30.6.06
Cesa: no al partito unico
AN: PARTITO UNITARIO SI E' ALLONTANATO
(AGI) - Roma, 29 giu. - "L'ipotesi del partito unitario di centrodestra si e' oggettivamente allontanato. In ogni caso per An cio' non deve in alcun modo far venire meno la necessita' di un forte coordinamento tra i partiti della CdL anche per rendere piu' incisiva l'opposizione parlamentare al governo Prodi, la cui oggettiva fragilita' emerge sempre piu' specie sui temi della politica economica e internazionale". E' quanto si legge, tra l'altro, in un nota diramata dal partito al termine dell'esecutivo. (AGI)
Bertinotti fa retromarcia sul mese corto
da Il Giornale
29.6.06
Berlusconi: "Mandiamoli a casa"
A Cesa replica anche il coordinatore forzista Sandro Bondi, che sostiene di non riuscire a comprendere "le ragioni per le quali l'Udc annunci un probabile voto favorevole al governo Prodi senza una preventiva consultazione e discussione all'interno della Cdl". Più prudente nei toni, ma ugualmente perplesso, il leader di An, Gianfranco Fini, che invita l'Udc a "riflettere" prima del sì. "A D'Alema - dice - è ben chiaro che il governo sul rifinanziamento della missione militare umanitaria e di pace, sotto l'egida Onu e Nato, in Afghanistan non può non avere una maggioranza parlamentare autosufficiente". "E' certo - aggiunge il leader di An - che l'opposizione non può limitarsi ad assistere inerte allo scontro politico in atto nella maggioranza e sarebbe davvero grave se si dividesse". Quindi la conclusione: "Per questo chiedo agli amici di Fi, dell'Udc e della Lega di attendere, prima di dire sì o no all'ipotesi di votare il decreto Afghanistan. Conoscerne con precisione il testo, compresa la relazione, e soprattutto ascoltare le parole con cui il governo lo illustrerà in Parlamento e il successivo dibattito potrebbe rendere scontata la scelta unitaria della Cdl".
Afghanistan, otto dissidenti nell’Unione..ma l' UDC voterà si
La Cdl occupa per protesta Palazzo Madama
La «guerra delle due fiducie» andata in scena al Senato dimostra che la legislatura resta ostaggio di un’ipoteca pericolosa: la totale assenza di dialogo tra maggioranza e opposizione. In un certo senso lo riconosce Anna Finocchiaro quando, pur accusando il centrodestra di aver orchestrato un’aggressione squadristica, parla di un problema politico aperto: quello degli spazi di parola per la minoranza. Il Capo dello Stato ha intuito per tempo la potenzialità esplosiva di una campagna elettorale permanente, tanto da assegnare alla sua presidenza il compito di favorire il dialogo tra i due poli. E oggi, pur impossibilitato a entrare nel merito della battaglia parlamentare come avrebbe voluto la Cdl, si è adoperato per una «moral suasion», auspicando un sollecito chiarimento tra i due schieramenti. In questo senso, occorre riconoscere che il ciclo vincente dell’Unione non è ancora riuscito a bagnare le polveri del berlusconismo: nonostante le sconfitte, il Cavaliere sembra convinto di poter resistere in trincea perchè le divisioni della maggioranza non consentiranno a Prodi di durare a lungo. Effettivamente il ristretto margine di voti sui quali può contare l’Unione al Senato fanno pensare al pericolo costante di un infortunio: la doppia fiducia chiesta dal governo sul decreto milleproroghe e sullo spacchettamento dei ministeri è suonata per la Cdl come una specie di ammissione di impotenza, l’impossibilità di governare senza il voto palese. I capigruppo del centrodestra accusano Marini di comportamenti ai limiti del golpismo per aver impedito la discussione delle pregiudiziali; ma, al di là dell’enormità della denuncia, anche nell’Unione ci si rende conto che non è possibile governare comprimendo troppo gli spazi di dibattito perchè così si rischia di svuotare il volano del risultato referendario che ha incoraggiato una parte dell’opposizione a cercare il dialogo sulle riforme. Non a caso Berlusconi ha sentenziato che da una maggioranza di questo tipo non c’è da attendersi nulla: un modo per ostacolare il confronto in attesa di ridefinire i propri obiettivi. La risposta di Prodi