23.4.06
20.4.06
Ds e Rifondazione non arretrano, vogliono presidenza Camera
Rifondazione comunista punta apertamente a fare del suo segretario la terza carica dello Stato. "Questo è il nostro obiettivo, non ci sono subordinate o cariche (ministeriali) di compensazione", ha detto oggi il portavoce di Bertinotti. Pur dando notizia di un incontro tra Bertinotti e D'Alema -- il più accreditato candidato per la presidenza della Camera dei Ds -- avvenuto oggi a Bruxelles, il portavoce ha ribadito che non ci sono cedimenti su questo punto nel suo partito.
Altrettanta determinazione ha mostrato oggi il segretario dei Ds Piero Fassino nel rivendicare per il suo partito, "il primo della maggioranza" la presidenza della Camera dei deputati.
"E' del tutto comprensibile e fondato che il principale partito della maggioranza che ha vinto le elezioni abbia la responsabilità di guidare una delle due assemblee elettive che noi, come è noto, abbiamo individuato nella Camera dei deputati", ha detto oggi Fassino ai giornalisti.
"Come è noto, queste questioni non si risolvono in un attimo, bisogna avere la capacità di dialogare e trovare le soluzioni ragionevoli per uscire da questa impasse", ha proseguito, prima di incontrare Prodi nel quartier generale di quest'ultimo a piazza SS Apostoli.
Dal colloquio con Prodi, il segretario è uscito senza rilasciare dichiarazioni.(Reuters)
Luxuria detta già legge: «Faremo i Pacs a Roma»
Unione: Prodi vede De Benedetti
Prodi: «Triste che non riconoscano vittoria»
18.4.06
«Romano e Silvio? Due sconfitti»
«Non è che si può fare la Grande coalizione come fosse la casa del Grande Fratello, in cui le nomination servono per escludere qualcuno. Il progetto di collaborazione a mio avviso serve. Altrimenti qual è l’alternativa se l’Unione non riuscisse ad andare avanti? Io non sono tra quanti pensano che una legislatura appena iniziata debba essere buttata via ai primi venti autunnali». Secondo lei lo pensa Berlusconi? «Ma questo è un Paese che ha bisogno di un minimo di respiro. Altrimenti il rischio è che la crisi del sistema sia più pesante del bottino che i vincenti riterranno di poter conquistare». Se è vero che l’intento della Grande coalizione è modernizzare il bipolarismo italiano, sarebbe disponibile nel frattempo a lavorare per la nascita di un partito dei moderati che va da An a Forza Italia? «Se si mettesse mano alle regole e si irrobustisse la cornice istituzionale, si potrebbero fare molte cose. Ognuna però ha il suo tempo». (Corriere.it)
«Voto: l'Italia rischia l'uscita dall'euro»
L'ECONOMIA ITALIANA - «Tutti sappiamo - sottolinea Munchau nell'editoriale del Financial Times - che l'economia italiana si trova in profonde difficoltà. Ma è importante ricordare che i problemi italiani sono differenti da quelli della Francia e della Germania. Molte economie continentali sono afflitte da bassa crescita e alta disoccupazione. Anche l'Italia soffre di un basso livello di crescita anche se la sua creazione di posti di lavoro è stata rilevante. Ma il problema dell’Italia è quello di non essere pronta a una vita nell'Unione monetaria».
