siamo invasi da un numero di extracomunitari che non conosciamo neppure quale sia. (...) La sinistra ha poi ridotto i fondi alle forze dell’ordine e ha fermato quell’istituto del poliziotto e del carabiniere di quartiere (...). Che cosa faremo? Frontiere assolutamente chiuse come nel resto d’Europa, aumenteremo i campi di accoglienza temporanea, dove individueremo gli immigrati e decideremo se si possono riportare nei Paesi d’origine. A questo fine stipuleremo accordi che ci consentiranno di portare indietro gli immigrati partiti dal loro territorio (...). Riporteremo in auge il poliziotto e il carabiniere di quartiere portandoli a 10mila unità (...) e infine interverremo con delle riforme per quanto riguarda la certezza della pena, (...) con un aumento delle pene soprattutto per i recidivi di quei reati che la sinistra annovera nella cosiddetta microcriminalità come scippi, furti di automobili e in appartamento, spaccio della droga e prostituzione".

Luigi da Reggio Calabria: "Il nostro Paese ha infrastrutture inadeguate, la sinistra ha bloccato molti progetti. Quanto tempo ci vorrà a rimettere in moto i cantieri?".
"La riapertura dei cantieri sarà una delle prime cose che ci impegniamo a fare, è vero noi abbiamo un gap infrastrutturale (...). Sono state bloccate dalla sinistra anche opere epocali come il traforo del Fréjus e i trafori montani, i corridoi europei, il ponte sullo Stretto. Tutte queste opere vanno rimesse in corso. I tempi per la riapertura dei cantieri penso che saranno molto brevi (...). Ottenemmo grazie alla mia presidenza del Consiglio dall’Unione europea il 20 per cento di contributi a fondo perso, per esempio per il ponte sullo Stretto e per il Fréjus. Io spero che questi soldi non siano andati persi con questo fermo ai lavori che è stato imposto dalla sinistra e dalle sue utopie ambientaliste".
Mario Bombardoni: "Il presidente Berlusconi reintrodurrà il bonus pensioni introdotto dalla riforma Maroni?".
"Sarà anche questa una riforma immediata, la sinistra non ho capito per quale motivo l’ha voluta abrogare. Questa riforma aveva dato durante gli anni del nostro governo a diverse decine di migliaia di lavoratori la possibilità di restare al lavoro e di vedere lo stipendio pagato loro dalle aziende completamente detassato».
Il signor Giusti di Torino: "Cosa fare per dare maggior potere di acquisto?".
"Abrogazione dell’Ici, detassazione completa dei premi di produttività e degli straordinari pagati dalle aziende. (...) Restituiremo alle famiglie che hanno un nuovo bambino quel bonus bebè e poi tutta una serie di altri aiuti: dal bonus per le locazioni per le famiglie che non possono consentirsi di pagare il canone di locazione, al piano casa che dovrebbe dare a quel 13 per cento di famiglie italiane che ancora non ha la proprietà della casa la possibilità di averla. Nelle new town i costi delle case saranno ridottissimi perché (...) saranno chiamate a collaborare tutte le principali aziende di costruzione italiane, le banche metteranno in campo dei mutui pagabili in trent’anni con rate di mutui addirittura inferiori al canone di locazione".
Roberto di Tricesimo: "Avrà la forza e il coraggio di tagliare la spesa improduttiva?".In Germania il costo per ogni tedesco dello Stato tedesco è di 3mila euro all’anno, in Italia è di 4.500 euro all’anno. Quindi è assolutamente indispensabile operare, riorganizzando completamente la pubblica amministrazione, modernizzandola, digitalizzandola completamente. (...) Con l’archiviazione digitale si pensa di arrivare addirittura a un risparmio solo per questa voce di tre miliardi di euro. Bisognerà eliminare le spese inutili, le consulenze inutili, alcuni enti come le province, le comunità montane, senza lasciare a casa nessuno (...) e in più bisognerà arrivare a dimezzare i costi della politica. Noi l’avevamo già fatto con la nostra modifica della legge costituzionale, adesso la sinistra dice di volerlo fare. (...) Veltroni fruisce di due stipendi e la stessa cosa vale per Di Pietro. Ora appare difficilmente credibile che persone che hanno approfittato fino ad adesso dei soldi pubblici possano ridurre o addirittura dimezzare la spesa pubblica".
Piercarlo di Biella sulla par condicio: "Quando sarà al governo avrà intenzione di eliminarla?".
"Noi abbiamo lottato contro questa par condicio quando la sinistra l’ha approvata. L’abbiamo chiamata una legge illiberale e addirittura una legge liberticida perché dà anche a chi scende in campo per la prima volta uno spazio televisivo e radiofonico pari a chi invece ha grandi numeri. Questo porta al frazionamento della politica. (...) Noi avemmo subito dall’inizio l’intenzione e la voglia di abolire completamente la par condicio e ci fu una forza nella nostra coalizione, l’Udc di Casini, che si oppose con tutte le forze a questa abrogazione minacciando addirittura di far venir meno la maggioranza e di far cadere il governo".
Pietro 53 di Milano chiede: «Ho perso il mio lavoro, vorrei crearmene uno nuovo, ma la burocrazia rende impossibile ogni iniziativa...".
"(...) Noi abbiamo già iniziato durante gli anni del nostro governo a delegificare e a sburocraticizzare. (...) Continueremo in questa direzione, impegnandoci a garantire ai nostri cittadini una forte difesa dalla oppressione burocratica e dall’oppressione fiscale".
Gabriele e Giulia: «Quali saranno le prime mosse del governo appena insediato?".
"La prima necessità del governo sarà quella di risolvere il problema dell’immondizia a Napoli e in Campania, e poi di far conoscere Napoli e la Campania a tutto il mondo attraverso giornali e televisioni internazionali".Ludovica: "Lei e Veltroni avete un programma simile, perché un elettore dovrebbe scegliere il Pdl e non il Pd?".
"Semplicemente per il fatto che noi i programmi li abbiamo sempre rispettati (...). Per Veltroni e i suoi compagni d’arme, il programma è uno specchietto per le allodole da presentare agli elettori con le più varie promesse durante la campagna elettorale e da buttare nel cestino una volta al potere. L’hanno fatto nel ’96-2001, l’hanno nel 2001 e nel 2006 con un programma enciclopedico di 281 pagine che poi hanno loro stessi deciso di annullare. (...) Il programma per la sinistra è solo uno strumento per conquistare il potere".
Ne aggiungo una io: «La campagna elettorale sembra un po’ cambiare registro... ».
"Io penso che siano un po’ alla disperazione perché tutto quel grande show, quella grande fiction che Veltroni ha cercato di mettere in scena, ha portato a una completa ridicolizzazione di Veltroni e di ciò che lui aveva annunciato. Ha voluto e preteso di presentarsi come l’uomo nuovo (...) e si è scoperto che riceve oltre allo stipendio di sindaco anche la pensione parlamentare. (...). Aveva detto: noi andremo da soli, poi si apparentato col peggio del peggio dei partiti politici cioè con il giustizialista Di Pietro. (...) Aveva detto: non andrò più e mi separerò da quella sinistra estrema che ancora orgogliosamente si chiama comunista e invece ha continuato a restare con loro in tutte le elezioni per il potere locale e in tutte le elezioni amministrative (...). Aveva detto: presenteremo una nuova classe dirigente. Salvo qualche acquisto spot, un imprenditore uscente, la Confindustria veneta e il figlio di un imprenditore, tutti gli altri sono i protagonisti della nomenklatura comunista, cioè tutti i ministri, viceministri e sottosegretari dell’attuale governo. (...) Aveva detto di volere distribuire il tesoretto, è risultato che non esisteva neppure. (...) È una gigantesca opera di illusionismo, un gigantesco gioco di prestigio mal calcolato perché gli italiani non sono così ingenui. E poi si è distrutto con le sue mani. Siamo davvero al ridicolo e al ridicolo non c’è nulla che possa opporsi".

FONTE WWW.ILGIORNALE.IT

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Berlusconi: "Taglio la Pa del 33%"


Repubblica.it - Tagliare del 33% il costo della pubblica amministrazione italiana. E scendere da una spesa di 4.500 euro per ogni cittadino a "un livello europeo", vale a dire 3.000 euro pro-capite. Parola di Silvio Berlusconi che qui a Taormina davanti ad una platea composta da 600 imprenditori di Confagricoltura riuniti a convegno ha presentato la sua ricetta per uno Stato più leggero. Purtroppo si tratta di un impegno gravoso. Per capirlo basta utilizzare le stesse cifre usate dal leader del Pdl. Se moltiplichiamo 1.500 euro per 58 milioni di cittadini italiani otteniemo una cifra mirabolante: 87 miliardi di euro. Il piano dell'ex premier prevede un nuovo assunto ogni 8-10 dipendenti che vanno in pensione, informatizzazione, eliminazione delle province dimezzamento del numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali e comunali. Soltanto dalla "dismissione" delle provincie, assicura Berlusconi si otterranno 10 miliardi di risparmi e senza ricorrere ad alcun licenziamento. Tutto bene, dunque? Mica tanto.