a questa strategia non è ancora chiara. E si capisce perchè: l’ipoteca della sinistra radicale sulla politica estera (ma anche su quella economica) costringe il premier a continue, seppur millimetriche, correzioni di rotta. Il caso Afghanistan è esemplare: l’accordo faticosamente raggiunto tra gli alleati in un vertice con D’Alema e Parisi è stato prontamente respinto da otto senatori di Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani. I parlamentari hanno ricordato di aver sempre votato contro la missione e di non essere disponibili a sostenerla se non si parlerà esplicitamente di exit strategy. Ora non sembra che le accuse di irresponsabilità piovute dai vertici siano destinate a far breccia nei dissidenti, almeno non tutti, e alcuni di loro sembrano contare sul soccorso di settori dell’opposizione per continuare a sventolare la bandiera del pacifismo. In un certo senso si ripropone il fantasma del Kosovo, quando il voto di Rifondazione fu rimpiazzato da quello del centrodestra. Tuttavia le cose non sono più così semplici. Innanzitutto perchè - come dice Casini - l’appoggio dei centristi non è a scatola chiusa: l’Udc attende di conoscere il testo del decreto e potrebbe non votarlo se la missione non sarà confermata nelle sue linee fondamentali approvate a suo tempo dalla Cdl. E poi perchè il governo non si può permettere di restare senza la propria maggioranza alla prima prova importante di politica estera: sarebbe la confessione implicita di una grave asimmetria programmatica, un vero e proprio esperimento di «geometria variabile». Ecco perchè Giordano, Diliberto e Pecoraro si dicono sicuri che alla fine il centrosinistra si dimostrerà compatto, accettando come primo risultato concreto di aver «spostato in avanti» le direttrici della diplomazia italiana. Ma, certo, resta la sensazione di un’ambiguità di fondo, di un nodo non sciolto. Lo stesso che attanaglia l’opposizione, dove Bondi e Fini si chiedono che senso abbia la fuga in avanti di Casini: prima di annunciare la propria posizione, commentano, sarebbe stato meglio parlarne con gli alleati. Ma tutti sanno che ormai l’apertura di una nuova fase è un fatto inarrestabile...
27.6.06
Bertinotti: UNA settimana di ferie al mese
I deputati lavoreranno meno. Tre settimane al mese di attività, per essere liberi gli ultimi sette giorni. La proposta del Presidente della Camera Fausto Bertinotti verrà discussa nei prossimi giorni dai capigruppi parlamentari, ma l'assenso alla legge che sancirà il diritto al "mese corto" è quasi certo. Lo stesso Bertinotti , infatti, ne ha già discusso con i presidenti di commissione "registrando un sostanziale consenso".
Tre settimane di lavoro mensili, dunque, che per un deputato diventano dieci giorni su trenta, visto che l'attività di Montecitorio comincia il martedì e finisce il venerdì mattina. Un invito al riposo per i politici stressati? Niente di tutto questo. Le ferie obbligate sono già previste da un regolamento della Camera, che il leader di Rifondazione Comunista intende applicare per permettere agli eletti all'estero di rientrare nei propri collegi elettorali. Principio che già stava alla base del week end lungo di cui i parlamentari hanno sempre goduto, e che ora regolamenterà il diritto di tornare a casa anche per chi deve percorrere migliaia di chilometri.
Se Bertinotti parla di "sostanziale consenso" registrato nell'aula di Montecitorio, qualche mormorio di dissenso sembra trapelare tra le fila dell'opposizone, che giudica "un po' troppa" la riduzione dell'orario di lavoro. E non solo. Dalle pagine di Europa, arriva il timore che il "mese corto", come è stato definito dal presidente della commissione Affari Costituzionali Luciano Violante, possa essere percepito dagli elettori come un ulteriore privilegio concesso ai politici. Contro questo rischio, il quotidiano della Margherita oppone come garanzia l'autorevolezza del presidente Bertinotti, ma si lascia andare comunque ad una considerazione:"Forse, di questi tempi, l'idea che Montecitorio lavori solo tre settimane al mese, non sarà accolta tanto bene".