LE RIFORME DI PRODI - Il Financial Times segnala la forte discrasia tra problemi e soluzioni proposte. Da un lato infatti «sin dalla nascita dell'euro nel 1999, l'Italia ha registrato un massiccio apprezzamento del suo tasso reale di cambio. I suoi costi unitari del lavoro sono cresciuti del 20% rispetto alla Germania. Ma mentre le retribuzioni tedesche reagiscono alla domanda aggregata, i salari italiani continuano a crescere a un ritmo del 3% annuo. L'Italia registra anche un problema di competitività di prezzo in molti settori economici. Un programma sensibile di riforme economiche dovrebbe concentrarsi sulla contrattazione salariale e sulla regolamentazione dei mercati dei beni e servizi». Dall'altro lato «Prodi offre il tipo sbagliato di riforme. Che consiste nello stesso tipo di riforme che sono fallite in altri Paesi europei. E dal momento che la sua frammentata coalizione di moderati, socialisti e comunisti, avrà una sottolissima maggioranza in Senato, potrebbe anche non essere in grado di portare a compimento il suo insufficiente programma. Se l'Italia continuerà a perdere competitività macroeconomica, un movimento politico populista potrebbe ben emergere con un programma per l'abbandono dell'euro. Proviamo a immaginare l'inimmaginabile e ipotizziamo che un futuro governo italiano riporti la lira. Cosa succederebbe al debito del Paese, prevalentemente denominato in euro, che attualmente raggiunge il 106,5% del Pil? L'Italia sarebbe quasi certamente incapace di rimborsare pienamente le sue obbligazioni nei confronti degli investitori. E dovrebbe o riconvertire tali debiti in lire a un tasso di cambio sfavorevole agli investitori, o addirittura dichiarare apertamente l'insolvenza». Il condirettore del Financial Times snocciola qualche altra cifra rilevante. «Dal punto di vista di un investitore l'abbandono dell'eurozona è equivalente a un'insolvenza sovrana. E data questa prospettiva, perché i mercati finanziari non stanno ancora scommettendo su un tale evento? La scorsa settimana i rendimenti sui titoli pubblici decennali italiani registravano solamente un differenziale di 0,3 punti al di sopra degli equivalenti titoli tedeschi. E tale valutazione suggerisce che i mercati non vedono attualmente un alto rischio di default. Ma certamente, anche se qualcuno reputa improbabile l'abbandono italiano dell'eurozona, il rischio non è nemmeno pari a zero».
IL GOVERNO DELL'UNIONE - Il Financial Times chiede retoricamente: «dopo i risultati delle elezioni italiane gli investitori rimarranno altrettanto ottimisti sui seguenti dieci anni durante la vita di un governo Prodi? Esiste una ragionevole possibilità che nei prossimi cinque anni il premio di rischio (italiano, ndr) salirà nei prossimi cinque anni. E prevedo - aggiunge Munchau - anche un aumento per gli swap sull'insolvenza creditizia italiana, strumenti finanziari attraverso i quali gli investitori possono assicurarsi contro il rischio. La scorsa settimana gli investitori avrebbero pagato un premio annuale di 21.750 euro per assicurarsi contro l’insolvenza su di un investimento di 10 milioni di euro in un titolo di stato italiano a 10 anni. E si tratta di un livello molto basso, date le incertezze economiche e politiche. Tali swap, non sono sofisticati strumenti speculativi. Un acquirente di swap sull’insolvenza creditizia italiana viene rimborsato solo se l’Italia cade in uno stato d’insolvenza. Ma gli investitori sofisticati sanno come costruire strategie di trading profittevoli da una situazione così sbilanciata. I mercati finanziari non possono provocare l'uscita di un Paese dall'Unione monetaria attraverso la speculazione valutaria, come fecero nel 1992 facendo uscire la Gran Bretagna dal meccanismo di cambio europeo. Ma per gli investitori esistono altri modi per sfruttare le difficoltà di un Paese dentro un'Unione monetaria».
