31.10.06
Il Cavaliere: qui c'è lo zampino di Prodi sulla vicenda giudiziaria
30.10.06
Giornata Politica del 30/10/2006
GRANDE PARTITO CENTRODESTRA SARA' MIO LASCITO
Un grande partito del centrodestra - a cui seguira' un importante partito della sinistra - sara' 'un salto in avanti verso una democrazia completa' secondo Silvio Berlusconi che vorrebbe considerarlo come 'il lascito' della sua discesa in politica.
Berlusconi: in piazza, lo vogliono gli elettori
Il leader della Cdl: il 2 dicembre parteciperemo alla manifestazione contro il regime e per la libertà
FINI: PER GRANDE CENTRO NON CI SONO CONDIZIONI STORICHE
Per il leader di An, Gianfranco Fini, non ci sono "le condizioni storiche, prima ancora che politiche,per ridar vita ad un centro di derivazione democratico cristiana". Lo ha detto questa mattina, a Montesilvano (Pescara) ... leggi l'articolo
Inchiesta Mediaset, Berlusconi a giudizio
Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio, con l'accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari, per la vicenda delle presunte dichiarazioni reticenti fatte dall'avvocato inglese David Mills in due processi milanesi. La decisione è stata presa dal gup Fabio Paparella che, con la stessa accusa, ha mandato a giudizio anche Mills. Il fondatore della Fininvest secondo l’accusa avrebbe «comprato» due false testimonianze del legale inglese nei processi All Iberian e Tangenti Gdf.
Mastella apre sull'esercito a Napoli
IL BLOG da oggi è A NORMA CON IL DECRETO VISCO BERSANI nella parte relativa ai diritti d'autore
24.10.06
Interruzione provvisoria articoli
Mr. Cherokee
Diliberto: "Al Billionaire, ma col tritolo..."
FONTE WWW.REPUBBLICA.IT
Vicenda Putin: il Cavaliere " si è difeso con franchezza"\
«Non ha amici, ha solo interessi», dice alla Farnesina chi conosce la Russia a menadito. Putin ha diretto il controspionaggio, è cresciuto alla scuola del Kgb, ha un carattere glaciale: la sintesi è verosimile. Persino a Bush capitò di essere corretto dall'ex studente prodigio dell'università di San Pietroburgo: «Siamo colleghi, lavoriamo insieme», fu la precisazione del leader russo, anni fa, all'ennesina volta in cui il presidente americano si rivolgeva al nuovo «friend».
Scovare amici italiani dello Zar della nuova Russia è impresa difficile. Tolto Berlusconi, che del titolo ha fatto rivendicazione, non rimane molto. Dal '99 ad oggi Putin ha visto per lavoro molti nostri politici: da Dini a Fini, da Prodi a Frattini. Si è interessato dei progetti economici su suolo russo di grandi aziende come Eni, Enel, Banca Intesa, Finmeccanica (il presidente e a.d. Guarguaglini è stato uno dei pochi a ricevere, pochi mesi fa, l'onore di un faccia a faccia riservato e informale). Ha stretto mani di imprenditori e buona società invitato da Ciampi al Quirinale o cenando a Milano con esponenti di Confindustria.
Probabilmente solo con il Cavaliere il rapporto è andato al di là della forma, si è esteso alle mogli, ha convolto i figli, implicato vacanze comuni. E l'affettuosità del leader di Forza Italia ha nel tempo raggiunto anche dimensioni materiali molto grandi: alla nostra ambasciata a Mosca ricordano la volta in cui Berlusconi a sorpresa recapitò due statue neoclassiche all'«amico Vladimir». Rimasero per ore bloccate in portineria: erano troppo alte per essere monitorate dai metal detector del Cremlino.
E da vero amico ieri Berlusconi commentava: «Non ha detto quelle cose, non ha attaccato nessuno. Lo scandalo è che quelle parole, in modo alterato, siano finite sui giornali. La solita disinformazione. Putin si è solo difeso con franchezza, dicendo la verità: ovvero che nessuno può fargli delle prediche». Una linea che ha coinvolto tanti politici che gravitano nell'area berlusconiana.
Valentino Valentini, deputato azzurro che del Cavaliere negli anni di governo è stato l'ombra, è uno dei pochi italiani che può dire di conoscere realmente il leader russo, per averci trascorso insieme intere giornate: «In un vertice informale tutti parlano in modo franco, si dice quel che si vuole. Lui è abituato a dire nero al nero e bianco al bianco. Ognuno ha i suoi problemi interni e fare la morale agli altri è sempre sgradevole». Aggiunge l'ex sottosegretario di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti: «La sincerità in politica è una virtù e mi pare che Putin abbia solo detto la verità».