Fonte TGCOM
Per Repubblica faranno fuori Berlusconi
ROMA - "Ora proveranno a farmi fuori. Già li sento quelli dell'Udc e quelli di An. Ma se l'intesa tra noi e la Lega rimane salda, cosa possono fare? Niente. Senza di noi, dove vanno?". I sondaggi che aveva commissionato negli ultimi giorni lo avevano messo in guardia. Sapeva che i "no" avrebbero vinto. Ma non aveva previsto che la distanza potesse essere così marcata. Ecco, Silvio Berlusconi non si aspettava un boato popolare tanto forte contro la devolution. Sperava di arrivare almeno al 40%. "È la conferma che i nostri elettori non si mobilitano per queste cose. Solo io, quando ci sono le elezioni, riesco a portarli alle urne". Adesso, però, per lui si apre un altro fronte: la rivolta interna. "Per questo bisogna parlare con Umberto".Lo schema non cambia. Per il Cavaliere, l'asse con il Senatur è una sorta di assicurazione sulla vita. È sicuro che fino a quando il patto di ferro con il Carroccio resisterà, gli equilibri nella Cdl non potranno cambiare. Ma sa anche che a questo punto "gli altri proveranno a farmi fuori". L'analisi del voto fatta con i suoi è preoccupata. Teme che la stretta tentata da Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini possa associarsi ad una "esplosione" della Lega. Che sarà anche tentata dalla sirena prodiana: "Vedrete, da quella parte proveranno a chiamare i leghisti e offrirgli il dialogo sul federalismo in cambio di una sorta di appoggio esterno, magari solo al Senato". Per questo ha convocato subito un incontro con Bossi ad Arcore. Chiedendo al suo alleato prediletto una "prova di lealtà". Per ora concessa. "Berlusconi è il capo della Cdl e ha delle idee - ha detto Bossi al termine dell'incontro - Gli alleati sono stati leali con noi e noi lo saremo con loro". "L'alleanza è salda", ha sintetizzato Roberto Calderoli al termine dell'incontro. Il senatur dunque per il momento ha chiuso la porta a "stravolgimenti". Ma sa anche che non tutto dipende da lui. La base leghista è in fermento.
Tanti timori, dunque, che stanno spingendo il leader forzista verso la scelta di confermare il quadro con cui ha governato negli ultimi cinque anni. E soprattutto di scansare l'offerta di dialogo avanzata da Prodi sulle riforme. "È chiaro che è una trappola", ha ripetuto per tutta la cena di ieri sera a Villa San Martino. "Se fosse un tentativo di dialogo serio, allora lo si potrebbe pure accettare. Ma non c'è niente di vero. Vogliono solo dividerci". Anzi, l'ex presidente del consiglio ad una sola condizione sembra disposto a intavolare la discussione: "Un governo di larghe intese". "Vogliono le riforme? Vogliono la Bicamerale? Bene, allora si discuta tutto, anche l'esecutivo". Altrimenti, è il suo ragionamento, "diventa solo il modo per cercare di tirare dalla loro parte la Lega e magari una parte dei centristi".
Insomma, la Casa delle libertà sta diventando una polveriera. "Qualcuno - è il sospetto di Berlusconi - vorrà trasformare questo voto in una sconfitta da usare contro di me". E in qualche modo sia An, sia l'Udc hanno già lanciato delle avvisaglie. Che si concentrano appunto sulla leadership del centrodestra. "Dobbiamo tornare in sintonia con i nostri elettori", è il refrain di Casini. Non a caso, oltre a blindare il Carroccio, ad Arcore hanno iniziato ad adottare tutte le possibili contromisure contro i transfughi. Il "rischio-esodo" è alto. Al Senato, ad esempio, è già scattato l'allarme. Un plotone di 6-7 senatori potrebbe trasferirsi armi e bagagli nel gruppo misto per poi contrattare con Prodi il sostegno al governo. Senatori provenienti dalle fila centriste, ma anche forziste.