PARALLELI ROMA-LONDRA - «Ecco perché - conclude Munchau - esistono dei paralleli tra l'Italia di oggi e la Gran Bretagna del 1992. Allora l’impegno della Gran Bretagna per il meccanismo di cambio appariva incrollabile come l'impegno di Prodi per l'euro ora. Ma la Gran Bretagna non era pronta né economicamente né politicamente a vivere in un regime di cambi semifissi. E la partecipazione dell'Italia all'euro è basata su fondamenti parimenti traballanti. Quattordici anni fa per gli investitori ci vollero pochi giorni per smascherare una bugia politica».(Corriere.it)
Ciampi: «Farò il senatore a vita»
16.4.06
Riassegnate 71 schede in Puglia (43 alla CdL e 28 all' Unione)
Fonte gazzetta del mezzogiorno
15.4.06
Fassino: dialogo sul Quirinale ma niente pasticci con il Polo
Tratto da www.repubblica.it
Ma il premier insiste sul decreto oppure Gianni Letta al Quirinale
E già, perché le speranze sui calcoli degli uffici centrali sono poche anche per il Cavaliere. Lo sa anche lui e nei tanti colloqui avuto ieri con i coordinatori e i ministri del suo partito non lo ha nascosto. Anche per questo ha rinviato la sua partecipazione a Matrix, la trasmissione di Mentana, prevista per oggi. Il suo cruccio, semmai, sono gli equilibri istituzionali prossimi venturi. Assetti da cui dipenderanno molte delle scelte anche nel campo aziendale, ossia delle sue imprese.
Vuole "garanzie", esattamente come accadde nel '96. E dopo dieci anni usa il voto contestato per tentare di imporre lo stesso schema. E allora: "I dubbi su questi risultati ci sono, si possono dissipare in modo molto semplice. Con un controllo vero, su tutte le schede. Quelle contestate e quelle annullate". Nell'ennesima cena a Via del Plebiscito con il suo staff, il presidente del consiglio è partito da questa premessa. Per arrivare ad una conseguenza: il decreto legge.
Secondo i tecnici di Palazzo Chigi, infatti, sarebbe possibile un decreto per modificare la legge elettorale e "ricontare" le schede su vasta scala. "Il premio di maggioranza - spiegano a Forza Italia - impone una clausola di garanzia, non è possibile che il governo e il capo dello Stato vengano determinati dagli errori". Non a caso fino a ieri sera, l'ultima speranza del premier e anche del leader di An, Gianfranco Fini, era di poter ridurre il distacco alla Camera sotto i 10 mila voti per poi tornare alla carica sul decreto. Chiedere al Colle di riesaminare il problema.
Berlusconi, però, conosce già la risposta del centrosinistra e del Quirinale. Tant'è che la subordinata sta diventando rapidamente l'opzione principale. "Se Ciampi e la sinistra non accettano questa soluzione, non resta che trovare un equilibrio ai vertici dello Stato. Ci diano gli organismi di controllo. E, insomma, niente decreto niente Ciampi bis. Noi rappresentiamo la metà degli italiani, questo vorrà pur dire qualcosa nella scelta del presidente della Repubblica?".
Tant'è che ieri, davanti ai fedelissimi, qualche nome a mo' d'esempio l'ha fatto: Gianni Letta e Beppe Pisanu. Anche se il secondo ha perso terreno sia per le incomprensioni con lo stesso Berlusconi, sia per i contatti avuti sullo stesso punto con alcuni esponenti dell'Unione. Certo, per Berlusconi questo sembra soprattutto l'avvio di una trattativa più che il punto di caduta. Tant'è che nel negoziato potrebbero entrare la presidenza del Senato (aprendo per il Quirinale a soluzione alternative, come Amato o D'Alema), qualche commissione di controllo e magari il cda della Rai. "Così ci sarà la vera pacificazione". L'obiettivo, insomma, è non uscire dal circuito decisionale.
Sapendo che il futuro imprenditoriale in buona parte dipende da quanto saprà condizionare gli assetti politici della nuova legislatura. La sua Mediaset è attesa da scadenze importanti, così come i tanti soldi incassati circa un anno fa dalla cessione di una parte della stessa azienda dovranno essere presto reinvestiti.
Per strappare un cenno di disponibilità, il Cavaliere mette sul tavolo il regolamento del Senato. Che tutela l'opposizione con molta più forza rispetto alla Camera.