Insomma Putin può essere anche difeso, anche a spada tratta. Ieri l'ha fatto Maurizio Gasparri, An: «Fra lui e Prodi, Putin ha sempre ragione, qualsiasi cosa dice. A prescindere, come diceva Totò». L'ex ministro della Difesa Antonio Martino, premettendo che Putin «non intendeva offendere l'Italia» e che la sua tesi sull'origine non russa della parola mafia «è incontestabile». Con la consueta franchezza il leghista Roberto Calderoli: «Putin ha detto una sacrosanta verità. La mafia l'abbiamo esportata noi, purtroppo c'è tanta ipocrisia che chi dice il vero finisce per aprire un caso politico». Persino il regista Franco Zeffirelli, che ha pranzato più di una volta con Putin e ama l'iperbole: «Mi piace ed è molto simpatico, un personaggio glaciale che sa raccontare barzellette. Eccezionale. Le critiche sono ipocrisia, Putin getta la verità in faccia a Paesi che hanno la coscienza sporca: in Italia tutto è mafia, nulla si muove senza raccomandazione e ricatti. E vogliamo fare la morale a lui? Ma fatemi il piacere. Allora dovremmo dire che il primo mafioso è quello Schröder che oggi lavora per Gazprom!».
Due giorni fa Palazzo Chigi ha cercato di mettere la sordina al caso: bollato come «ironia», «nessuna critica diretta» all'Italia. Non sarà un amico come Berlusconi, ma non tanti anni fa Prodi trascorreva intere serate, anche a notte fonda, al telefono con il leader russo, condividendo gli sfoghi sull'imminente attacco americano contro l'Iraq. Forse non era amicizia, ma nemmeno il segno di un rapporto formale.
FONTE WWW.CORRIERE.IT
Legge elettorale/ Pronti i quesiti dei referendum bipartisan per consolidare il maggioritario.
"Il referendum sulla legge elettorale è una pistola puntata: se dovessero essere raccolte le firme, diventerebbe urgente una riforma per via parlamentare". Lo ha detto il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Luciano Violante, conversando con i cronisti a Montecitorio a proposito del comitato referendario messo in piedi dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, al quale aderisce un fronte trasversale che va dai Ds a Forza Italia.
"Da questo momento - ha osservato Violante - abbiamo una pistola puntata: siamo costretti a cambiare la legge in Parlamento. Una volta che il referendum abrogativo dovesse passare, infatti, diventerebbe difficile mettere mano a una riforma. Se invece la cambiamo prima della consultazione popolare, la Consulta potrebbe dichiarare inammissibile il referendum".
"Ha ragione Luciano Violante quando afferma che i quesiti referendari rappresentano una pistola puntata contro il Parlamento, uno sprone a legiferare e in fretta per migliorare la legge elettorale, va anche aggiunto che essi sono anche una pistola puntata contro il Governo Prodi che si regge su una sinistra massimalista che mai potrà accettare di veder vanificato il potere di veto di cui dispone". E' quanto rileva Adolfo Urso, dell'Esecutivo di An, che manifesta il proprio consenso ai nuovi quesiti referendari. "I referendum - ha aggiunto Urso - impongono delle scadenze che farebbero saltare l'attuale coalizione, nel merito essi rappresentano un forte impulso per dare vita al Partito democratico e al Partito delle libertà, rafforzando il bipolarismo e consentendo la nascita di maggioranze e governi omogenei. Per questo in molti, soprattutto tra i riformisti oggi succubi dei massimalisti, comprendono che il processo referendario è la strada migliore che conduce al dopo-Prodi".
23.10.06
Parla col «Giornale», via dal Pdci «E ora non voto più la manovra»
A quel punto Rossi, già in rotta col partito per contrasti a Ferrara (e il giorno prima sottoposto a procedimento disciplinare per dichiarazioni «fuori linea») ha consumato lo strappo. Si è avvicinato al palco e ha restituito platealmente la tessera a Diliberto dicendogli solo «Ci sei riuscito a farmi lasciare il partito». Solidarietà da qualche compagno? «Certo, ma solo in privato, se no se li fanno fuori».
Fonti del Pdci commentano l'uscita di Rossi dicendo che «si assumerà la responsabilità della sua decisione». Ieri Diliberto, in un'intervista al Messaggero, aveva ribadito la sua linea di fedeltà al premier: «Prodi da noi non ha nulla da temere, siamo con lui e lo difenderemo fino all'ultimo dagli attacchi di quei potentati economici che l'hanno appoggiato in campagna elettorale convinti che avrebbe fatto il lavoro sporco con una Finanziaria da far pagare tutta ai lavoratori». Anche se fuori dal Pdci, Rossi intende comunque «rispettare il mandato degli elettori». Per questo oggi scriverà una lettera al presidente del Senato Franco Marini chiedendogli di restare come indipendente nel gruppo Verdi-Pdci. «Se Diliberto riuscirà a impedirmelo, pazienza. In ogni caso mi sento vincolato al programma dell'Unione. E proprio per questo non posso votare la Finanziaria perché lo contraddice».