Tanti scricchiolii, dunque, che stanno provocando scompiglio nella Cdl. E l'unico, vero appiglio del Cavaliere resta la Lega. "Dobbiamo aiutarli - va ripetendo - perché se li perdiamo, allora sì che si complica tutto". Del resto, anche la battaglia referendaria è stata giocata in quest'ottica. "Abbiamo pagato una cambiale alla Lega". E ora Forza Italia si aspetta qualcosa in cambio. L'idea di dar vita ad una "federazione" tra i due partiti resta l'ipotesi principale dell'ex premier: "Un modo per evitare fughe anche tra i leghisti". La sua idea è quella di porre le condizioni per far nascere una sorta di "Partito del nord" con i leghisti e alcuni soggetti locali da federare poi con Forza Italia e magari con il futuro partito unico. In questo senso, l'affermazione del sì in Lombardia e in Veneto viene considerata un viatico.
Ma nelle riflessioni berlusconiane c'è anche autocritica. "Abbiamo pagato un pegno alla Lega - ha ammesso con i fedelissimi - ma non avevamo capito che quella riforma non era proprio nelle corde del Paese. Anche se abbiamo avuto dalla nostra le regioni più produttive". Il Cavaliere vuole allora tornare all'antico: "Aspettiamo la manovrina e la finanziaria. Se metteranno altre tasse, come credo, noi porteremo in piazza un milione di persone".
da www.repubblica.it
«Alzerò il limite massimo di cannabis»
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PREVENZIONE - «L'iniziativa non si fermerà alle indispensabili modifiche legislative - aggiunge il ministro -. Con le Regioni, la Pubblica Istruzione e il Ministero delle Politiche Giovanili vogliamo infatti mettere a punto un programma di "prevenzione primaria" e di "prevenzione secondaria precoce", ancora poco diffusa nel nostro Paese, i cui destinatari sono i giovani che presentano iniziali comportamenti di consumo di sostanze stupefacenti. Per questo intendo anche istituire una Consulta sulle tossicodipendenze con gli operatori del pubblico e del privato, le associazioni familiari e dei consultori per promuovere insieme gli interventi e le politiche necessarie».
MODIFICA - «Per quanto riguarda invece l'attuale legge "Fini-Giovanardi" - spiega la Turco - fermo restando che è indispensabile un nuovo intervento per modificare radicalmente alcune previsioni di quella legge, in particolare quelle che equiparano, ai fini delle conseguenze sanzionatorie, il possesso e l'uso di cannabis al possesso e all’uso di droghe "pesanti", ritengo che alcuni interventi correttivi possano essere operati subito sul piano amministrativo, anche prima della modifica della legge. È infatti mia intenzione elevare, con atto amministrativo, il quantitativo massimo di cannabis detenibile senza incorrere nella presunzione di spaccio e in provvedimenti punitivi fino all'arresto e al carcere. Inoltre, sempre con atto amministrativo, vorrei rendere più agevole la prescrizione di medicinali a base di "Dronabinol" (principio attivo analogo a quello della cannabis), ancora non in commercio in Italia, ma da tempo utilizzati in altri Paesi, anche europei, per alleviare le sofferenze di malati affetti da HIV, sclerosi multipla, tumore e altre gravi patologie».
da www.corriere.it
Angelucci: «Ho finanziato Fitto, ma non è corruzione»
Fonte Il Giornale
APPALTI SANITA':FITTO SCRIVE A PROCURATORE GENERALE CASSAZIONE
26.6.06
CONTRO DI ME UN PROCESSO DI PIAZZA E MEDIATICO
Prendo atto che è iniziata la pubblicazione delle 150mila intercettazioni telefoniche che mi riguardano, a quanto pare integralmente a disposizione della stampa. Non intendo contestare o condannare la scelta editoriale alla base di questa pubblicazione. Nell’attesa di leggere sui giornali dei prossimi giorni le conversazioni private tra me e mia moglie, gli italiani possono leggere già oggi quelle tra me e altri componenti della mia famiglia. Questo non mi spaventa, piuttosto continuo a non capire la rilevanza, meno che mai penale, che tali conversazioni possano avere. Chiedo sinceramente scusa a tutti coloro che hanno avuto la sfortuna di telefonarmi, avendo appreso che tutti i miei recapiti telefonici, quelli dei miei più stretti collaboratori e di tutti coloro che hanno lavorato con me in campagna elettorale nel 2005, sono stati tenuti