"Se non accetteranno - è quindi la sua conclusione - non solo rimarrà una macchia su questa legislatura e io lo ricorderò ad ogni piè sospinto, ma a Palazzo Madama ci metteremo l'elmetto e non faremo passare neanche una legge. Con quei numeri, senza di noi non passa niente. Voglio vedere il dpef. Voglio vedere la finanziaria. Voglio vedere i pacs".
Per il momento Romano Prodi ha risposto con un secco no a tutte le avances berlusconiane, mentre nei Ds un sottile filo di dialogo qualcuno lo ha attivato. Ma il vero ostacolo per il premier è un altro: gli alleati. Se Fini è schierato al fianco del leader di Forza Italia, l'Udc e la Lega non ne vogliono sentire parlare. "Quando i risultati saranno definitivi e l'esito non sarà cambiato, dopo po' anche Silvio si dovrà calmare", dicono a Via Due Macelli. Anche perché per i centristi, a questo punto la terra promessa si chiama "centrodestra deberlusconizzato". E solo con la sconfitta elettorale "certificata" si può raggiungere. Solo in quel modo potrà scattare per Casini la corsa alla leadership della Cdl. Sapendo che la paralisi di Palazzo Madama è praticabile solo se l'opposizione è compatta. Ma prima bisognerà aspettare che la Cassazione ufficializzi i risultati.
da repubblica.it
14.4.06
D'ALEMA: BERLUSCONI FERMI LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
In quel caso, dice D'Alema, è possibile un dialogo per il Quirinale. "Dovrebbe esserci un mutamento di scenario per poter aprire una discussione di questo tipo. Altrimenti - ribadisce D'Alema - non è credibile e non è possibile. Non possiamo ridurre la politica ad un mercato delle poltrone". E se lo scenario mutasse, "a quel punto potrebbe essere aperto un dialogo. Ma - rileva - non credo ai colpi di scena".
In ogni caso, il primo banco di prova per un dialogo sarà la scelta per il Quirinale. Una scelta su cui, per D'Alema, "il centrosinistra deve ricercare il confronto più aperto, cercare il massimo di convergenza possibile come avvenne nel 1999. Quando noi diciamo metodo Ciampi ci riferiamo ad una cosa concreta".
Infine, un progetto: "Vanno fatti subito i gruppi unici dell'Ulivo sia alla Camera sia al Senato. E dopo l'autunno va avviata la fase congressuale dei Ds per avere il mandato alla costituzione del partito democratico. Che non è - sostiene - una somma di burocrazie ma un processo aperto alla società civile e alla cultura". "Porte aperte - spiega ancora - a tutta l'area socialista, che fu parte fondativa di questo progetto. Mi pare che la Rosa nel Pugno fosse solo un cartello elettorale".
STORACE: L'UNIONE SE PUO' GOVERNI, NIENTE SCONTI
"Al Senato hanno preso meno voti di noi ed è davvero arrogante la pretesa di D'Alema che inventa il metodo delle assenze contemporanee per maggioranza e opposizione. Se sono capaci governino ma non si aspettino sconti": così Francesco Storace. "Mischiare Quirinale e pratica parlamentare ordinaria è quanto di più scorretto si possa immaginare", conclude l'esponente di An. (ANSA)
«Il premier fermi la strategia della tensione»
«Trovo che alternare l’accusa di brogli, gravissima e priva di qualsiasi riscontro, all’offerta di grande coalizione denoti una enorme confusione e renda più preoccupante questo finale di partita ».
«No, sarebbe una strategia folle e non credo che Berlusconi sia folle. Certo, si può capire la rabbia di uno che ha visto svanire la vittoria per pochi voti. Dovrebbe riflettere sull’assurdità e pericolosità di questa legge elettorale. Si tratta di un finto proporzionale che in realtà è il più brutale dei sistemimaggioritari. Le elezioni sono state trasformate in un plebiscito mediatico».
«Non è vero, si tratta di una sciocchezza. Nessuno è in grado di prevedere quali sarebbero stati gli esiti con l’uninominale maggioritario nei collegi ».