È infatti sulla manovra che Rossi, già dissidente sul rifinanziamento della missione in Afghanistan poi votata quando il governo mise la fiducia («Ma mi sono pentito, non lo farò mai più»), ha un profondo disaccordo. «Così com'è non la voto, anche se faccio cadere Prodi», ripete. «Abbiamo fatto la campagna elettorale su scuola, precari, diritti. Ora che cosa andiamo a dire ai precari, di ripassare l'anno prossimo? Perché tagliare il cuneo fiscale per tutte le imprese, anche quelle decotte? Che senso ha il tetto di 50 dipendenti sul Tfr? Prodi dice che è una Finanziaria giusta perché scontenta tutti, ma per me si è bevuto il cervello. L'obbligo di transazioni bancarie per pagamenti di cento euro? Un favore alle banche. La tassa sui Suv? Uno specchietto per le allodole, buona solo per far sfogare il popolino e far affiggere i manifesti di Rifondazione “Anche i ricchi piangono”. Ma qui è il Paese che piange... Si dovevano fare scelte coraggiose: scontenti qualcuno ma almeno hai un progetto, qui invece abbiamo tutti contro senza avere nemmeno un progetto».
FONTE WWW.ILGIORNALE.IT
Santoro e la 'ndrangheta. Un caso politico
Quindi aggiunge: «Le reazioni fanno parte del mio lavoro. Anche le più violente». La vedova di Fortugno afferma: «Per molto non si è parlato, ora forse si sta sparlando. Ma va bene se questo serve a catalizzare l'attenzione del governo». E l'opposizione si chiede: «Ma come, il "martire della sinistra", messo sotto accusa proprio dai suoi?». A spezzare una lancia in favore di Santoro è l'ex ministro di An Francesco Storace. L'altra sera era ospite della trasmissione: «Io non credo che sia giusto prendersela con Santoro, ha dimostrato equilibrio. Il problema esiste e bisogna parlarne». E l'ex vicepresidente della commissione parlamentare antimafia Angela Napoli (An) aggiunge: «Coloro che oggi criticano, per lo più di centrosinistra, dovrebbero fare un esame di coscienza». Alla commissione di Vigilanza Rai non è arrivata ancora alcuna lettera di protesta di Loiero. «Aspettiamo, poi valuteremo», afferma il presidente Mario Landolfi. Che da uomo di An però aggiunge: «Registro che anche la sinistra critica Santoro e questo lo rende meno mostro sacro». Certo: «Se Storace (che era lì e ha ricoperto il mio ruolo) difende Santoro, forse la trasmissione sarà stata anche spiacevole ma rispettosa del pluralismo». Loiero taglia corto: «Qui non è questione di sinistra o destra. Santoro ha un problema di share ». Il vicepresidente Nicola Adamo chiede una verifica sui dati dell'anagrafe assistiti usati da chi «vuole presentare la Calabria come terra di sprechi e malcostume». Il sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni aggiunge: «Santoro ha centrato tutta l'attenzione sul fatto emozionale e criminale». Per Mario Tassone (Udc) l'immagine della Calabria è stata distorta ma ci sono «elementi utili alle indagini». «Ottimo Santoro, impietoso ma vero», afferma Giacomo Mancini. E il deputato dell'Ulivo Franco Laratta: « Annozero mi ha fatto vergognare ma mi ha dato più coraggio».
FONTE WWW.CORRIERE.IT
Polemiche sul velo: scorta alla Santanchè
Solidarietà bipartisan alla deputata di An dopo lo scontro in tv con l'imam di Segrate.
FONTE WWW.CORRIERE.IT
22.10.06
Casini: «Nel centrodestra ci sono anche gli imbecilli»
SANITÀ ALLO SBANDO - Vendola abbandonato dai suoi stessi alleati
Putin: «L'Italia? È la culla della mafia»
LA GAFFE - Nell'auditorium Sibelius sulle sponde del lago Vesijarvi, dove venerdì scorso i leader europei e Putin hanno partecipato a una cena per discutere delle forniture di gas russo all'Unione, la serata non era cominciata sotto i migliori auspici. Putin era reduce dalla clamorosa gaffe sul presidente israeliano per le cui prestazioni aveva espresso ammirazione e invidia, tralasciando il dettaglio che Moshe Katsav è a un passo dal finire sotto processo per violenza sessuale. Il presidente dell'europarlamentare, Josep Borrell non lo aveva accolto nel più caloroso dei modi, ricordandogli la preoccupazione dell'Unione per il deterioramento dei dritti umani in Russia; il minuto di silenzio osservato dai deputati per l'uccisione della giornalista Anna Politkovskaya e le difficoltà sofferte dalle Ong russe.