Resta da capire come si troveranno gli altri 77 miliardi. Il dubbio è che non basti dimezzare il costo della politica. E nemmeno bloccare il turn-over nel settore pubblico ad esempio senza assumere nuovi insegnanti quando i vecchi vanno in pensione oppure riducendo mano a mano il numero di poliziotti, dipendenti ospedalieri, guardie carcerarie o anche addetti di comuni e regioni.
Certo, Berlusconi parla anche di vendere ogni anno un pezzo del patrimonio demaniale inutilizzato. E sostiene che in questo modo "si potrebbero recuperare ogni anno 15 miliardi di euro, l'equivalente di un punto di pil". Tuttavia è sempre l'ex-premier a sostenere questa cifra sarà utilizzata per tagliare il debito pubblico portandolo in cinque anni sotto il 100% del Pil. In ogni caso stiamo parlando della vendita del patrimonio e non di una riduzione della spesa. Come trovare quei 77 miliardi rimane quindi un bel problema.

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27.3.08

«Se fossi ministro? Bloccherei la Ru486»

La valutazione della vita umana è quello che oggi veramente divide l'umanità. L'aborto non è solo una questione che riguarda le donne: non devono essere lasciate sole davanti al dramma dell'aborto. Gli uomini, dopo trent'anni in cui si sono voltati dall'altra parte, devono riprendere in mano la responsabilità di partecipare anche a questa decisione». Ne è convinto Giuliano Ferrara, leader della lista «Aborto no grazie», che ha incontrato in videochat i lettori di Corriere.it. Il direttore del Foglio si dice fiducioso quanto al risultato elettorale («I sondaggi che mi danno allo 0,5%? Sbagliano. Io intercetto voti di passione e impegno civile che non vengono presi in considerazione da chi si occupa di solito di marketing») e rivela di puntare ad ottenere almeno il 4-5% dei consensi e qualcosa come 25-30 deputati. «Mi presento solo alla Camera e quindi quello per la mia lista è un voto di testimonianza - precisa il giornalista -. Poi gli elettori possono scegliere, sulla scheda per il Senato, di votare gli schieramenti tradizionali». Come dire: non sarebbe un voto buttato.

«LEGALE MA NON LEGITTIMO» - Al lettore che gli chiede perché la campagna antiabortista trovi nuovo vigore solo oggi, a trent'anni dall'entrata in vigore della legge 194, Ferrara replica che a quel tempo le nuove norme erano necessarie «per combattere gli aborti clandestini che comportavano forti rischi per la salute delle donne». «Ma che l'aborto sia stato legalizzato - puntualizza - non significa che sia anche legittimo. Oggi nel mondo si corre al ritmo di 50 milioni di aborti all'anno, solo in Italia sono circa 140 mila. E quindi c'è un problema culturale da affrontare. La legalizzazione dell'aborto doveva essere una soluzione all'aborto clandestino, invece è diventata la certificazione di una abitudine a cui si resta indifferenti».

«LA 194 NON SI TOCCA» - Il direttore del Foglio ribadisce poi che non cambierebbe la legge 194, «è una questione che non c'è nei dodici punti del mio programma elettorale». E questo perchè in realtà si tratta di «una legge di compromesso» che «purtroppo è stata applicata e governata in un contesto di cultura e di civilizzazione sempre più degenerato, fino al punto che gli aborti vengono fatti senza che ci sia tutta la parte di prevenzione che doveva rendere dialogato e sociale il processo che porta alla decisione di abortire». Per questo Ferrara non ha remore nel definirla un «abortificio». «Nelle intenzioni di chi l'ha varata non doveva essere questo - dice ancora il giornalista -. Bisogna mantenerla ma applicarla a fondo, per rovesciare come un guanto la realtà attuale».

«LOTTA ALLA RU486» - Ma cosa farebbe Ferrara se diventasse ministro della Sanità, nel caso di un accordo post-elettorale con il Pdl? «Mi batterei contro l'introduzione della pillola Ru486, il prezzemolo moderno. E' pericolosa. Non è possibile assumerla sotto controllo in ospedale e seguire in una struttura sanitaria tutto il percorso che porta all'espulsione del bambino dal corpo della donna. La Ru486 finirebbe dunque co l'essere lo strumento che riporta l'aborto tra le pareti domestiche, colpevolizzando le donne che si ritroverebbero di nuovo sole di fronte ai loro drammi, sapendo che assumerla significa ingerire un veleno che uccide il bambino che portano in grembo. L'aborto facile è una favola. Va combattuto e non facilitato».

«AVREI POTUTO AIUTARE IL PDL» - Il leader del movimento pro-life ribadisce poi che l'«alleanza naturale» per la sua lista sarebbe stata «il centrodestra, il Partito poplare europeo». «Avrei dato un grosso contributo - ha aggiunto -, ma Berlusconi ha detto no perché ama piacere a tutti e quindi non vuole avere una linea già definita sui temi etici». Così l'accordo non è stato fatto. Così come è stata scartata l'ipotesi di un'alleanza con l'Udc «che avrebbe partiticizzato il mio schieramento, sminuendo il valore della battaglia che intendo condurre». Ferrara esclude che la sua corsa per Montecitorio possa creare problemi al Cavaliere, erodendo consensi al Pdl: «Non corro al Senato, dove si gioca la vera partita». «E poi - aggiunge - anche a sinistra c'è attenzione per i valori della tutela della vita». Come a dire che i consensi li potrebbe in realtà sottrarre anche a Veltroni.

FEDE E CONVERSIONI - Interloquendo con i lettori Ferrara spiega di ritenere legittima la scelta di Magdi Allam di convertirsi e farsi battezzare dal Papa nel corso della veglia pasquale trasmessa in diretta televisiva. «La Chiesa ha nella propria natura il fare proseliti e molti dei grandi santi sono stati in realtà dei convertiti - fa notare l'Elefantino -. E' giusto, dunque, che sia stato un evento pubblico. In ogni caso, trattandosi di Magdi Allam questo evento avrebbe fatto clamore anche se a battezzarlo fosse stato un parroco di periferia». Quanto a se stesso, precisa di essere «tanto innamorato del cristianesimo non solo come cultura ma anche come spirito della storica» quanto «incapace di prospettare una mia adesione come fedele alla chiesa cattolica».

LA VITA E LE GUERRE - Non c'è nessuna contraddizione, spiega infine il direttore del Foglio, tra la difesa della vita con la battaglia antiabortista e il sostegno ad alcuni interventi militari, «perché quelle di cui ho riconosciuto la validità sono guerre, contro le dittature, contro il terrorismo o per il ripristino della legalità». Ovvero «guerre contro la cultura della morte», lo stesso spirito che anima la campagna per la moratoria degli aborti.

«RATZINGER MEGLIO DI MARX» - Ferrara si presta anche a qualche deviazione dai temi etici. Dice che metterebbe papa Ratzinger al vertice di una graduatoria che comprendesse anche Marx, Craxi e Berlusconi. Rivendica con orgoglio il suo ruolo di precursore nell'abbandonare l'ideologia comunista («Veltroni e D'Alema lo hanno fatto diversi anni dopo di me»). Non entra nel merito dell'opposizione della Chiesa ai rapporti prematrimoniali, ma cita la protagonista del film Juno secondo cui «prima di riprodursi è meglio innamorarsi». E risponde con divertita ironia a chi gli chiede se gli manchi il ruolo di conduttore di «8 e mezzo», abbandonato con l'inizio della campagna elettorale: «Stare in tv per me è comunque lavorare sulle idee, cosa che sto facendo anche con questo mio nuovo impegno. Se tornerò in video? Dipende. Se dovessi vincere e fare il presidente del Consiglio credo che la cosa mi riuscirebbe alquanto difficile...».

Fonte WWW.CORRIERE.IT

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Veltroni non va a "Porta a Porta"

Walter Veltroni ritira la sua disponibilità a partecipare a "Porta a Porta" e, per par condicio, salta anche la puntata con Silvio Berlusconi. Tra Pd e Pdl si riapre così lo scontro sul confronto televisivo. Accade tutto nel tardo pomeriggio. Poco dopo le 17 le agenzie battono la notizia che il Cavaliere sarà ospite di Bruno Vespa nella puntata di giovedì delle 23 e 30. Passano pochi minuti e la Rai fa sapere che la puntata alla quale avrebbe dovuto partecipare il candidato premier del Pdl è stata cancellata. Il portavoce del Cavaliere, Paolo Bonaiuti, protesta per la decisione di Viale Mazzini. «Ci giunge notizia - riferisce Bonaiuti ai cronisti - che la Rai ha annullato la puntata di 'Porta a Porta' a cui avrebbe dovuto essere presente Berlusconi. Ci dicono che Veltroni non potrà essere presente né questa, né la prossima settimana. La vicenda è ancora più strana - sottolinea Bonaiuti - se si considera che la richiesta di questo giro di trasmissioni ci era stato detto che proveniva da Veltroni e dal suo staff. Dobbiamo pensare - si chiede Bonaiuti - che i capricci di Veltroni siano in grado di piegare le indicazioni della Rai, il suo presidente e il suo direttore generale? Questa par condicio - torna a chiedersi Bonaiuti - la dobbiamo rispettare solo noi? A queste domande - conclude Bonaiuti - risponda Viale Mazzini».


LA RAI - E la risposta arriva tramite un comunicato della redazione di "Porta a Porta": in sostanza, lo staff di Veltroni avrebbe chiesto di poter partecipare a una puntata della trasmissione nell'ultima settimana prima del voto, per poi ritirare la disponibilità del leader del Pd. Di conseguenza, per la norma della par condicio, anche la partecipazione di Berlusconi è saltata. Di fronte alla richiesta della trasmissione Rai a Veltroni di trovare lo spazio, tra i vari impegni elettorali, per partecipare a una puntata, «il portavoce del Pd - si legge nella nota di "Porta a Porta" - ha risposto che la settimana prossima il segretario avrebbe annullato i suoi impegni in Sardegna soltanto per un faccia a faccia con Berlusconi».