«Lo dicono il capo dello Stato e ilministro degli Interni. Non c’è riscontro di brogli. Parliamo dell’Italia, un Paese democratico, non della Bielorussia».
«Sarebbe totalmente irresponsabile. Spero che una volta che i risultati siano stati proclamati dagli organi istituzionali, Berlusconi telefonerà a Prodi riconoscendo la sconfitta».
«Questo è un sospetto etico su Berlusconi al quale mi rifiuto di aderire. Fare questa ipotesi equivarrebbe a considerarlo un ricattatore».
«Abbiamo avuto uno scontro programmatico radicale e un’intesa ora sarebbe incomprensibile da parte dei cittadini. Aumenterebbero la sfiducia, il qualunquismo e il discredito verso la politica. Non può esserci un colpo di scena, un coniglio estratto dal cilindro».
«Il fatto che l’opposizione possa avere, cosa del tutto anomala, la presidenza di una delle due Camere non è la premessa di una comune assunzione di responsabilità ma la conseguenza. E questo può accadere in un clima politico in cui ci sia l’impegno comune a garantire il funzionamento delle istituzioni e il diritto a governare di chi ha la maggioranza. Dovrebbe esserci un mutamento di scenario per poter aprire una discussione di questo tipo. Altrimenti non è credibile e non è possibile. Non possiamo ridurre la politica ad un mercato delle poltrone».
«Penso che a quel punto potrebbe essere aperto un dialogo. Ma non credo ai colpi di scena».
«Ma questo è roba da angiporto! Non siamo ai mercati generali. Lasciamo stare, se no i cittadini ci corrono dietro. Dobbiamo costruire una normalità democratica, e cioè il bipolarismo tra due coalizioni che si rispettano, che non si demonizzano e che si riconoscono in un quadro di regole condivise. Non si risolve adesso, in quindici giorni, con una telefonata a Pisanu o a Follini. Abbiamo di fronte scogli enormi. A giugno, per esempio, c’è il referendum sulla nuova Costituzione. Io spero che venga cancellato questo aborto. Ma il centrodestra che fa? Difende la Costituzione di Calderoli o favorisce il ritorno a quella di Calamandrei?».
«Qui dobbiamo cercare il massimo di convergenza possibile. Nel ’99 avevamo la maggioranza in Parlamento. E forse, dal punto di vista degli equilibri del governo di allora, sarebbe stato conveniente affrontare diversamente il tema dell’elezione del capo dello Stato. Ma io, che ero presidente del Consiglio, andai al dialogo con Berlusconi perché ci fosse una convergenza sul nome di Carlo Azeglio Ciampi. Credo di aver fatto il bene del Paese. E penso persino che se in questi anni Berlusconi ha potuto governare senza avere un conflitto drammatico con la presidenza della Repubblica lo deve a questa scelta».
«Il centrosinistra deve ricercare il confronto più aperto. Quando noi diciamo metodo Ciampi ci riferiamo ad una cosa concreta».
«Negli anni Cinquanta il Paese era aspramente diviso ma le classi dirigenti avevano un fortissimo senso della comune responsabilità. Accadeva che nelle piazze c’erano scontri sanguinosi ma Mario Scelba e Pietro Secchia si telefonavano per evitare che si precipitasse in una guerra civile. Oggi è il contrario. Il clima da guerra civile non è nel Paese ma nella classe politica»
«Ce ne sono molte di più. La divisione attraversa i campi sociali e investe la sensibilità civile e culturale. Quanti milioni di elettori non leggono i giornali? Tra questi mondi c’è una forte differenza. Penso ad una similitudine con gli Stati Uniti dove si aveva la percezione che i democratici fossero i vincitori assoluti. Poi è venuta fuori un’America profonda che invece ha votato Bush. In Italia Berlusconi ha saputo evocare questa paura della sinistra agitando un pericolo per i ceti medi e per i valori tradizionali. È stato un grande combattente, bisogna dargli atto. Noi abbiamo sottovalutato questa offensiva e non ci siamo impegnati abbastanza per contrastarla. Sulla questione fiscale siamo apparsi incerti, abbiamo alimentato i dubbi. Ci volevano maggiore tempestività e chiarezza. Ora il governo deve lanciare dei segnali di rassicurazione. Le paure sono largamente immotivate. Non intendiamo né scardinare la famiglia né aumentare le tasse né scontrarci con la Chiesa».