L'ATTACCO - «Facciamo affari con Paesi peggiori del suo» gli aveva poi detto, «ma con voi vogliamo unirci e per questo è necessario che condividiate certi valori». Putin, palesemente irritato, ha reagito con una tattica che conosce bene: si è difeso attaccando. Zapatero e Prodi, secondo le fonti, sono rimasti senza parole, mentre Putin rispondeva anche alle preoccupazioni europee per la situazione in Georgia e Cecenia: «Pensate a quello che avete combinato in Jugoslavia», ha detto. Ad allentare la tensione ci ha pensato il premier finlandese e padrone di casa Matti Vanhanen. In chiusura di cena Putin ha ammesso che anche in Russia c'è diffusa preoccupazione per l'aumento della violenza, negando però ogni responsabilità nella morte della giornalista Anna Politkovskaya.
FONTE WWW.CORRIERE.IT
21.10.06
FINI, PER PRODI INIZIATO CONTO ALLA ROVESCIA
Prodi bugiardo pericoloso, vada a casa»
La battuta è scontata, ma qui si può anzi si deve dire. «Piove governo ladro» sbotta Silvio Berlusconi sul palco di una bagnatissima piazza dei Signori a Vicenza, dove sullo sfondo campeggia il disegno di Prodi con il naso lunghissimo da Pinocchio. Tutto intorno è pieno di cartelli che ironizzano sulle bugie che avrebbe detto il Professore. Tra gli altri si legge: «Prodi fa più tagli di un parrucchiere». E ancora: «Coraggio, Prodi è di passaggio» oppure «W il baccalà, abbasso il mortadella» in omaggio alla cucina locale. Il popolo della Cdl, richiamato dal Cavaliere, scende in piazza nel profondo nord per protestare contro la manovra del governo che «soffoca il ceto medio». Sotto la pioggia battente «la base» del centrodestra (si contano migliaia di persone) si riscalda anche così, in attesa dei comizi dei leader che prendono la parola alle 11.
ATTACCO A PRODI - Berlusconi, scortato da Fini e Bossi, non concede nulla all'inquilino di Palazzo Chigi. L'intervento è breve, interrotto da scambi di battute con la folla ma il concetto di fondo è chiaro. «Prodi è un gran bugiardo ed è pericoloso e dobbiamo mandarlo a casa». L'ex premier non stacca il piede dell'acceleratore sulla polemica dei brogli elettorali definendo «taroccate» le elezioni di aprile. «Hanno occupato tutto - ribadisce attaccando la sinistra - anche il presidente della Repubblica è uno di loro». Fini usa gli stessi accenti, e dopo la battuta poi corretta sulla «leadership del centrodestra non scontata» tende la mano a Berlusconi. «Caro Silvio il tuo obiettivo, quello di mandare all'opposizione questo governo, è a portata di mano». Il presidente di An chiama gli alleati a serrare le fila: «Se siamo uniti, il conto alla rovescia del governo Prodi è già iniziato». Bossi invece invoca «Veneto libero» e durante il corteo qualche fischio - proveniente dai leghisti - accompagna le note dell'inno di Mameli. Il vicepresidente della Regione Veneto, Zaia prova a giustificare: «Dopo l'Inno d'Italia qualcuno si aspettava il Va' Pensiero. Se questa è una festa deve essere una festa per tutti».
L'ASSENZA DELL'UDC - L'unico rappresentante centrista che non è mancato all'appello non fa polemica. «L'Udc non solo aderisce, ma ha contribuito attivamente alla costruzione di questa manifestazione» spiega Carlo Giovanardi. A distanza arriva la replica di Marco Follini, a Napoli per l'assemblea nazionale di «Italia di Mezzo», la nuova creatura ultracentrista nata da una costola di Casini. «Alle manifestazioni o si va o non si va - spiega Follini pensando proprio al vecchio amico - L'idea di lasciare i capi a casa e mandare gli scudieri in piazza mi sembra, come dire, acrobatica». Berlusconi si tiene a debita distanza e al termine del corteo commenta: «Casini ha sbagliato a non venire? No, questa è la casa delle libertà e ognuno puo fare come vuole».
fonte www.corriere.it
20.10.06
Sala Giuliani - Napolitano: "Scelta legittima dei senatori del Prc"
Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!! Vergogna !!!!