LA POLEMICA - Ma il confronto tv non è stato ancora fissato. Eppure i due leader continuano a pungolarsi. Il Cavaliere ribadisce di essere «in grado di stracciare qualunque avversario, perché io nella mia vita ho fatto tutto ciò che gli altri non hanno fatto. Io sono un uomo di fatti, gli altri sono uomini di parole. I fatti vincono sulle parole». Veltroni non è da meno: «Si faccia il confronto dove vuole, quando vuole, come vuole. Noi siamo pronti, vuole farlo sulle sue reti? Vado a farlo sulle sue reti. Ma non scappi».

BERLUSCONI-alitalia: A GIORNI CORDATA ITALIANA


«La cordata italiana non è qualcosa di campato in aria: ci sono alcuni nomi di imprenditori impegnati su questo fronte che non posso fare per dovere di riservatezza. Fra qualche giorno questi nomi saranno conosciuti da tutti, perché faranno certamente un'offerta impegnativa». Berlusconi torna sul tema Alitalia con un annuncio importante. «Chiederanno di avere tre o quattro settimane, Air France ha avuto sei mesi per conoscere la situazione reale. Quindi chiederanno di fare la loro due diligence e presentare una loro offerta impegnativa. Tra qualche giorno si concretizzerà la cordata». Ma - precisa - niente di familiare: «Vieteri ai miei figli di entrare nel gruppo». «Nemmeno per sogno - ha detto ai cronisti -. Dopo le strumentalizzazioni della sinistra vieterei il loro ingresso». «Questo governo non puo mettere il prossimo di fronte al fatto compiuto - ha aggiunto il Cavaliere -: quando andremo al governo noi, Alitalia avrà tutto ciò che serve per normalizzare la situazione».

AIR FRANCE - «Non ho elementi per valutare la controproposta di Air France in profondità - ha aggiunto il Cavaliere -, però registro di aver ottenuto dei successi. Dopo il mio appello agli imprenditori italiani a tirare fuori l'orgoglio, Air France ha cambiato posizione sul mantenimento dei colori e della compagnia di bandiera». Parlando a margine di un incontro con i giovani di Forza Italia, il candidato premier del Pdl ha spiegato che sulla vicenda Alitalia «c'è una novità», perché «siamo passati da condizioni che abbiamo definito inaccettabili e irricevibili, ad oggi che Air France si dichiara disponibile a una nuova trattativa». Il candidato premier del Pdl ritiene comunque che «la soluzione migliore sia quella di una cordata di nostri imprenditori che mantengano italiana la compagnia di bandiera». Compagnia che in Borsa ha goduto delle prospettive che si potrebbero aprire nei prossimi giorni, con il titolo in deciso rialzo a Piazza Affari. Le contrattazioni chiuse a +26,1%, a 0,577 euro, con l'1,6% del capitale passato di mano, ovvero 22,06 milioni di azioni tra continue sospensioni dalle contrattazioni. Nelle ultime quattro sedute il titolo ha registrato un +110%.

CDA ALITALIA - Successivamente alle dichiarazioni del Cavaliere si è riunito il consiglio di amministrazione di Alitalia che ha esaminato la possibilità di dare più tempo al confronto con i sindacati prorogando il termine per raggiungere una intesa sulla proposta di Air France-Klm. Scadenza che al momento resta fissata al 31 marzo. La decisione, ha comunicato la compagnia, verrà presa in una nuova riunione del cda che verrà convocata in tempi brevi. «Il Consiglio di Amministrazione di Alitalia riunitosi oggi - spiega la compagnia - ha preso atto dello stato di avanzamento delle trattative sindacali a seguito degli incontri tenutisi il 18, 20 e 25 marzo scorso, incontri che non hanno condotto, allo stato, ad individuare soluzioni condivise tra le parti sociali pur evidenziando ampie disponibilità per l'approfondimento delle principali tematiche». Air France-KLM «si è dichiarata disponibile al differimento dei termini delle clausole di efficacia contrattualmente previste (primo fra questi quello del 31 marzo prossimo)». Ed «anche da parte delle organizzazioni sindacali e delle associazioni professionali di categoria si è manifestata l'esigenza di disporre di tempi più ampi per le valutazioni e le consultazioni ritenute necessarie». In tale quadro «il Consiglio di Amministrazione ha disposto di avviare i necessari approfondimenti di carattere giuridico-finanziario e di riunirsi nuovamente a breve per assumere le determinazioni conseguenti».

BOSSI - Sul tema Alitalia è intervenuto anche Umberto Bossi. A margine di un comizio in piazza a Verona, il Senatur spiega che è difficile che la compagnia aerea non venga alla fine venduta ad Air France. «Bisogna venderla per forza - spiega Bossi riferendosi ad Alitalia - è difficile che si possa non vendere ad Air France». Sull'ipotesi di una cordata italiana, Bossi si è dimostrato incerto: «Conosco gli imprenditori - ha detto - se c'è da guadagnarci si fanno avanti, se c'è da perderci è difficile convincerli. Mi auguro che Berlusconi lo sappia fare».

PENSIONI - Ma un altro nodo, quello delle pensioni, irrompe a tutti gli effetti nella campagna elettorale, facendone inasprire i toni. All'indomani delle dichiarazioni del leader del Pd Walter Veltroni (che martedì ha presentato una proposta che guarda ai ceti medi e che prevede, con il meccanismo delle detrazioni, un 'bonus' immediato, già dal primo luglio, fino a circa 400 euro l'anno per i pensionati che percepiscono fino a 25mila euro annui di assegno e fino a 250 per chi è nella fascia 25mila-55mila), Berlusconi attacca duramente il suo avversario. «Sulle pensioni Veltroni parla a vanvera», ha detto il Cavaliere, accusando il suo avversario di «aver copiato» e di averlo «fatto male, perché la proposta degli aumenti è a vanvera, senza nemmeno tenere conto della disponibilità di bilancio» ha detto Berlusconi a Studio Aperto. Il Cavaliere ha rilanciato la proposta del Pdl, ossia «innalzamento delle pensioni minime» e «adeguamento al costo della vita di tutte le pensioni fino al livello di mille euro al mese».

SENATO - Sugli scenari pre-elezioni il Cavaliere attacca ancora Veltroni sull'ipotesi di un testa a testa al Senato. «Questa è la sua versione, cioè esattamente il contrario della verità. Anche oggi dice tre bugie ogni due righe: è la vecchia ricetta stalinista sempre valida nella sinistra. Sostiene che noi saremmo preoccupati del risultato del Senato: non è vero, perché al Senato siamo avanti di più di 30 senatori». Veltroni - aggiunge il leader del Pdl - è un «vecchio comunista riciclato». «Noi siamo i nuovi, non vecchi comunisti riciclati che ricordano quei negozi che falliscono e poi mettono fuori il cartello: "Nuova gestione". La nuova gestione siamo noi». E sul faccia a faccia tv con Veltroni: «Sono in grado di stracciare qualunque avversario, perché nella vita ho fatto tutto ciò che gli altri non hanno fatto».

www.corriere.it

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26.3.08

Santanchè-Mussolini, scontro a distanza

Scontro a distanza tra due prime donne del centrodestra. La leader di Azione Sociale e candidata nelle liste del Pdl Alessandra Mussolini replica a Daniela Santanchè, candidata premier della Destra che martedì ha fatto un appello «a tutte le donne italiane».
«Non date il voto a Silvio Berlusconi, perché Silvio Berlusconi ci vede solo orizzontali, non ci vede mai verticali». Dura la replica della nipote del Duce, secondo la quale la Santanchè, «per decenza», è l'unica a «non dover aprire bocca sull'argomento poiché rappresenta la perfetta incarnazione della donna "politicamente" orizzontale. Infatti, la sua storia politica - afferma la Mussolini - è l'esempio contrario di quello che una donna deve fare per contribuire all'affermazione della democrazia paritaria».

«RISCHIA IL GROTTESCO» - «Nel partito ove è stata sino a qualche settimana fa (An, ndr) la Santanchè è sempre stata protetta a discapito del merito a partire dalla elezione in Parlamento, sempre avvenuta orizzontalmente grazie ad un posizionamento d'onore nel listino bloccato, l'ultima volta dietro a Fini», ha detto la leader di Azione Sociale.


«Oggi, ancora una volta orizzontalmente, in quanto scelta come candidato premier da un protettore politico, ha la pretesa di voler indicare alle donne chi meglio le rappresenta. Non sta certo a me difendere Berlusconi - aggiunge la Mussolini -, del quale sono note la galanteria nonchè il rispetto delle donne in politica come nella società. Fossi in lei eviterei di cercare la polemica con lui su questo argomento: rischia il grottesco», conclude la nipote del Duce.



«SUO NONNO SI RIVOLTA NELLA TOMBA» - Ma la controreplica della alleata di Storace non tarda ad arrivare: «Sarebbe fin troppo facile rispondere, ma per principio non polemizzo mai con le donne. Le italiane - ha spiegato la Santanchè - sanno bene come Berlusconi consideri le donne e c'è tutta una pubblicistica a dimostrarlo. Quanto ad Alessandra Mussolini, credo che suo nonno, Benito, si rivolti nella tomba a vederla fare la valletta di chi ha definito "il fascismo il male assoluto"».