«Mi hanno accusato per cinque anni di aver barattato la legge sul conflitto di interessi per la bicamerale. È gente che non ha nemmeno sfogliato gli atti parlamentari. Opposti estremismi, Berlusconi da una parte, loro dall’altra. Sono campagne prive di verità, basate sul sospetto. Forme di linciaggio. Se tu hai un’opinione diversa sei un traditore, ti sei venduto l’anima. È il peggio della tradizione comunista degli anni Trenta. Io sono un uomo di sinistra ragionevole che cerca di impegnarsi per il bene del Paese».
«O anche D’Alema nulla. Non sono uno che cerca incarichi o fa i capricci per averli. Bisogna capire quel che è più utile in una coalizione complessa come la nostra».
«Non ho mai fatto un passo avanti».
«È un’ottima persona, garante dei diritti di tutti».
«In questi anni abbiamo dedicato il nostro impegno a costruire l’Ulivo. Con Fassino ci siamo candidati sotto quel simbolo. Io concludevo i comizi dicendo: alla Camera votate la lista unitaria, al Senato i Ds o la Margherita. È questa la nostra prospettiva strategica che è stata premiata dagli elettori e soprattutto dai giovani. C’è una generazione nuova, la generazione dell’Ulivo, sulla quale l’appello dell’anticomunismo e dei fantasmi del passato non funziona. Dirò di più. Permolto tempo ci siamo attardati a dibattere sul rischio che l’Ulivo avrebbe comportato un rafforzamento della sinistra radicale. Così non è stato. Oggi noi abbiamo il dovere di aprire il cantiere del partito democratico».
«Intendo dire, anche se la mia è solo una proposta, che vanno fatti subito i gruppi unici sia alla Camera sia al Senato. E dopo l’autunno va avviata la fase congressuale dei Ds per avere il mandato alla costituzione del partito democratico. Che non è una somma di burocrazie ma un processo aperto alla società civile e alla cultura».
«Aperte a tutta l’area socialista, che fu parte fondativa di questo progetto. Mi pare che la Rosa nel Pugno fosse solo un cartello elettorale».
«Sono falsità. Io non posso volere niente perché è il congresso che elegge il segretario, non lo nomina D’Alema. Fassino ha svolto e svolge con passione e sacrificio un compito prezioso. Deve essere lui innanzitutto a dire quello che vuole fare. Tutti noi dobbiamo porci il problema di come disporre le nostre forze di fronte alla fase costituente del partito democratico e alla necessità di favorire un ricambio generazionale. Vorrei uscire dal pettegolezzo del complotto».
«Noi dobbiamo muoverci su tre grandi direttrici. Costruire l’Ulivo, governare per rimettere in moto tutto il Paese, ricercare il dialogo con l’opposizione per garantire il funzionamento delle istituzioni. Nelle grandi democrazie europee quando un governo ha un voto di scarto, se un deputato della maggioranza si sente male l’opposizione ne fa uscire uno dei suoi. Così funziona la democrazia. La talpa può scavare ma è cieca e rischia di fare danni. Bisogna sapere che se c’è uno scontro frontale che punta a paralizzare le istituzioni, allora non c’è la grande coalizione ma ci sono nuove elezioni».
da www.corriere.it
Schede ripescate : la situazione in Puglia
da www.corriere.it
12.4.06
rodi: "Governo entro maggio, non temo ribaltamento dei risultati elettorali"
"Il presidente Ciampi nell'incontro di questa mattina - ha spiegato Prodi - mi ha esposto gli aspetti giuridici sui tempi per la formazione del governo, partendo dal completamento degli organismi parlamentari". Secondo Prodi prima dell'elezione del nuovo capo dello Stato "i tempi sono stretti" e quindi l'incarico al nuovo governo "ci sarà subito dopo, nella prima o nella seconda parte di maggio, a seconda di quello che i presidenti delle Camere potranno garantire. Ma, comunque, si tratta di dieci giorni di differenza".