LA SINISTRA HA APPENA CONSACRATO carlo GIULIANI (ricordate il G8 2001 di Genova ??)
fa parte della cultura di Sinistra....osannare i martiri anche quando non sono martiri.....la foto si commenta da sola !!!!!
CHE COSA STAVA FACENDO? STAVA AGGREDENDO UN PUBBLICO UFFICIALE? E LA SINISTRA AL POTERE CHE FA? LEGALIZZA L'ATTACCO ALLE FORZE DELL' ORDINE!!!!!!!!
con l'appoggio del Presidente della Repubblica Napolitano - la più alta carica dello STATO ITALIANO
Vi riporto l'articolo di Repubblica di oggi 20/10/2006
''Il presidente Napolitano - prosegue la lettera - intende assicurare che continuerà a presenziare, con assoluta serenità e convinzione, a tutte le manifestazioni che si svolgeranno a celebrazione del ruolo delle nostre Forze Armate, e ad esprimere in quelle occasioni il pieno riconoscimento del paese e suo personale dei compiti che esse svolgono, con incontestabile dedizione e lealtà, a difesa della sovranità nazionale e al servizio della pace nel mondo nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 11 della Costituzione, nonché a difesa delle istituzioni repubblicane e dell'ordinata convivenza civile". ''Il capo dello Stato - continua la lettera del Quirinale - non ravvisa infatti alcuna contraddizione tra questi comportamenti e la specifica scelta politica di un gruppo parlamentare: scelta che, come voi stessi riconoscete, rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire, dovendo e potendo esprimersi solo su questioni di ordine generale attinenti al funzionamento complessivo del sistema istituzionale e politico, come del resto ha fatto più volte anche con riferimento al ruolo delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine''.
«Il governo è praticamente già caduto»
Il Tfr non è del governo, ma ora ci mette le mani. Non vengono toccate le aziende con più di 50 dipendenti. Vuol dire che ora gli imprenditori si fermeranno a 49 dipendenti» ha aggiunto Tremonti.
Io devo dire poi che le dichiarazioni su Alitalia non si fanno con Borsa aperta. Il piano industriale deve essere attuato» ha aggiunto Tremonti.
Se parliamo delle privatizzazioni diciamo poi che alcune sono state fatte bene altre male, come la Telecom e le Autostrade» ha aggiunto Tremonti.
fonte www.corriere.it
Leadership Cdl? Problema che non esiste»
Così Silvio Berlusconi reagisce a una battuta di Fini che definiva non scontata la supremazia dell'ex premier | |
FIni e Berlusconi (Ansa) |
FINI PRECISA - E un paio d'ore dopo, ecco la nuova precisazione del leader di An: «È ridicolo ipotizzare divisioni (tra me e Berlusconi, ndr.) quando non ci sono. Se dico "se si va al voto, nulla è scontato, ci metteremo attorno ad un tavolo e decideremo insieme chi sará il leader" e Berlusconi commenta "il problema leadership non esiste" è evidente che non c'è alcuna divaricazione tra noi, perchè entrambi lavoriamo convintamente perchè l'Italia si liberi il prima possibile di Prodi».
18.10.06
Cacciari: le tessere non valgano un ca...
L'esponente dei Dl ne ha anche per Romano Prodi: "Il premier deve smettere di chiedere ai partiti di fare un passo indietro, perché più indietro di così c'è solo la tomba. Ma dove vogliono andare? Al centro della terra? O sottoterra? Dobbiamo fare 100.000 passi in avanti, in termini di capacità di elaborazione di progetti e anche di organizzazione. Comunque Prodi, anche se non ha dimostrato di avere un gran carisma, al momento è l'unico che possa ricoprire la carica di presidente del nuovo partito democratico".
FONTE WWW.AFFARITALIANI.IT
Follini lascia l'Udc e fonda nuovo movimento
Si chiama l'Italia di Mezzo. Le critiche ai suoi ex compagni di partito: «Decidete cosa fare da grandi». Buttiglione: Marco sbaglia | |
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FONTE WWW.CORRIERE.IT
17.10.06
Vendola, comunista a parole, anticomunista nei fatti
Vendola, comunista a parole, anticomunista nei fatti
Nichi Vendola vince a sorpresa le primarie indette il 16 gennaio scorso dall'Ulivo per scegliere il candidato a governatore della Puglia che sfiderà ad inizio aprile il governatore uscente, il forzista Raffaele Fitto. L'esponente del PRC ha battuto col 50,9% di preferenze il candidato del "centro-sinistra", Francesco Boccia della Margherita.
Il fatto ha sconvolto un po' i piani, specie di D'Alema e Fassino, e riaperto le polemiche sulle primarie all'interno della Gad. Ma in buona sostanza nessuno si è doluto del fatto che il candidato governatore del "centro-sinistra" e Rifondazione sia un personaggio come Vendola. Piace a tutti, alla destra come alla "sinistra" borghese. Nessuno può avere paura di un comunista a parole, ma anticomunista nei fatti come Vendola.