«SO COSA PENSA NONNO BENITO DI TE» - «Proprio stanotte - ha obiettato la nipote del Duce - ho sognato mio nonno Benito e mi ha detto cosa pensa della Santanchè».

Fonte www.corriere.it

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FINI: Casini di fatto invita a votare PdL

"Mi ha meravigliato la presa di posizione di Casini che ha detto che comunque vada l’Udc non sarà alleata del Pdl e di Berlusconi. Ha reso più agevole la scelta degli elettori dell’Udc ancora indecisi". Lo afferma il leader di An Gianfranco Fini nel corso del filo diretto di "Viva Voce" su Radio 24. Per Fini quegli elettori ora sono in una posizione "di imbarazzo, perché o rinnegano la scelta dell’Udc degli ultimi dieci anni" di alleanza nel centrodestra "oppure faranno come già hanno fatto molti dirigenti dell’Udc e appoggeranno il Pdl".

"Votare per l’Udc significa votare per l’opposizione. Esattamente come votare per Veltroni o votare per Bertinotti". Fini è fermamente convinto di questo. Il leader di An sottolinea poi il processo che ha portato alla stesura delle liste del Pdl: "I valori non sono come gli yogurt, non scadono. I valori che hanno costellato l’iniziativa della destra non sono stati archiviati", osserva il leader di An. "Io non ho sciolto An, sarà il congresso a pronunciarsi e a decidere cosa accadrà nel futuro", ribadisce l’ex vicepremier.

"No alla scala mobile, sì al paniere" "È impensabile ripresentare un meccanismo quale la scala mobile, ma occorre prevedere un paniere per i pensionati e adeguare le pensioni al costo della vita. Bisogna capire i generi di prima necessità dei pensionati - chiarisce Fini - e porre le pensioni al riparo" dagli aumenti del carovita. "Occorre prevedere un meccanismo di copertura, totale o parziale" per mettere al riparo le pensioni in modo che "non siano così leggere", dice il leader di An.

I "rave party" e la droga "Non è facile distinguere il tossicodipendente dallo spacciatore. Accanto al momento della repressione dello spacciatore è necessario il recupero del tossicodipendente". Fini, in un’intervista a "Radio 24’" parla del fenomeno della droga. Il leader di An poi si riferisce ai fatti di cronaca di questi giorni. "I rave party sono deliri, sono delle follie, una specie di istigazione al suicidio o comunque a danno della salute", osserva Fini.

FONTE WWW.ILGIORNALE.IT

25.3.08

Sarà un casino...parola di CASINI !!

L'Unione di centro è molto fiduciosa sull'esito delle elezioni politiche del 13-14 aprile. Nonostante le uscite dal partito di alcuni esponenti anche di spicco, Pierferdinando Casini è convinto di ottenere un ottimo risultato.

Il segretario centrista, Lorenzo Cesa, nei giorni scorsi ha rivelato proprio ad Affari che l'Udc, in base ai sondaggi interni, si attesta al 7,4% ed eleggerà tra 9 e 15 senatori, superando lo sbarramento dell'8% previsto dalla legge elettorale a Palazzo Madama in Sicilia, Campania, Puglia, Veneto, Marche, Toscana e probabilmente Abruzzo.



Ma quale sarebbe la ripercussione al Senato se le previsioni di Casini fossero vere?
Affari ha elaborato questi dati, proiettandoli a livello di distribuzione dei seggi nella Camera Alta. Stando ai numeri che circolano in Via Due Macelli, come detto, l'Udc dovrebbe eleggere tra 9 e 15 senatori, mentre la Sinistra Arcobaleno tra 16 e 20. E il risultato delle due formazioni minori genera un sostanziale pareggio a Palazzo Madama e quindi l'assenza di una maggioranza per la coalizione che candida Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Ma vediamo i dati nel dettaglio.

Il Popolo della Libertà, alleato con il Carroccio al Nord e con l'Mpa al Sud, dovrebbe vincere in tutte le regioni tranne in quelle tradizionalmente rosse (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche), in Basilicata e nel Lazio. A Roma sarebbe determinante La Destra di Storace e della Santanché, che, pur senza raggiungere la soglia dell'8% (salvo colpi di scena), sottrarrebbe non pochi voti al Centrodestra, consentendo così al Partito Democratico di arrivare primo.

In questo quadro, il Pdl dovrà spartirsi il premio di minoranza in Emilia Romagna, Umbria, Lazio e Basilicata con la Sinistra Arcobaleno e in Toscana e nelle Marche anche con l'Unione di centro. Il risultato finale - considerando i sondaggi interni dell'Udc - vede quindi lo schieramento Popolo della Libertà-Lega-Mpa oscillare tra 148 e 158 senatori, pur vincendo nettamente al Nord, in Sicilia, Puglia, Campania, in molte altre regioni e ottenendo quattro dei sei seggi delle circoscrizioni estere (gli altri due andrebbero ai Democratici).

Alla coalizione Pd-Italia dei Valori, in base a questi calcoli, vanno tra 126 e 136 seggi a Palazzo Madama. Il distacco di Berlusconi su Veltroni sarebbe quindi abbastanza netto, ma, anche nello scenario migliore per il Centrodestra, il Pdl e i suoi alleati avrebbero 158 senatori contro 157 della somma delle opposizioni (Partito Democratico, Idv, Sinistra Arcobaleno e Unione di centro).

Di fatto, una situazione ancora più difficile di quella del governo Prodi, che, tra l'altro, poteva contare sull'appoggio della maggioranza dei senatori a vita. Sostegno che, difficilmente, potrà avere anche il Cavaliere. La sintesi è semplice: la Camera saldamente in mano a Berlusconi e il Senato ingovernabile.

FONTE WWW.AFFARITALIANI.IT

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Sondaggio: più giovani al Pdl, parola chiave «merito»

Se ci fosse il «partito del migliore», con un candidato premier impegnato a garantire misure rigorose per introdurre criteri meritocratici nelle scuole, nelle università, nella pubblica amministrazione e casomai anche incentivi alle aziende private che selezionino sulla base del merito i propri dipendenti, allora non ci sarebbe alcun dubbio. I giovani lo voterebbero in massa.
Il risultato più interessante del sondaggio realizzato dall'Istituto Piepoli per Il Sole-24Ore racconta di una voglia assoluta di meritocrazia tra gli elettori con meno di 34 anni. L'88%, secondo lo spaccato del campione dei mille intervistati, dichiara che nella determinazione del suo voto conterà «molto o abbastanza» una politica orientata al merito. E il gradimento per una politica orientata a una maggiore severità nei sistemi di valutazione è all'85%. Il dato non cambia se incrociato con le altre classi d'età o le intenzioni di voto dichiarate per i partiti veri: il desiderio di un Paese in cui conta il merito oscilla tra l'86% degli elettori del Pd al 90% di quelli della Sinistra Arcobaleno, dall'86% dell'Udc all'88% del Pdl. «Il merito è sentito come una necessità assoluta – spiega Nicola Piepoli – è questo il dente dolente del sistema Italia che, nella stragrande maggioranza dei casi, vive ancora seguendo le vecchie dinamiche dello scambio, delle conoscenze personali quando si tratta di assumere una persona o di scegliere chi deve fare carriera. Eppure da alcune realtà aziendali, penso alla Telecom, a quello che sta cambiando in Rai o alla Fiat di Marchionne arrivano segnali che il merito sta facendo strada. Ecco dalla maggioranza assoluta degli elettori viene una domanda di diffusione generalizzata di meritocrazia».
A tre settimane dal voto l'orientamento dei giovani non lascia molti margini di interpretazione: la preferenza per il Popolo della libertà è maggioritaria (36%) con uno scarto di ben 11 punti sul Pd (25%), mentre Udc e Sinistra Arcobaleno si confrontano attorno alla soglia del 5-6%. Si tratta, sostiene Piepoli, di una tendenza che si conferma ormai da un quindicennio: «Cito solo l'ultimo editoriale di Francesco Alberoni sul Corriere di lunedì scorso, dove si diceva che una fetta consistente di giovani sfugge sempre più all'impegno, al sacrificio, allo studio. Ecco, l'offerta che arriva dal centro-destra è percepita come la risposta giusta a questa impostazione: più libertà, meno regole, una diversa possibilità di aver successo nella vita».

A differenza di quanto emerso dal sondaggio Ipr Marketing pubblicato su Il Sole-24 Ore di lunedì (17 marzo), il campione dell'Istituto Piepoli manifesta una minore incertezza all'appuntamento con le urne: i giovani che ancora si dichiarano incerti (o dicono che non voteranno) sono il 25%, contro il 28% di Ipr Marketing. E nel confronto tra generazioni si dimostrano i meno insicuri, visto che gli ultracinquantenni arrivano addirittura al 34%.