costantemente sotto controllo. Questo mi dà la strana sensazione di aver studiato e individuato le opinioni, le valutazioni e le mie strategie politiche ed elettorali quasi pubblicamente. Non mi resta ancora che prendere atto che quello nei miei confronti non è e non sarà un eventuale processo con esclusiva matrice giudiziaria, ma innanzi tutto e soprattutto un processo mediatico e politico, le cui carte sono già in possesso degli organi di stampa, di numerosi esponenti politici (e non solo Parlamentari) che oggi commentano la vicenda che mi riguarda dicendo di “aver letto le carte processuali" che, evidentemente, sono a disposizione dell’opinione pubblica con la conseguenza abnorme di un processo “di piazza e sommario". A questo proposito, in riferimento ai presunti contributi “oscuri" per il finanziamento della mia campagna elettorale, voglio risparmiare inutili fatiche a tutti coloro che volessero sottopormi ad ulteriori giudizi, fornendo due indirizzi: il Consiglio regionale della Puglia e la Camera dei Deputati, luoghi nei quali come previsto dalla legge è regolarmente depositata tutta la documentazione relativa a La Puglia Prima di Tutto, che non è un comitato elettorale, ma una Lista politica, sottoposta alla normativa dei partiti politici, che ha sostenuto la campagna elettorale di candidati al Consiglio regionale in 6 province della Puglia (ottenendo quasi il 10% dei consensi, pari a circa 200mila voti), e la campagna elettorale del candidato Presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto. Dalla documentazione depositata alla Camera e al Consiglio regionale chiunque potrà verificare che non esiste un solo contributo che non sia stato regolarmente iscritto in contabilità e in bilancio e non esiste un solo contributo che non sia stato speso per motivi esclusivamente elettorali, come risulta dalle decine di fatture allegate. In riferimento ai contributi ritenuti “tangenti" perché versati da quelle aziende che in qualche modo avevano lavorato negli anni passati con Enti o società collegati alla Regione, per par condicio giudiziaria, mi riservo a questo punto di leggere i bilanci delle campagne elettorali di tutti i candidati alla Presidenza delle Regioni e ai Consigli regionali alle elezioni del 2005 e di tutti i candidati alle ultime elezioni politiche, nonché dei rispettivi partiti, per verificare se anche le loro campagne elettorali non siano state finanziate, pur legittimamente, da imprenditori che in passato avevano lavorato o in futuro lavoreranno per amministrazioni nelle quali i candidati hanno avuto dei ruoli di Governo. Perché a questo punto sono pronto ad accettare anche l’arresto, ma a condizione di essere in compagnia di tutti coloro le cui campagne elettorali sono state regolarmente finanziate nella stessa maniera. Sono oltremodo sorpreso, poi, dal fatto che, a fronte del metodo corretto e moderato con il quale io, unitamente alla difesa tecnica, ho affrontato fino ad oggi questa assurda vicenda giudiziaria, rimanendo in silenzio pur essendo certo della mia innocenza, e in attesa di dimostrarla con gli atti e con i fatti nelle aule di giustizia, il procuratore aggiunto del Tribunale di Bari Marco Dinapoli, nel momento in cui entra in vigore la nuova legge che dovrebbe contenere la divulgazione di notizie da parte dei giudici, scelga piuttosto il metodo della gogna mediatica arrivando a dichiarare, in una intervista ad un quotidiano nazionale, in riferimento ai fatti che mi vengono contestati, che sarei stato protagonista di una cupola e di un giro di malaffare superiore a quello dei “pizzini" di Provenzano. Sono accuse pesanti che vengono consegnate al giudizio dell’opinione pubblica prima ancora che a quello di un Tribunale. Con estrema amarezza sento oggi vacillare in me quella fiducia nella Magistratura che ogni cittadino di un Paese civile dovrebbe poter sempre riporre. Perché così come si chiede ai cittadini di avere fiducia nella Magistratura, la Magistratura dovrebbe avere rispetto di qualsiasi cittadino sottoposto a indagine e mi sembra che il dottor Dinapoli sia andato in modo pesante e grave sopra le righe per toni e contenuti, ipotizzando scenari mafiosi del tutto esorbitanti dai fatti contestati.