E infatti a sostenere la sua candidatura non c'erano solo Rifondazione, i Verdi e il "correntone" DS, ma hanno chiesto voti per lui anche il presidente di Pax Christi, Tonino Bello (di cui Vendola si considera un "discepolo"), don Ciotti, don Angelo Cassano, parroco di San Sabino. A dire il vero anche il capo dei gladiatori, Francesco Cossiga, in un duetto televisivo con Bertinotti che gli aveva chiesto un sostegno a Vendola per le primarie, così aveva risposto "Caro Fausto, stampate pure un opuscolettino elettorale con il mio articolo sul giornale a favore di Nichi Vendola e scriveteci a chiare lettere 'Autorizzato dall'uomo di Gladio"'.
Non c'è da stupirsi. Vendola in passato era riuscito persino a suscitare l'entusiasmo dei fascisti de il "Secolo d'Italia" che recensendo la sua ultima raccolta di poesie, "L'ultimo mare", ne avevano esaltato "il leopardiano pensiero poetante": "La voce della sua poesia riconsegna ai mutamenti una grande speranza".
Il percorso nel PCI revisionista
Vendola nasce a Bari il 26 agosto 1958, ma vive a Terlizzi distante circa 30 chilometri dal capoluogo, dove adolescente inizia la sua carriera politica. Il padre e lo zio sono dirigenti della sezione del PCI revisionista di Terlizzi. Due "comunisti di tipo nuovo" come li definisce lo stesso Vendola. Infatti sono figli della buona borghesia del paese. Il padre (e nonno di Nichi) era Don Giovanni Vendola, detto l'"inglese" per l'eleganza anglosassone, proprietario di una cava di pietre. Il padre di Nichi Vendola è in gioventù un fervente fascista, capo balilla che partì in guerra volontario per "servire l'impero". Si convertì soltanto dopo la guerra.
Ma non voleva che il figlio Nichi diventasse comunista, "non prima di aver conseguito la laurea", racconta lo stesso esponente del PRC. E prosegue: lo "zio mi diceva di leggere la Bibbia, perché un comunista non deve avere paraocchi deve viceversa spaziare nel tempo e nello spazio, deve coltivare più dubbi che certezze, deve essere sempre curioso e possibilmente anche allegro" ("Liberazione" del 24 ottobre 1999). Ancora oggi Vendola sostiene che "Il libro più importante per un comunista come me è la Bibbia".
Si può facilmente capire dunque perché Vendola alla trasmissione "L'Infedele" di sabato 22 gennaio si è così descritto: "Ho avuto un'educazione cattolica non comunista. Comunque sono un comunista particolare: ho condannato Stalin, i gulag e le foibe e sono fautore della nonviolenza".
Vendola si iscrive alla Fgci, l'organizzazione giovanile del PCI, già a 14 anni, nel 1972. Si laurea in lettere e filosofia discutendo una tesi su Pierpaolo Pasolini. Diventa giornalista professionista. è fra i promotori dell'Arcigay e della Lila (Lega italiana lotta all'Aids). Nel 1985, si trasferisce a Roma, entra a far parte della segreteria nazionale della Fgci diretta da Pietro Folena (con cui condivide le radici cattoliche) e ne diventa il numero due. Insieme a lui c'è un altro pugliese, Franco Giordano. Entrambi diventeranno i pupilli di Bertinotti. Esce dalla Fgci nel 1988 e va a lavorare a "Rinascita" durante la direzione del trotzkista-operaista Alberto Asor Rosa. Nel 1990 entra a far parte del Comitato centrale del PCI. è un gramsciano di destra fino al midollo, antistalinista viscerale. Il suo stesso nome lo testimonia. Battezzato Nicola, viene subito nominato Nichi, in onore di Nikita Krusciov e della sua destalinizzazione.