Infine le determinanti al voto e i temi cui si sta prestando l'attenzione maggiore. In questo caso la distinzione per classi d'età non sembra dividere il campione. I primi tre temi sono gli stessi per tutti: il lavoro, la previdenza appunto e la sicurezza. Questioni che totalizzano livelli di attenzione più che doppi rispetto alla spesa pubblica e le tasse, per non parlare dei diritti civili, l'aborto, le coppie di fatto, le unioni gay: «È un altro indicatore questo – riflette ancora Piepoli – di quel distacco e in qualche caso disgusto per la politica che vivono le generazioni più giovani. La distanza tra che cosa voglio io e che cosa mi dà lo Stato. Il problema è che sempre meno giovani sono invece interessati ai destini della Nazione in cui gli sta capitando di vivere: come sarà l'Italia tra 38 anni, nel 2046, quando celebreremo il centenario della Repubblica».

FONTE WWW.ILSOLE24ORE.COM

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24.3.08

Fini:avremo i voti per governare

Gli elettori sceglieranno per dare governabilità al Paese. Dunque la presenza con proprie liste da parte di Storace e Casini non avrà conseguenze pratiche, nemmeno in una regione considerata a rischio come il Lazio. Fini esclude grandi coalizioni, ma sulle riforme sarà possibile il confronto in Parlamento. Parlando delle prossime elezioni di Roma si dice convinto che Rutelli, se si andrà al ballottaggio, perderà.

Presidente, che impressioni ha di questa campagna elettorale?
Non è entrata nella fase decisiva, da martedì i toni saranno più alti. Fino a questo momento si è svolta come previsto: il tentativo di Veltroni di stupire con l’effetto novità, ma i fuochi d’artificio si sono attenuati. Da parte nostra è tutto più semplice perché dobbiamo invitare gli italiani a rispondere a una domanda: «Stavi meglio due anni fa o adesso?». Se l’elettore viene sollecitato da questa domanda, dato che diamo per scontata la risposta, è prevedibile anche il risultato elettorale.

In questa fase si è parlato molto di precari. Esiste veramente un problema giovani, un problema lavoro, un problema casa?

Il problema è reale, c’è un impoverimento del ceto medio. Parliamo dello sbocco occupazionale. Prima di tutto bisogna fotografare la realtà economica. Dobbiamo essere onesti e dire che il contratto a tempo indeterminato nella Pubblica amministrazione è dietro le spalle. Quello a termine è invece nella logica dell’economia europea. Rende l’impresa libera di assumere e risulta l’antidoto al lavoro nero. Adesso uno degli interventi da fare è incentivare l’imprenditore a trasformare il contratto da tempo determinato a indeterminato grazie ai benefici fiscali. Secondo concetto: inserire il principio «più lavoro più guadagno». Questo vuol dire contratti nazionali sempre più snelli e legati alla produttività. Poi capiamo cosa serve a un ragazzo per iniziare a lavorare. Serve una selezione all’interno delle scuole e delle università più rigorosa e un maggior legame tra il momento della formazione e il momento occupazionale. Inoltre a un ragazzo va insegnato un mestiere. Mentre sulla casa, nel programma, c’è il riferimento alla necessità di costruire e mettere sul mercato, a canoni compatibili e con stipendi di chi inizia a lavorare, degli alloggi destinati solo alle giovani coppie.

Fini cosa farà in questa legislatura? Ministro degli Esteri, presidente della Camera, o altro?
L’unica cosa che voglio fare è vincere le elezioni. E poi dar corso al progetto di costruzione del Popolo della Libertà. Perché costruire un partito significa definire le modalità, l’identità, lo statuto e le regole di funzionamento.

Quanto è stato faticoso superare le incomprensioni con Berlusconi? Nel merito è cambiato questo: a San Babila Berlusconi disse: «Io ho fatto il Pdl, voi venite con me». Adesso è diverso: ci chiede di «costruire insieme il Pdl».

E convincere An dell’operazione?

Meno difficile di ciò che può sembrare, perché siamo quelli che hanno promosso il referendum per fare le liste quanto più unitarie possibile. In più, nel ’99, perdemmo un referendum, promosso solo da noi, che avrebbe cancellato il 25 per cento di quota proporzionale. Anche sul Ppe non è difficile spiegare al quadro dirigente o al militante di An che i riferimenti non sono all’Internazionale democristiana. Il Ppe non è né di centro né di destra, ma molto più semplicemente di centrodestra. Siamo nel 2008 e darsi una collocazione politico-geografica è un’operazione vecchia almeno 50 anni.

Se andate a Palazzo Chigi dovrete comunque fare i conti con più anime. Sui temi economici ci sarà un pensiero liberista e un altro che favorisce l’intervento dello Stato. Esiste una sintesi?
Uno dei punti di riferimento culturali del Ppe è l’economia sociale di mercato. Privatizzare, ad esempio, significa mettere sul mercato ciò che è pubblico. La prima domanda a cui bisogna rispondere è: «Ma il mercato è in grado di recepire?». La grande differenza nella vicenda Alitalia tra questa fase e quella che ci vedeva al governo era che a quell’epoca se avessimo messo sul mercato la nostra compagnia di bandiera l’avremmo svenduta perché il mercato era «seduto». Su Alitalia il problema è che ci doveva essere un piano industriale in grado di rilanciare la compagnia ed evitare un bagno di sangue sociale. Un piano industriale che non imponesse un hub solo. La questione non è «oddio la comprano i francesi», ma che Prodi la sta svendendo. Quando si privatizza non bisogna preoccuparsi. E restando in tema, ma sulle liberalizzazioni, abbiamo contestato Bersani perché di fronte a una ideale catena, partiva dagli ultimi anelli. Liberalizzare i servizi in certi settori va bene, ma solo se prima liberalizzi nell’ambito dei servizi di pubblica utilità a livello municipale.

A queste elezioni sarà ancora il Senato a fare la differenza e il Pdl ha perso per strada qualche alleato. Nel Lazio che rischio si corre?

È una regione importante e sono ottimista perché l’elettore non è uno sprovveduto. Conosce il rischio che si corre al Senato con questa legge. Ad esempio gli indecisi decidono come votare dopo essersi informati, e se il tema è anche questo vuol dire che chi ancora non ha scelto sceglierà dandosi come obiettivo quello dell’adesione al partito che più lo soddisfa. Ma anche dandosi come obiettivo quello della governabilità. Anche nel Lazio alla fine ci sarà un consenso per il Pdl molto più alto a danno di Storace, Casini e Rifondazione. Ce la faremo. Fermiamoci un attimo su Casini e la ormai celebre telefonata sua e di Berlusconi. È una di quelle offerte fatte affinché vengano respinte?
Assolutamente no. Sono ancora dispiaciuto dell’esito di quella telefonata. Gianni Letta parlò a Casini a nome mio e di Berlusconi e disse: «Guarda non c’è nulla di definito, prima di dire no parliamone».

Nella campagna elettorale di due anni fa furono abbastanza decisive le candidature di Luxuria o Caruso che hanno spostato l’elettorato cattolico dalla parte del centrodestra. Questa volta l’effetto potrebbe non ripetersi. Gli indecisi come possono convincersi di nuovo a votare Pdl?
Facciamo l’esempio che gli indecisi siano dieci. Due non vanno a votare, due votano per un soggetto terzo, gli altri sei votano per Pd o Pdl. Ma non tutti da una parte, quei voti vengono divisi. Il discorso quindi non mi preoccupa. Del resto il messaggio qualificante dei soggetti minori qual è in questa campagna elettorale?

Vogliamo dire che si è separato con piacere da una certa parte di elettorato di destra?
Certo che no.

Il Pdl è sicuro della vittoria. Ma parlando di voto inutile non mettete a nudo anche qualche timore?
Lo facciamo per un’altra considerazione. Dal ’94 al 2008 l’elettore si è abituato a vedere un centrodestra con Casini. Quindi è bene che Berlusconi si preoccupi e sottolinei il fatto che la configurazione del soggetto politico Pdl è cambiata.

E gli accordi post elettorali? Li farete anche con l’Udc?
Sarà Casini a dover dimostrare coerenza. Lui ha detto che le coalizioni si fanno prima del voto e non dopo. Semmai bisognerebbe discutere di un altro scenario.

Quale? Immaginiamo che il Pdl vinca: il primo provvedimento che presenta è la riduzione di 1 punto di aliquota Irpef. Se al clima calmo di questa campagna elettorale le parti hanno interesse a dare un seguito, voglio vedere Veltroni che di fronte al provvedimento di cui parlo dice «no». E perché? Perché lo presenta il governo che ti ha battuto? Questo non vuol dire che si arrivi alle larghe intese, ma se non vuoi perdere totalmente la faccia devi fare qualcosa.

Sarà possibile?
Non lo so. Quando presenteremo dei provvedimenti che Veltroni ha auspicato per tutta la campagna elettorale, poi voglio vedere se dirà «no». Ad esempio sulla riduzione dei costi della politica. Poniamo che facciamo una manovra e viene coperta con una riduzione di spesa che in qualche modo era prevista anche nel programma del Pd: non sarà facile dire «no». Questo è un fatto nuovo.

È possibile che una presidenza della Camera venga data all’opposizione?
No, mi sento di escluderlo. Mentre auspico che il governo non si intesti il diritto-dovere di fare le riforme. Nel senso che questo compito deve essere dato al Parlamento, con il governo che ha il ruolo di prendere l’iniziativa. Di riforme se ne sono fatte sempre poche e molte per via referendaria a causa di uno scontro muscolare bipolare.

Salvo eccezioni, le amministrazioni reggono almeno per un paio di mandati. In Italia dal ’94 a oggi non è mai accaduto. Perché questa «condanna»?