Fonte: FI Puglia - Fittopresidente.it
23.6.06
«Ora basta col tintinnar di manette»
Fonte: Il Giornale
Fitto: i contributi elettorali sono tutti documentati
Da quella documentazione «chiunque - spiega Fitto - potrà verificare che non esiste un solo contributo che non sia stato regolarmente iscritto in contabilità e in bilancio e non esiste un solo contributo che non sia stato speso per motivi esclusivamente elettorali, come risulta dalle decine di fatture allegate».
«In riferimento ai contributi ritenuti tangenti, perchè versati da quelle aziende che in qualche modo avevano lavorato negli anni passati con Enti o società collegati alla Regione - prosegue - per par condicio giudiziaria, mi riservo a questo punto di leggere i bilanci delle campagne elettorali di tutti i candidati alla Presidenza delle Regioni e ai Consigli regionali alle elezioni del 2005 e di tutti i candidati alle ultime elezioni politiche, nonchè dei rispettivi partiti, per verificare se anche le loro campagne elettorali non siano state finanziate, pur legittimamente, da imprenditori che in passato avevano lavorato o in futuro lavoreranno per amministrazioni nelle quali i candidati hanno avuto dei ruoli di Governo».
«Perchè a questo punto - argomenta il deputato azzurro - sono pronto ad accettare anche l’arresto, ma a condizione di essere in compagnia di tutti coloro le cui campagne elettorali sono state regolarmente finanziate nella stessa maniera».
fonte: GdM
22.6.06
Le reazioni - Berlusconi (FI): «Quel finanziameno era lecito». Violante (Ds): «L’emergenza democratica è la corruzione»
La dichiarazione è stata diffusa alla manifestazione referendaria organizzata dalla Cdl al Palazzo dei Congressi all’Eur di Roma
Pronta la risposa dall’Unione.
«L’emergenza democratica è la corruzione non le indagini contro la corruzione» ha detto il presidente della Commissione affari costituzionali della Camera, Luciano Violante. Gli esponenti della Cdl ieri, dopo la richiesta di arresto per il deputato di FI Raffaele Fitto, avevano parlato di «emergenza democratica». E sui timori di accerchiamento giudiziario che la stampa attribuisce oggi a Silvio Berlusconi, Violante, dai microfoni di Radio Radicale, sottolinea: «Vorrei tranquillizzare l’ex premier nessuna indagine giudiziaria ha mai smantellato un partito politico». Infatti Tangentopoli e Manipulite furono «un’altra questione... si era rotto il rapporto di fiducia tra cittadini e vecchio sistema politico».
«Qui invece - prosegue Violante - non mi pare che sia così, c’è una consistente parte del Paese che continua a votare per il centro destra. Prima di pensare a disegni machiavellici io guarderei un po’ le carte per capire se le cose sono fondate o meno, c’è qualche giornale che riporta intercettazioni. Ma prima di gridare al complotto sarebbe il caso che specialmente chi è stato presidente del Consiglio fosse un po’ più prudente nelle valutazioni».
da www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Fitto intercettato 150mila volte: «Assurdo»
«Ogni cosa è alla luce del sole», ripete. Ma ecco l'affondo: «Parlerò più avanti, quando avrò letto tutti gli atti dell'inchiesta. Sono 17 faldoni con 150mila intercettazioni di telefonate mie e dei miei collaboratori. Convocherò una conferenza stampa e vi dirò quello che penso. Per ora continuo a svolgere la mia attività politica come sempre. E non cambierò numero di telefono. Ce l'ho dal 1996, non vedo perché dovrei usarne un altro».
Centocinquantamila intercettazioni. Un numero inimmaginabile, altro che Moggi o Vittorio Emanuele. La procura di Bari e la Guardia di finanza si sono sobbarcate un lavoro terrificante: ascoltare e sbobinare questa montagna di parole. E poi verificare le operazioni bancarie: sono stati controllati tutti i movimenti degli indagati dal 2002 a oggi, persone e società. Per poi chiedere tre custodie in carcere che il Gip ha declassato in arresti domiciliari per l'imprenditore Giampaolo Angelucci (re delle cliniche private nonché principale azionista di «Libero» e «Riformista») e l'editore salentino Paolo Pagliaro, mentre per il deputato di Forza Italia la misura restrittiva sarà vagliata dalla Camera.