Proprio in funzione antistalinista e anticomunista rivendica tutta l'esperienza del PCI revisionista da Gramsci, a Togliatti, a Longo, a Berlinguer. Così ripercorre enfaticamente questa esperienza nel 1999 su "Liberazione": "Gramsci già negli anni della carcerazione aveva intuito le degenerazioni della lotta intestina del dopo-Lenin e tutta la sua titanica riflessione ruotò attorno a categorie e temi che erano il contrario dello stalinismo. Togliatti, che nel gelo moscovita visse da dirigente internazionale, tornato dall'esilio inaugurò con vigore la 'via italiana' e il 'partito nuovo': e la sua riflessione approdò allo scandalo di quel 'memoriale di Yalta' che Longo, all'indomani della morte del Migliore, volle pubblicare nonostante la interdizione sovietica. Il dramma ungherese, nel 1956, fu l'ultimo capitolo del legame di ferro tra comunisti italiani e la casa madre russa. Nel '68 l'invasione della Cecoslovacchia fu condannata con energia e il PCI indicò nella 'primavera di Praga', piuttosto che nei carriarmati, un paradigma: il 'socialismo dal volto umano'. Enrico Berlinguer portò a compimento lo strappo con le liturgie terzinternazionaliste e con la soggezione al modello sovietico: del quale vide prima i 'limiti' e gli 'errori' e poi ne intese la natura organicamente totalitaria. Strappò con un tentativo generoso ma troppo presto strozzato, incubato negli anni Trenta nella camera iperbarica dello stalinismo e congelato nella lunga stagione della stagnazione brezneviana. Non strappò la bandiera guardò avanti, ad una 'terza via', che non era l'autostrada liberista di Tony Blair, bensì la ricerca di un'alternativa di società 'oltre' e 'contro' la modellistica ingessata e mortifera del 'socialismo reale"'.
Fondatore del PRC
Non è quindi da posizioni autenticamente comuniste che Vendola nel '91 si oppone allo scioglimento del PCI e fonda, insieme a Garavini, Cossutta e altri, il "Movimento per la rifondazione comunista" che darà poi vita al PRC. Fin da allora egli è un precursore di quello che solo recentemente Rifondazione oserà operare ufficialmente: la rottura aperta con l'esperienza storica del movimento operaio nazionale e internazionale e della dittatura del proletariato, e l'assunzione della strategia della nonviolenza.
Già quando era dirigente della Fgci e redattore del mensile "Jonas" teorizza la "nuova libertà", vagheggia castronerie tipo l'"interdipendenza", il "bisogno di una perestrojka planetaria", la "nonviolenza cervello progettuale della libertà solidale" (relazione al convegno Fgci "Percorsi di nuova libertà" - Venezia 7/8 novembre 1988). Nell'ultimo congresso della Fgci a cui partecipa, nel dicembre '88, accusa il PCI di aver praticato un riformismo "debole".
Nel convegno della poi defunta DP sulla "Nuova sinistra", svoltosi a Milano nell'aprile 1991, attacca i maestri del proletariato da Engels a Stalin, esorcizza la lotta di classe e la dittatura del proletariato. Riconosce alla "Nuova sinistra" il "merito grande" di "aver tenuto aperto uno spazio di 'comunismo eretico"'. E aggiunge: "Ritengo vecchio e di destra un giudizio, che qui ho sentito pronunciare con apparente estremismo, per cui il problema sarebbe la rottura violenta, la conquista del potere. Su questo terreno siamo morti, e comprendendolo possiamo rinascere, a partire da quanto bene diceva il compagno Preve e cioè dalla ripresa in mano di tutti i perché della sconfitta della rivoluzione in Occidente, che fa allontanare Gramsci dal paradigma leniniano della conquista del potere e gli fa costruire la teoria dell'egemonia, dettandogli una lettura della società con la stupenda topografia delle casematte e del come si conquistano".
Il suo antimarxismo-leninismo è netto e furioso. In un'intervista rilasciata al quotidiano craxiano "Avanti!" del 12 dicembre 1991, commentando il primo congresso di fondazione del PRC dichiara: "Credo che sia un fatto salutare che si introduca un elemento di rottura rispetto a qualunque concezione dogmatica delle ideologie: quindi anche la concezione dogmatica del cosiddetto marxismo-leninismo è bene che possa essere fracassata".
Non altrettanto duro lo è con gli ex terroristi cosiddetti "rossi", con molti dei quali, a iniziare da Prospero Gallinari, intrattiene fraterne amicizie. Il 15 marzo 1991 su "il manifesto" riprende un tema a lui caro, quello di "oltrepassare la logica degli 'anni di piombo"'. Lo riprende per dire che non pensa più alle "BR" come "sedicenti" e "nemici, al soldo dei servizi stranieri, camuffati di rosso", ma le attesta come "eversione di sinistra", "fenomeno reale e con basi relativamente di massa". La stessa tesi sostenuta allora da Cossiga.