No, no. La svolta c’è stata dal 2001 al 2006. Lei mi prenda dal ’48 in poi un periodo in cui per 5 anni c’è stato lo stesso premier.

Finirete una legislatura con abbastanza forza per ottenere una riconferma?
Certo. E poi non è che abbiamo perso le elezioni nel 2006, le abbiamo vinte ma in una logica di un meccanismo elettorale ci siamo trovati nella condizione che conosciamo. Ma Veltroni oggi sembra il leader dell’opposizione. Dice «non basta cambiare un governo, bisogna cambiare l’Italia». Certo, ma il governo che bisogna cambiare è il suo.

Politica estera. In questo momento Francia, Germania, Gran Bretagna stanno affrontando delle difficoltà. L’Italia può riprendere il filo dei rapporti, soprattutto con gli Stati Uniti e con la Russia.

È cambiato molto rispetto al 2001. La Ue, per merito di Sarkozy, è uscita dalla situazione di stordimento. Dopo il referendum francese e il ko di quello olandese, la Carta costituzionale è finita nel cassetto. In quella fase era logico che non prevalessero i grandi accordi multilaterali. Nel rapporto con gli Usa credo che l’Italia si fosse conquistata sul campo una patente di credibilità derivante dal fatto che per la prima volta facevamo seguire dei comportamenti a una petizione di principio. E i comportamenti non erano a rischio zero.

Quindi tornando al 2003 lei rimanderebbe i soldati italiani in Iraq?
Sì, senza difficoltà. Noi non partecipammo alla guerra contro Saddam, ma alla ricostruzione. Poi non c’è dubbio che l’errore commesso negli Usa è stato sottovalutare i rischi del dopoguerra. Ma l’Italia oggi si trova in una condizione migliore rispetto a quello che è accaduto a noi nella scorsa legislatura. Nei confronti degli Usa bisognerà riprendere la politica che abbiamo fatto, ma in un ambito sempre più europeo. Perché la differenza è che oggi l’Europa non è più un fantasma.

Possiamo svolgere un ruolo di mediazione tra Stati Uniti e Russia?

L’Italia no, l’Ue sì.

Torniamo in Italia. Questa legislatura si è caratterizzata molto per i costi della politica. Dopo il 14 aprile sarete dall’altra parte del tavolo. Che fare? Partiamo dai ministeri.

Quelli sono dodici, non faremo tabula rasa di ciò che hanno fatto gli altri. Bisognerà definire bene le deleghe perché tra i ministri che scompaiono c’è il ministro della Comunicazioni e della Salute. Più in generale per i costi della politica è naturale partire dal numero dei parlamentari, ma tagliamo anche nei Consigli regionali. Il vero problema è la degenerazione della democrazia nella partitocrazia. In Campania, ad esempio, esistono due Commissioni, una per i problemi del mare e una per i problemi del Mediterraneo (ride). Ma vi risulta che la Campania si affacci sull’Oceano Pacifico? Su queste cose bisogna disboscare. Con il lanciafiamme.

Comprese le Province?

Sì. Certo, per le aree metropolitane, per la Provincia di Roma, ci vuole un trattamento diverso.


E le nomine di Enel, Eni, Finmeccanica?

Ci penserà il nuovo governo, i partiti ne stiano alla larga e dove è necessario si cambi la legge dando semmai più spazio agli ordini professionali e si scelgano persone brave. Però devo dare una stoccata a Montezemolo: quando dice «liste piene di portaborse» dica chi sono perché i rischi che vedo sono proprio in questa generalizzazione in cui si fa di tutta un’erba un fascio.


Su Roma anche stavolta il Pdl ha deciso all’ultimo il candidato. Eppure Rutelli nei sondaggi non risulta imbattibile. Difatti perderà. Perché non vince al primo turno e gli ultimi 15 giorni sono tutta un’altra partita. Il nostro popolo ha mille pregi, ma anche qualche difetto. Uno di questi è che siamo campioni del mondo di salto in corsa sul carro del vincitore. Rutelli non vince al primo turno perché è una minestra riscaldata. Vorrei trovare un romano che ha nostalgia di lui come amministratore. E lui sa benissimo che quello che sto dicendo non è campato per aria, altrimenti non si sarebbe alleato subito con la sinistra radicale. Mi spiegate perché Veltroni va a dire ovunque che non ha fatto l’accordo coi Verdi o i Comunisti, e a Roma il vicepremier leader di punta del Pd fa l’accordo con tutti?

Non l’ha sfiorata l’idea di sfidarlo?

Se le elezioni comunali si fossero svolte fuori da un contesto generale ci si poteva pensare.

Adesso che farà?

Adesso buona Pasqua. Io passerò tre giorni a dormire, leggere e mangiare. Leggere cosa?
Ne ho talmente tanti di libri. Finisco, perché l’ho già cominciato, quello di Angelo Mellone («Cara Bombo, Berlusconi spiegato a mia figlia»). Poi ho un libro da tempo sul comodino che si chiama «Il destino dell’anima»: lo ha scritto un ateo e mi incuriosisce. FONTE WWW.ILTEMPO.IT

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23.3.08

DRAMMA TIBET - Il trionfo del capital-comunismo. Cina, ecco perché l'Occidente non alza la voce

Niente scuse: siamo tutti in balia della Cina

A dimostrarlo è la reazione dell’Occidente di fronte alla rivolta del Tibet contro l’autorità di Pechino. I governi europei e gli Stati Uniti invece di minacciare almeno il boicottaggio delle Olimpiadi dopo le dure repressioni dei dimostranti hanno invece deciso di tenere un profilo basso. Talmente basso che l’unica misura proposta concreta è stata quella di non fare presiedere ai rappresentanti istituzionali occidentali le cerimonie di inaugurazioni dei giochi - una presa di posizione che non passerà di certo alla storia. Ma è anche la conseguenza ultima della strategia scelta dall’Occidente per fronteggiare il gigante asiatico. Finita la guerra fredda, la Cina ha deciso che il marxismo era perfetto per assicurare il potere al partito comunista ma non per sviluppare l’economia in maniera tale da reggere il confronto con le potenze occidentali. La dirigenza cinese capitanata da Deng Xiaoping si è perciò inventata un sistema misto – dittatura politica e libertà imprenditoriale. Un ibrido che ha consentito uno sviluppo economico impressionante ma nessuna libertà civile. In Occidente si sono confrontate allora come oggi due corrente di pensiero. La prima ha avvertito nello sviluppo della Cina un pericolo strategico: con la crescita economica la dittatura cinese sarebbe ben presto stata in grado di oscurare qualsiasi potenza Occidentale sia militarmente che economicamente con il suo miliardo e mezzo di abitanti. La seconda ha visto nell’apertura al capitalismo e agli investimenti Occidentali, e nell’ingresso nell’organizzazione mondiale del commercio di Pechino, una grande occasione di sviluppo globale di cui il mercato cinese sarebbe stato il motore.

La democratizzazione? Sarebbe stata quasi una conseguenza necessaria della vittoria del capitalismo. A quasi 20 anni da Tiennamen la prima tesi comincia a essere confermata in maniera preoccupante. La Cina infatti non solo agisce sui mercati internazionali delle materie prime con un’ottica predatoria acquistandole da chiunque gliele venda, comprese dittature e stati canaglia come il Sudan responsabile del genocidio del Darfur, ma sta incrementando progressivamente la sua potenza militare e aggressività. Un passo necessario e legittimo per assicurare al paese in caso di crisi internazionale l’enorme quantità di materie prime di cui ha bisogno per alimentare la propria industria. Ma anche una reale minaccia alla sicurezza e agli interessi dei paesi Occidentali in competizione globale con la Cina per assicurarsi le stesse materie prime.

La seconda tesi invece si è rivelata fallimentare. Lo sviluppo dell’economia cinese e la sua apertura ai capitali stranieri ha sì contribuito allo sviluppo economico globale ma non nei termini in cui era stato immaginato. L’invasione dei mercati di prodotti cinesi a basso costo ha distrutto interi comparti dell’industria manifatturiera non solo Occidentale ma di tutto il globo - compresi i paesi in via di sviluppo in Asia e in Africa. A trarne benefici sono stati solo i paesi esportatori di materie prime (in particolare gas e petrolio) e le grandi multinazionali che hanno delocalizzato le loro produzioni in Cina per meglio competere con le stesse industrie cinesi e vendere sui mercati emergenti a prezzi competitivi. Lasciandosi però alle spalle il deserto nei paesi di origine, dove la perdita di lavoro dovute alle delocalizzazione ha colpito in particolare e duramente le classi medie. Paesi come l’Inghilterra che hanno deciso di rinunciare a un’industria nazionale per concentrarsi sulla fornitura di servizio finanziari a livello globale sono riusciti ad adattarsi. Altri come Francia, Italia, Stati Uniti, stanno vivendo una delle crisi economiche più gravi degli ultimi decenni.

Una via di salvezza però ce l’hanno tutti: sopravvivere fino a che non si crea in Cina una borghesia in grado di acquistare i prodotti Occidentali. Nel frattempo possono e devono adattarsi a quello che passa il convento: vendita di knowhow tecnologico e di prodotti di lusso per i nuovi ricchi cinesi, enormi commesse nel campo dell’industria pesante, delle infrastrutture, nelle telecomunicazione e nei trasporti. Commesse giganti che consentono di rimandare il tracollo delle loro economie ma che creano un’interdipendenza con Pechino che gli lega politicamente le mani. Ecco perché l’occidente vede negati in Tibet i propri valori e non reagisce. E si illude che lo sviluppo economico e il capitalismo possano portare la democrazia anche se è smentito nei fatti dalla storia e dall’attualità – il capitalismo si è infatti sempre adattato perfettamente alle dittature mentre la Russia di oggi è la dimostrazione che autoritarismo e libera impresa possono perfettamente coesistere. L’alternativa è uno scontro tra titani sul piano economico, politico e addirittura militare che nessun governo occidentale oggi crede di poter sostenere. E tanti saluti ai diritti umani...