Una richiesta che «avrà scarsissime probabilità di essere approvata a Montecitorio»: lo sostiene un ex parlamentare diessino che conosce bene i meccanismi delle immunità avendo guidato la Giunta per le elezioni del Senato. Giovanni Pellegrino, a lungo presidente della Commissione stragi e ora presidente della Provincia di Lecce, ieri ha diffuso una nota che difende Fitto e monsignor Ruppi e che giudica severamente la fragilità dell'impianto accusatorio dei magistrati baresi.
Centocinquantamila conversazioni, una maxi tangente da 500mila euro, altri 400mila euro di contributi elettorali sotto osservazione, beni sequestrati per 55 milioni, indagati un vescovo, un parlamentare, un imprenditore «rampante». È un'inchiesta appariscente quella della procura di Bari, piena di grandi numeri, di ambizione, e anche costosa. «Ma io dormo tranquillissimo, sono convinto che le ipotesi di accusa non resisteranno in un eventuale processo»: chi parla è il tesoriere di Fitto, un commercialista leccese dal doppio cognome, Aurelio Filippi Filippi, che compare in molte delle 150 pagine dell'ordinanza firmata dal gip Giuseppe De Benedictis. È lui che teneva i bilanci del movimento «La Puglia prima di tutto» fondato da Fitto in vista delle elezioni regionali del 2005.Filippi Filippi, sentito ieri in procura a Bari, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma la sua posizione è chiara, ed è la medesima di Fitto: «Tutto è regolarmente registrato. Per ogni versamento e ogni spesa esistono ricevute e fatture. La finanza ha sequestrato i rendiconti alla Corte d'appello di Bari, gli atti depositati in Parlamento, il registro-giornale del partito, la mia stessa contabilità personale. Cercavano fondi neri che non hanno trovato perché ci sono soltanto fondi alla luce del sole. È fanta-inquisizione». «Avevo un ordine in campagna elettorale, che risulta anche dalle intercettazioni: registrare qualsiasi contribuzione secondo la legge - prosegue il tesoriere -. Ma la magistratura vuol fare passare il principio che ogni contributo elettorale versato da società che hanno avuto rapporti con l'amministrazione è una tangente. È un teorema raccapricciante. Che in Emilia Romagna non viene applicato alle coop rosse che finanziano i loro candidati». È allora un caso se molti contributi vengono da società (gli Angelucci, l'aeroporto, gli acquedotti pugliesi) che si sono aggiudicati appalti o sono controllate dalla regione? «Se passa il principio che questi versamenti sono frutto di corruzione si stravolge l'intero sistema di finanziamento ai partiti - risponde Filippi Filippi -. Qui non ci sono reati né contabilità parallele. I contributi giunti prima del voto sono stati contabilizzati nel registro dei contributi per la campagna elettorale. Invece quelli arrivati successivamente (anche da altri soggetti oltre gli Angelucci) sono stati segnalati in Parlamento come normali contributi politici».
Tratto da www.ilgiornale.it
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21.6.06
Berlusconi preoccupato «È emergenza democratica»
da www.iltempo.it
Fitto: coinvolto in una storia assurda
«La lettura dei provvedimenti giudiziari, in questo contesto, - afferma Fitto - mi impegna e mi sconvolge al tempo stesso».
da la Gazzetta del Mezzogiorno
Tra i finanziamenti ufficiali degli Angelucci a Fitto anche 75mila euro di «Libero»
Vi consiglio il download di questo file
http://www.ilgiornale.it/pag_pdf.php?ID=28447
riporto l'articolo dell' Unità sulla vicenda e le dichiarazioni di Vendola
L´inchiesta ruota intorno alla figura dell'ex presidente della giunta regionale della Puglia, attuale parlamentare e coordinatore regionale di Forza Italia, Raffaele Fitto e al suo movimento politico La puglia prima di tutto, creato nel 2005 per rafforzare la coalizione della Casa delle Libertà nelle elezioni. Sequestrata anche la somma di 500mila euro, relativa alla presunta tangente. A Montecitorio i militari della Guardia di Finanza hanno depositato la richiesta del gip De Benedictis di autorizzazione a procedere all'arresto nei confronti di Fitto.