Nel PRC in un primo tempo ricopre l'incarico di responsabile delle politiche giovanili. Si impegna in prima persona per lanciare il mito del Guevara fra la base di Rifondazione e i giovani di sinistra proprio in contrapposizione ai maestri del proletariato internazionale e alla via universale dell'Ottobre. Nel dicembre '92 promuove a Roma una manifestazione sul tema "Il nostro Ernesto Che Guevara". Così lo racconta su "Liberazione" del 1• gennaio 1993. "Perché il Che? Intanto perché quel giovane medico argentino ha scritto alcune delle pagine più belle e meno scontate della storia del comunismo novecentesco... Abbiamo raccontato del fascino e della lucidità di quel 'piccolo condottiero del ventesimo secolo' che pensò alla guerriglia come ad un processo di riforma sociale, di quel ministro della nuova Cuba in permanente polemica contro ogni degenerazione burocratica... Di quel comunista che rifuggì dalle imbalsamazioni dogmatiche del marxismo, che mise costantemente l'accento sulla soggettività e sul ruolo degli individui nella traduzione in politica, che cercò di coniugare il mutamento delle fasi materiali della società con la costruzione dell''uomo nuovo"'.
Il "comunismo rifondato" di Vendola è insomma pregnato di liberalismo, di anarchismo, di individualismo piccolo-borghese, e persino di misticismo cattolico. "Sento tutto il fascino di un magistero millenario - ha dichiarato a 'Liberazione' del 16 febbraio 2000 -, perché mi sento sfidato e interrogato dal mistero della fede e dalla straordinaria parabola di Cristo crocefisso, perché la speranza nella liberazione umana non può non incrociare la sapienza e l'esperienza della chiesa".
La sua nonviolenza esasperata lo porta anche ad essere un sostenitore convinto della rinuncia alla lotta armata da parte dei popoli sotto il giogo imperialista e capitalista in Chiapas come in Guatemala e altrove. "La guerriglia è stata una delle forme necessitate della ribellione e dell'agire politico. Ciò che conta è che, nel fuoco della lotta guerrigliera, si sono formate forze politiche capaci di giungere alla trattativa e all'accordo, capaci di perseguire con lucida determinazione l'obiettivo del trascendimento della lotta armata a condizione di una pace equa e di un pluralismo effettivo. A parte il penoso caso del narco-terrorismo di matrice polpottiana di Sendero Luminoso, la gran parte delle forze guerrigliere di questo spicchio di mondo ha saputo imporre all'avversario e a sé il passaggio dalla politica delle armi alle armi della politica" ("Liberazione" del 18 gennaio 1997).
Candidato di tutto il "centro-sinistra"
Vendola dal '92 ha inaugurato anche la sua carriera parlamentare e da allora è quasi ininterrottamente membro della Commissione antimafia.
Ora potrebbe essere la volta del salto a governatore della Puglia, ad assumere quindi un ruolo governativo e anche il suo già lodato "moderatismo" e il suo già essere un "comunista eretico e libertario" ha bisogno di un'ulteriore sterzata a destra. Prima delle primarie aveva già mandato un chiaro messaggio rassicurante alla borghesia locale: "Considero la Puglia un laboratorio speciale. La Puglia è nel sud ciò che la Lombardia è nel nord. Una regione che ha sempre avuto una borghesia d'impresa molto dinamica, molto fantasiosa. è un polo di grande fermento intellettuale; è una regione che può diventare il laboratorio per una nuova stagione del meridionalismo" ("Liberazione" del 12 novembre 2004).
Altrettanto "rassicuranti" sono state le dichiarazioni successive al suo "successo" aprendo di fatto la sua campagna elettorale: "Se posso fare un paragone assolutamente irriguardoso, vorrei usare le parole di Giovanni Paolo II quando si affacciò sulle società ibernate dell'est europeo: non abbiate paura. Vorrei dire al centrosinistra che non bisogna avere paura di innovare profondamente, di scommettere nella propria gente, di immettere nel circuito della politica la linfa vitale dei nuovi alfabeti che vengono dalle storie del femminismo, del pacifismo, dell'ecologismo, delle contestazioni giovanili, del nuovo conflitto di classe, del radicalismo cristiano" ("il manifesto" del 18 gennaio 2005). E ancora: "Da oggi vivo una realtà completamente mutata della mia vita: dismetterò i panni che ho vestito per 30 anni, quelli di un battitore libero, e indosserò i panni che sono quelli di guida di una coalizione, di guida e di garanzia di tutte le differenze" ("la Repubblica" del 19 gennaio 2005).
Intanto, per non lasciare dubbi, all'indomani del voto primario, da vero cattolico praticante qual è, è andato a messa nella cattedrale di Bari. Non una messa qualunque perché a celebrarla c'era il cardinale Camillo Ruini, in Puglia per presiedere il consiglio permanente della Cei.
A questo punto la domanda è d'obbligo: com'è possibile che chi vuol liberarsi dal capitalismo e conquistare il socialismo possa votare un anticomunista come Vendola? Gli anticapitalisti e i fautori del socialismo non hanno altra scelta che votare per il PMLI astenendosi.
FONTE WWW.PMLI.IT - http://www.pmli.it/nichivendolaanticomunistaneifatti.htm