FONTE WWW.AFFARITALIANI.IT

Salvi: "Troppa ingordigia. E Veltroni mente: poteva rinunciare"

Senatore Cesare Salvi, ancora l’ennesimo, «piccolo» privilegio per la cosiddetta Casta.
«Ancora una volta i principi generali possono essere legittimi e corretti, ma le cifre e le modalità sono scandalosamente esorbitanti. Anche perché i parlamentari non pagano i contributi come tutti i comuni cittadini, secondo il metodo contributivo...».

Già il nome, «indennità di reinserimento», non lasciava presagire nulla di buono.
«Certo, un nome buffo e ridicolo. All’inizio credo motivato dal modesto beneficio concesso a chi si pensava dovesse tornare al vecchio lavoro impiegatizio, così che si potesse reinserire con un aiuto per i primi tempi...».

Poi, invece, le cose sono andate in altro modo.
«Poi la provenienza sociale degli eletti si è modificata, e nel mentre le cifre sono via via aumentate, gonfiandosi a dismisura per eccesso di ingordigia».

Una specialità tutta italiana, pare.
«Quando c’è da pappare, i nostri parlamentari non si tirano indietro, come ha documentato a suo tempo il sottoscritto assieme al professor Massimo Villone nel libro: “Il costo della democrazia”. Libro che ha avuto una certa risonanza, ma che evidentemente Veltroni non ha letto».

Walter Veltroni, il baby-pensionato: il caso di questi giorni.

«Una vicenda un po’ paradossale, perché quello che Walter non dice è che non è affatto obbligatorio per legge prendere il vitalizio e la liquidazione. Mica si viene rincorsi dai carabinieri... Se i parlamentari prendono la pensione anzitempo è perché lo vogliono: se Veltroni non li voleva, poteva lasciarli».

Lui dice di aver devoluto a fin di bene.
«Un’azione di buon gusto, anche se Walter avrebbe dovuto spiegare a chi abbia dato i soldi. Non abbiamo notizie. Ma in campagna elettorale si sostiene qualsiasi cosa... Resta il fatto che a 49 anni ha potuto usufruire della vecchia legge che gli ha concesso cumuli, vitalizi e indennità di solidarietà. Oggi posso dire che la situazione è un po’ migliorata, in quanto abbiamo almeno stabilito che il vitalizio decorra dai 60 anni e, per una sola legislatura compiuta, 65. Un miglioramento ottenuto nella totale indifferenza di Walter, mi pare».

Non risulta sia mai stato paladino di questa moralizzazione dei costumi.
«No, non risulta».

FONTE WWW.ILGIORNALE.IT

21.3.08

Fini: se perdiamo mi dimetto subito

E se poi il Pdl perde le elezioni? «Chi è sconfitto dal voto - dice Gianfranco Fini - deve avvertire la necessità di fare un passo indietro. Parlo per me, non per Berlusconi. Se perdo, un minuto dopo rassegno le dimissioni da tutti i miei incarichi». E se invece il centrodestra vince? «In questo caso Casini starà all’opposizione. Anche lui è d’accordo, visto che prima parlava di modello tedesco e adesso sostiene che le alleanze si fanno prima e non dopo il voto». Quanto alla Grosse Koalition, «sono sicuro che gli italiani sceglieranno noi e non ci sarà bisogno di ricorrere alle larghe intese». Il leader di An ha sempre un occhio rivolto a Parigi. «La mia preferenza per la struttura istituzionale francese - racconta - è nota. Se in Italia ci fosse stata l’elezione diretta del capo dell’esecutivo, avrei preso seriamente in considerazione l’idea di candidarmi a premier. Ma bisogna essere realisti e fare il pane con la farina di cui si dispone. In Italia la situazione è diversa, si vota per il partito e la coalizione che indica il presidente del Consiglio». Anche per questo, aggiunge, è improponibile da noi il sistema della cooptazione. «In Italia non si può applicare il modello Sarkozy-Attali che individua i migliori al di là delle appartenenze politiche. In Francia il presidente è eletto da popolo, qui risponde al Parlamento per cui aggirare le coalizioni è più difficile». Il futuro? Nessuna fretta di sciogliersi nel Pdl, spiega Fini, prima andranno celebrati i congressi dei partiti. «Gli iscritti di An decideranno in autunno se dare vita al Partito delle libertà, ma solo se anche Forza Italia e le altre formazioni politiche avranno valori, programmi e regole condivise». E nessuna paura per la concorrenza di Storace. «La destra non è un simboletto, una definizione fine a se stessa, ma vuol dire amare la Patria, essere orgogliosi di essere italiani, puntare su legalità, sicurezza e futuro dei giovani. Da questo punto di vista An e Pdl possono fare più di qualsiasi altro. Se poi qualcuno ha dell’identità una visione da museo, mi spiace...». Intanto c’è una competizione elettorale da affrontare. «Veltroni è nervoso - attacca Fini -, mi pare che abbia dei problemi perché ha l’ansia di sconfessare Prodi e perché la nostra campagna è efficace. La rimonta dei partiti piccoli? Ne parleremo dopo il 13 aprile. Io non mi permetterei mai di dire di non votare per chi non vince, perché l’unico voto inutile è quello non dato. Però, proprio perché da più parti si sottolinea il rischio dell’ingovernabilità, ritengo che gli italiani sceglieranno in base all’obbiettivo di avere un esecutivo stabile». Quanto al dopo, Fini non pensa che la prima cosa da fare si abolire le leggi del centrosinistra, almeno «non come posizione a priori». Però, conclude, «ci sono interventi urgenti come la riduzione del carico fiscale per le famiglie, norme per la sicurezza e una spesa sociale che garantisca vera solidarietà». E la legge Biagi «va completata con gli ammortizzatori sociali».

Fonte WWW.ILGIORNALE.IT

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Regioni in bilico ma 3 su 4 andranno al PDL

Nelle quattro regioni in bilico l’ago della bilancia pende sempre più dalla parte del Popolo della libertà. L’ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto assegna tre regioni al centrodestra e una al Partito democratico. Vittorie locali che, se dovessero essere confermate dalle urne, si dovrebbero trasformare in altrettanti preziosi premi di maggioranza al Senato.
Le nuove previsioni arrivano da una fonte non sospetta di simpatie per il centrodestra, un sondaggio dell’Swg realizzato per il settimanale l’Espresso, e assegnano alla coalizione guidata da Silvio Berlusconi il Piemonte. Il Pdl e la Lega nord si attestano tra il 45 e il 45,5 per cento, mentre il Partito democratico e l’Italia dei valori si fermano a 38-38,5 punti percentuali. Una conferma degli equilibri usciti dalle urne nel 2006, mentre nella vicina Liguria, sempre secondo l’Swg, si dovrebbe realizzare il sorpasso del centrodestra sul Pd.
Nella regione più incerta, dove il centrosinistra sperava di confermare il risultato del 2006, il Pdl ottiene il 41,5-42 per cento delle intenzioni di voto. Comunque a breve distanza dal Pd, stimato al 37,5-40%.
Confermato l’effetto spazzatura in Campania, regione che la coalizione di Walter Veltroni dovrebbe perdere sull’onda dell’emergenza rifiuti e a fronte di una netta rimonta del centrodestra rispetto agli ultimi anni. La distanza tra i due contendenti si attesta intorno ai sette punti percentuali con il Pd al 37-38 per cento e il Pdl al 44-44,5. In controtendenza il Lazio dove la vittoria andrebbe, sia pure di misura, al Partito democratico: 40-40,5 per cento contro il 38-38,5 per cento.
Alta la percentuale di incerti registrati dalla Swg, tra il 25 e il 30 per cento. Rilevante il fatto che, secondo il sondaggio svolto dalla società triestina, solo Pd e Pdl riuscirebbero a ottenere il premio di maggioranza in Senato. La Sinistra arcobaleno si attesta un po’ ovunque intorno al 6 per cento, con punte del 7 in Liguria. Simili i risultati dell’Udc nelle quattro regioni in bilico, tutti tra il 5,5 e il 6 per cento.
La Destra di Francesco Storace ottiene un buon risultato nel Lazio: il 4,5-5 per cento. Voti che se fossero stati del Pdl, avrebbero portato il centrodestra in vantaggio anche nell’unica regione incerta dove la sinistra sta prevalendo.
Per quanto riguarda il dato nazionale, Tra gli altri sondaggi pubblicati ieri, quello della società di marketing Agron che dà il Pdl al 44,7 per cento contro il 35,3 del Pd. In sostanza conferma lo scarto di 9-10 punti percentuali che Berlusconi continua a considerare il dato più attendibile. E che era stato più o meno confermato anche dall’ultimo sondaggio Demoskopea per Sky Tg24 diffuso mercoledì: 42,3 per cento al centrodestra contro il 33,6 di Veltroni. Un risultato, quest’ultimo, che se fosse confermato sarebbe considerato una sconfitta dal leader del Pd perché sotto la soglia del 35 per cento. Percentuale che, dalle parti del Loft, viene considerata il minimo accettabile. Se non venisse centrato, insomma, potrebbe essere messa in discussione anche la leadership dell’ex sindaco di Roma.