L'accusa, a vario titolo è di falso continuato, corruzione e finanziamento illecito dei partiti. Il periodo incriminato è quello precedente e successivo proprio alle consultazioni regionali poi perse contro l'avversario del centrosinistra Nichi Vendola. Nell'inchiesta vi sono anche 20 indagati tra dirigenti della Tosinvest, funzionari regionali e della Seap, la società che gestisce gli aeroporti pugliesi, partecipata quasi esclusivamente dalla Regione Puglia, e l'arcivescovo di Lecce Cosmo Francesco Ruppi, presidente della Conferenza Episcopale pugliese. Quest'ultimo è accusato di concorso in corruzione in relazione alla questione dei fondi destinati agli oratori.
L´inchiesta
L'inchiesta, condotta dai pm Renato Nitti, Lorenzo Nicastro e Roberto Rossi, si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali utilizzate per avvalorare alcune tesi investigative. Si tratta di due vicende diverse ma collegate tra di loro sia per ragioni cronologiche, quello precedente e immediatamente successivo alle elezioni regionali, che per la «utilizzazione privata di pubbliche funzioni», come l'ha definita il procuratore aggiunto Marco Di Napoli. La prima si riferisce a una presunta tangente di 500mila euro che la finanziaria Tosinvest, di cui Angelucci è componente del consiglio d´amministrazione, avrebbe versato in varie rate sulle casse del movimento di Fitto, precisamente sul conto corrente aperto in un'agenzia del Banco di Napoli a Maglie, la cittadina del leccese dove risiede Fitto. Questi versamenti, iniziati il 4 marzo del 2005 e terminati il 6 maggio successivo, sarebbero stati fatti parzialmente transitare (circa 100mila euro ciascuno) per motivi che gli inquirenti hanno detto di voler approfondire su due conti correnti intestati all'Udc e accesi rispettivamente in un'agenzia della Banca Carime di Rogliano in Calabria, e in una dell'Istituto San Paolo-Banco di Napoli di Roma. Grazie a questi versamenti la Fondazione San Raffaele di Roma si sarebbe aggiudicato l'appalto per la gestione di 11 Residenze Sanitarie Assistite per anziani in Puglia. Un affare da oltre 190 milioni di euro.
Successivamente alla sconfitta di Fitto, ci si sarebbe adoperati per far gestire ulteriori quattro Rsa in Puglia sempre alla stessa Fondazione ma la struttura amministrativa della Regione Puglia, e in particolare il direttore dell'Agenzia sanitaria regionale, secondo quanto riferito dai magistrati, si sarebbe opposta considerandola una questione non di ordinaria amministrazione.
Pubblicità in tv
La seconda vicenda sarebbe quella dell'assegnazione senza gara pubblica all'emittente televisiva Telerama della nuova aerostazione di Bari-Palese, inaugurata alcuni mesi prima delle elezioni. Un contratto oneroso che coinvolgeva anche emittenti locali ma le misure cautelari sono state ravvisate solo nei confronti di Paolo Pagliaro, proprietario di Telerama, accusato di corruzione. In cambio, secondo l'accusa, l'emittente si sarebbe impegnata a dare un certo spazio alla propaganda del movimento politico La puglia prima di tutto alle elezioni regionali del 2005. Fitto è accusato di due episodi di falso, di altrettanti episodi di concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, e di concorso nel finanziamento illecito ai partiti. Nell'ambito dell'inchiesta il Nucleo di Polizia tributaria della Gdf ha effettuato un sequestro preventivo di beni immobili, autovetture, quote societarie e conti correnti riconducibili ai tre destinatari dei provvedimenti cautelari per circa 54,5 milioni di euro ritenuto dagli inquirenti il profitto dell'appalto sulle Residenze Sanitarie Assistite.
Vendola: sono sconcertato e mi auguro che Fitto sia estraneo | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
(ANSA) - BARI, 20 GIU - 'Sono sconcertato e indignato per l'accaduto. Mi auguro che Fitto sia completamente estraneo ai fatti'. Lo ha detto Nichi Vendola. Cosi' si e' espresso il presidente della regione Puglia, a proposito del provvedimento cautelare agli arresti domiciliari emesso dalla magistratura barese nei confronti dell'ex presidente della Regione. Per quel che riguarda provvedimenti nei confronti dei dirigenti regionali coinvolti, Vendola ha risposto di aspettare gli accertamenti dei fatti. |