Accordo con l'opposizione su riforme
"Su due temi, io sostengo, come avevo fatto proprio davanti a voi, la necessità di cercare un accordo con l'opposizione: sulle riforme costituzionali e sulla riforma della legge elettorale". Così il leader dell'Unione Romano Prodi ha ribadito il no alla grande coalizione proposta dal premier Berlusconi.
"La coalizione di governo - ha affermato Prodi - c'è già. La grande coalizione non solo è estranea al programma dell'Unione ma si fa quando non c'è la maggioranza". "Perché - ha chiesto il Professore - Nixon o Schroeder nel 2002 avrebbero dovuto fare una grande coalizione quando la maggioranza c'era? Queste sono le regole della democrazia". "Altro è dire - ha concluso Prodi - che noi governeremo per tutti gli italiani, anche per chi non ci ha votato".
"Non ho nessun timore di un ribaltamento dei dati, è una vittoria assolutamente tranquilla", ha aggiunto Prodi.
Governo con forte impronta del primo ministro
"Mi gioverò delle prerogative che la costituzione dà al candidato Presidente del Consiglio designato, di avere un governo che tenga conto della composizione politica della maggioranza ma abbia una forte impronta del primo ministro", ha detto. "Non faccio nomi di ministri - ha aggiunto Prodi - perché debbo ancora cominciare le riflessioni". E a una domanda su chi sarà il ministro della Cultura, il Professore ha ricordato: "Io avevo nominato ministro della Cultura il vicepresidente del Consiglio per dare un segnale forte e anche ora ho la ferma intenzione di riportare la cultura a un livello elevato".
Non aumenteremo le tasse
"Non aumenteremo il peso fiscale", assicura il leader dell'Unione. Rispondendo a una domanda che chiedeva conferme sull'intenzione di armonizzare le rendite finanziarie, Prodi ha risposto: "Nel programma non ci sarà nessun cambiamento, l'ho fatto nell'ipotesi di vincere e non di perdere. Poco prima il Professore, in apertura della conferenza stampa, aveva difeso le sue enunciazioni programmatiche fatte in campagna elettorale. "Non ho fatto promesse eccessive", ha sottolineato Prodi cregistrando anche il fatto che, nonostante le denunce del centrodestra, non c'è stata una fuga dei capitali all'estero. "Non c'è mai stato un fuoco mediatico come questo che si è verificato nella campagna elettorale italiana", ha sottolineato il Professore.
(RAI News 24)
FITTO: GRAZIE PUGLIA
Tratto da www.fittopresidente.it
ANALISI SU DATI DEFINITIVI MINISTERO DELL’INTERNO CAMERA
- Su base nazionale: Forza Italia della Puglia con il 27,2% è la seconda Forza Italia d’Italia, superata solo dal 29,1% della Sicilia. Prendiamo 12 seggi
- Su base provinciale: Forza Italia della Bat con il 32% è la seconda Forza Italia d’Italia battuta solo dal 34% della provincia di Imperia
- Province: la Cdl vince in tutte le province pugliesi tranne Foggia (dove perde del 2,1%) ma Forza Italia a Foggia come nelle altre province pugliesi è il primo partito.