FONTE WWW.ILGIORNALE.IT

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20.3.08

PDL: certezza della pena e stretta sui clandestini

"Bisogna cambiare tutto ciò che ha fatto questa sinistra e certe volte ci si domanda come possono essere arrivati a questa incapacità e a questi errori". Il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, punta il dito contro un Governo che è stato incapace di far crescere il Paese: "Ora affidatevi a me".

Stretta sui clandestini "Bisogna voltare pagina e far sì che lo Stato riprenda a fare lo Stato e garantisca la sicurezza dei cittadini". Per questo il leader del Pdl vuole "tornare ai poliziotti e ai carabinieri di quartiere in tutte le città con più di 15mila abitanti". "Ci dovrà essere inoltre la certezza della pena e non si dovrà permettere che chi sia stato condannato per un reato di alto rischio sociale venga rimesso subito in libertà, soprattutto nei reati su donne e minori - prosegue - occorre cambiare completamente il rapporto con immigrati clandestini, stipulando degli accordi come avevamo fatto noi con gli Stati limitrofi quando eravamo al governo, che impediscano la partenza di questi immigrati; è infine necessario che accettino di fare dei corsi di formazione professionale in accordo con noi all’interno del loro Paese".

I danni della sinistra Tra i danni causati dal governo Prodi, il Cavaliere ha citato l’emergenza rifiuti a Napoli, sottolineando che "i danni dei rifiuti sono incalcolabili non solo per l’immagine dell’Italia, ma anche a livello economico". Insomma, ha detto l’ex premier, "un momento peggiore di questo per l’Italia nell’opinione pubblica internazionale non c’è mai stato e non si poteva neanche immaginare". "Questo per colpa di una sinistra che dovunque è stata incapace di assolvere i doveri minimi di chi governa una regione e anche di chi governa un Paese".

Voto responsabile "Io sono ancora qui, dico l’unica strada è affidarsi a me". Berlusconi chiede il voto per il Pdl, un voto responsabile che dia al centrodestra "una vasta maggioranza per governare il paese per cinque anni". "Cinque anni utili e di stabilità", ha promesso l'ex premier insistendo sulla necessità di "non scegliere i piccoli partiti del centrodestra che non hanno alcuna speranza di portare a casa un senatore". Il leader del Pdl ha ribadito, quindi, la propria preferenza per il cosiddetto voto utile spiegando che "non voglio fare alcuna polemica ma anche alla Camera i voti non dati al Pdl fanno il gioco della sinistra". "Questa è la realtà di una legge elettorale voluta proprio dall’Udc".

Fonte www.ilgiornale.it

Fini: con un'altra legge elettorale mi sarei candidato premier

«La vicenda Alitalia dimostra che il governo si è mosso all'insegna di un dilettantismo molto preoccupante. Prima ci hanno detto che era l'unica possibilità di salvare Alitalia, poi ci hanno detto che la valutazione era solo di 10 centesimi al minuto, poi che l'hub sarà solo Fiumicino, poi che gli esuberi saranno migliaia. Servono invece forme di rilancio e garanzia sociale». Lo ha detto il leader di An, Gianfranco Fini, nel corso della videochat con i lettori di Corriere.it - tutto'ora in corso - moderata da Marco Pratellesi. «Siamo sicuri che Alitalia si salvi con la proposta Air France? Io sono stato tra quelli che ha parlato di luci e ombre, ma le seconde sono forti e le prime deboli. Da Spinetta abbiamo avuto solo la garanzia che il marchio non scompare e che ci saranno dei diritti di veto nel cda. Ma le ombre sono forti e se anche il neo presidente di Confindustria o i sindacati mettano le mani avanti vuol dire che non siamo semplicemente qui a fare chiasso».

E gli imprenditori italiani? «Vedremo se avranno davvero voglia di assumersi questa capacità. Al momento l'imprenditoria nazionale pare disinteressarsi completamente alla cosa. Una in realtà c'è stata, quella di Air One, che il governo ha scartato. Anche a me sembrava ragionevole inizialmente la proposta di Air France che parlava di investimenti. Ma oggi i sindacati dicono di stare attenti perché temono che si tratti più di una svendita che di un rilancio».

«In Italia - ha detto ancora Fini, rispondendo alla domanda di un lettore - non si può applicare il modello Sarkozy-Attalì che individua i migliori al di là delle appartenenze politiche. E questo perché in Francia il presidente è eletto direttamente dal popolo e da noi no. Qui si risponde al Parlamento e quindi alla coalizione che ti ha presentato. La mia preferenza per il sistema francese però è nota». E proprio il sistema elettorale ha fatto sì che Fini abbia accettato di fare il numero due di Berlusconi, senza velleità di una corsa solitaria: «Se avessimo sistema in cui ci si candida con elezione diretta avrei preso in considerazione una mia candidatura. Ma in Italia non è così: si vota per una coalizione e ci si deve presentare in Parlamento per ottenere un voto di fiducia». E per le elezioni che verranno? «Cerchiamo intanto di vincere queste elezioni, poi per le prossime vedremo».

19.3.08

E la Brambilla che fine ha fatto?

Michela Vittoria Brambilla è nella lista per il PDl in Emilia Romagna ed è quindi sicuro che sarà a Montecitorio nella prossima legislatura....segue l'intervista che ha rilasciato a IL TEMPO

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Vuole portare i suoi Circoli dentro il Parlamento. No, non li abbandonerà dopo essersi fatta condurre dentro il Palazzo. «I cittadini restano al centro della mia azione politica, è il nostro risultato non solo il mio».


È serena Michela Vittoria Brambilla. La donna che ha ispirito la creazione del Popolo della libertà ora è pronta al salto nella politica. Quella che decide.


Presidente, posso già chiamarla onorevole?


«Beh, se preferisce...».


Da imprenditrice a regina dei Circoli e ora quasi deputata.


«Ormai è più di un anno che vivo questo momento. I Circoli del resto hanno fatto politica e lavorato molto per l'Italia».


E ora?


«Ora si continua. Si è realizzato un sogno col Pdl ed è arrivato il momento di assumersi delle responsabilità. Sarà il modo per portare le priorità dei cittadini, quelle che abbiamo raccolto in questo lungo anno, dentro il Palazzo».


Quindi?


«Sicurezza, una pressione fiscale più bassa. Poi i servizi, la sanità».


C'è da lavorare. Magari dentro un ministero.


«È il centesimo che mi fa questa domanda».


Si sarà fatta un'idea di quale ministero vorrebbe far parte, no?


«Io sono contenta di quello che sto facendo. Non c'è un desiderio preciso, deciderà Berlusconi cosa fare del mio futuro ruolo».


Lei dà attenzioni particolari all'imprenditoria italiana. Oggi è a Roma per presentare «Il manifesto degli imprenditori italiani per la tutela e il rilancio del marchio Italia». Come possiamo incrementare l'esportazione?


«In un momento in cui crisi economica e super valutazione dell'euro stanno creando oggettive e sempre crescenti difficoltà alla penetrazione dei nostri prodotti sui mercati è indispensabile: detassare il lavoro straordinario; abbattere le imposte sugli utili che l'azienda reinveste; garantire migliori linee di credito a quelle piccole e medie imprese che sono il vanto del made in Italy e che da sole realizzano oggi il 25% dell'intera produzione manifatturiera europea».


Ma la crisi americana con quali reali conseguenze investe la nostra economia?


«Sta incidendo pesantemente su tutti i comparti dell'economia e del credito. Il governo Prodi ha la grave responsabilità di non aver avviato per tempo misure che servissero almeno a bilanciare la caduta del nostro export. E c'è anche un'oggettiva responsabilità dell'Europa dove chi detta legge è solo la politica monetaria della Bce. Per quanto riguarda l'economia reale a Bruxelles non si fa proprio nulla».


Su quali mercati puntare? Cina, India e poi?


«I mercati in cui si sta tentando una maggiore penetrazione sono quelli del Sud Est asiatico e dell'Europa dell'Est».


E il «nuovo protezionismo» può aiutare?


«No all'autarchia. È vero però che ci vogliono anche regole. E non è certo un caso che un paese di tradizione profondamente liberista come gli Usa abbia cominciato a mettere paletti a una politica di dumping, che rischia di distruggere l'intrinseco valore di ogni mercato. L'Europa, invece, è in forte ritardo. E la ragione è che deve attuare una politica che venga condivisa da 27 paesi che hanno esigenze ed interessi assai diversi tra loro».


Le nostre imprese sono ancora troppo piccole. Una politica di aggregazione è possibile?


«La rete di piccole e medie imprese che opera, nel settore manifatturiero è una forza che tutti ci invidiano. Ma è chiaro che va rafforzata ideando regimi fiscali che favoriscano fusioni e accorpamenti».


Made in Italy: le viene in mente un marchio?


«Non c'è settore in cui il prodotto made in Italy non dia oggi dei punti a tutti. Penso a quel che avviene, ad esempio, per l'Alta Moda. Andrebbe maggiormente tutelato ed è appunto quello che faremo non appena torneremo al governo».

FONTE WWW.ILTEMPO.IT

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