Bari: FI 28,9% (CDL 52,8; UNIONE 46,9)
Bat: FI 32% (CDL 53,6; UNIONE 46)
Brindisi: FI 26% (CDL 51,3; UNIONE 48,4)
Foggia: FI 24,3% (CDL 48,8; UNIONE 50,9)
Lecce: FI 25% (CDL 51; UNIONE 48,8)
Taranto: FI 27,8% (CDL 51; UNIONE 48,7)
SENATO
- Su base nazionale: Forza Italia della Puglia con il 27,1% è la quarta Forza Italia d’Italia, superata solo da Molise (33%); Trentino (30,5%); Sicilia (28,5%). Prendiamo 7 seggi
- Su base provinciale: Forza Italia della Bat con il 32,3% è la quarta Forza Italia d’Italia superata dalle province di Isernia (37,8%); Imperia (34,6%); Latina (33,2%)
- Province: la Cdl vince in tutte le province pugliesi tranne Foggia (dove perde dell’1,7%) ma Anche al Senato Forza Italia resta il primo partito a Foggia.
Bari: FI 28,6 (CDL 53,3; UNIONE 46,4)
Bat: FI 32,2 (CDL 53,9; UNIONE 45,7)
Brindisi: FI 25,6 (CDL 51,6; UNIONE 48)
Foggia: FI 24,2 (CDL 49; UNIONE 50,7)
Lecce: FI 24,8 (CDL 51; UNIONE 48,6)
Taranto: FI 27,9 (CDL 51,7 UNIONE 48)
Prodi a le Monde: via dall' Iraq ci torniamo con un contingente civile
''Ritireremo le nostre truppe dall' Iraq in accordo innanzitutto con il governo di Bagdhad ed invieremo un contingente civile per aiutare la ricostruzione delle infrastrutture e delle istituzioni irachene''. Lo ha detto Romano Prodi in un articolo per 'Le Monde', nel quale osserva che ''l' intervento in Iraq era ingiusto ed ingiustificato''.(ANSA)
Roma, schede elettorali per strada
RITROVAMENTO - Le forze dell'ordine stanno cercando di verificare come mai le schede siano finite sul marciapiede, accanto ad alcuni cassonetti per i rifiuti. Secondo una prima ipotesi gli scatoloni sarebbero stati buttati dall'impresa che si occupa delle pulizie, senza verificarne il contenuto. La Procura della Repubblica di Roma ha disposto indagini per valutare se sia un episodio isolato o meno. Il presidente del seggio sarà ascoltato nelle prossime ore.
IL PRECEDENTE - Nella stessa scuola (che ha ospitato le sezioni dalla numero 952 alla numero 961: vedi i risultati sul sito del Comune di Roma) sarebbe avvenuto un caso simile, nel 2001. Lo racconta il capogruppo dei Ds del Municipio 10 Alfredo Capuano: «In occasione delle elezioni politiche successe la stessa cosa. Furono ritrovati fuori dalla scuola alcuni scatoloni contenenti schede già votate. Per quanto riguarda il rinvenimento delle schede oggi - precisa - a un primo controllo risulta che anche se le schede non sono state consegnate, i verbali sono arrivati correttamente a destinazione. In parole più semplici, i voti di quella sezione sono pervenuti, ma le schede no. Dai controlli risulta anche che le schede ritrovate recano i voti di tutti gli schieramenti».
«FARE CHIAREZZA» - «Credo che il Sindaco di Roma farebbe bene a spiegarci in poche ore come sia possibile giustificare quanto pare sia accaduto con le schede del seggio di via Marco Decumio» ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, Andrea Augello. «Non mi pare comprensibile e accettabile che nessuno si sia accorto, in Campidoglio, della scomparsa di cinque scatoloni di schede votate e che i cittadini, che in quei contenitori avevano riposto le loro decisioni per il futuro del Paese, debbano apprendere oggi che il tutto è andato a finire nella spazzatura. Bisogna fare chiarezza».
Tratto da www.corriere.it
L'Unione a Berlusconi: "No grazie abbiamo vinto e governeremo "
Tratto da www.repubblica.it